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li-be-rà-le
SIGNIFICATO: Generoso, magnanimo; fautore del liberalismo; mentalmente aperto e rispettoso delle libertà altrui
ETIMOLOGIA: voce dotta recuperata dal latino liberalis ‘proprio, degno di uomo libero’, e anche ‘nobile, generoso’, da liber‘libero’.
La recente sentenza sul caso Berlusconi è l'ennesimo segnale di un grande problema che attraversa il nostro tempo, ovvero quello della confusione tra la dimensione sostanziale della Legge e quella formale delle regole. L'assoluzione di Berlusconi è stata resa possibile da un vizio formale che si è rivelato, secondo i giudici, sostanziale. In realtà, anziché porre fine ad una persecuzione, come sostengono i fedelissimi di Berlusconi, questa sentenza occulta di fatto la sproporzione profonda che intercorre tra il senso della Legge e l'applicazione delle regole.
Si tratta, ripeto, di una tendenza generale del nostro tempo che travalica decisamente il caso Berlusconi. Non è una valutazione giuridica, ma etica: il nostro tempo ha perso il significato più profondo del senso della Legge cercando di rimediarvi accentuando il valore e la moltiplicazione delle regole. L'appello alla necessità del rispetto delle regole rimbalza, infatti, dalla politica alla pedagogia, dalla filosofia morale alla vita sociale come un vero e proprio mantra dei nostri giorni, come una sorta di invocazione collettiva. In realtà, l'oblio più drammatico non riguarda tanto il rispetto delle regole, ma il senso della Legge. Se le regole non vengono rispettate è perché il senso della Legge non viene trasmesso con efficacia da una generazione all'altra. Da questo punto di vista il berlusconismo ha indubbiamente inaugurato un'epoca. Non solo piegando il senso della Legge ad interessi personali - vedi le cosiddette leggi ad personam -, ma facendo, ben più gravemente, dei propri interessi personali l'unica forma possibile della Legge.
Dal mondo omerico, in balia degli dei e del destino, alla Grecia classica, che annovera tra le azioni involontarie – e non punibili – l’omicidio commesso in preda all’ira, fino al dibattito a distanza tra Grozio e Rousseau sulla liceità della schiavitù volontaria, la riflessione sul significato, i limiti, i presupposti della “libertà del volere”, e sulle sue implicazioni etiche e politiche, non cessa di sollevare difficili interrogativi. A seconda che, con Platone, ci auto-rappresentiamo come soggetti liberi e responsabili (non solo di singole azioni, ma delle nostre stesse inclinazioni caratteriali) oppure, con Spinoza, riteniamo che ciascuno sia in buona misura determinato ad agire dalle circostanze in cui si è trovato a nascere e a vivere, cambiano le nostre idee di colpa, merito, responsabilità. E cambia il modo in cui ci poniamo di fronte ad alcune questioni controverse, su cui oggi la sinistra, ma anche i movimenti femministi e le associazioni per i diritti umani, sono divisi: la possibilità di distinguere tra prostituzione “per necessità” e “per scelta”; l’ipotesi di legalizzare la maternità surrogata, per lo meno quando non sia motivata da fini di lucro; la qualificazione del velo islamico come simbolo di sottomissione o di libertà. Sullo sfondo, le problematiche legate alle nuove forme di sfruttamento e auto-sfruttamento del capitalismo contemporaneo, che fanno leva sulla disponibilità degli individui ad accettare di buon grado di essere usati come mezzi per soddisfare i fini altrui.
Il 24 febbraio 2022 Kiev e le principali città dell’Ucraina si svegliavano sotto il rumore delle sirene e dei bombardamenti. Dopo mesi di preparazioni e di smentite, la Russia dava l’inizio all’aggressione bellica al suo paese confinante, pensando di chiudere la faccenda nel giro di pochi giorni. Un anno dopo le operazioni militari vanno avanti e l’Ucraina resiste. Il bilancio di questi 365 giorni è la distruzione di interi territori e città, come Mariupol. Per quanto riguarda le vittime mancano dati certi: si parla di centinaia di migliaia di persone e questi numeri sono destinati ad aumentare, visto che la fine del conflitto appare un miraggio. E questa è anche una tragedia ambientale.
La devastazione ecologica causata dalla guerra in Ucraina dell’ultimo anno ha pochi precedenti nella storia. L’impatto su flora e fauna dei bombardamenti e dei combattimenti è gravissimo, così come gravissime sono le conseguenze sull’agricoltura e in termini di emissioni. Quella in corso è prima di tutto una tragedia umanitaria, ma anche ambientale. E le due cose non vanno separate, dal momento che i danni ecologici di oggi sono la miccia per ulteriori catastrofi umanitarie di domani.
Eutanasia, l’importante appello di 800mila operatori nella sanità di Francia contro il progetto di legge del Governo Macron: “medici curano e aiutano pazienti, non danno la morte”.
L'appello delle aziende della sanità di Francia contro il testo sull'eutanasia
Mentre prosegue spedito il progetto di legge sull’eutanasia e il suicidio assistito in Francia – dopo aver incassato quello pochi giorni fa sull’aborto in Costituzione – il Governo Macron-Borne si ritrova alle prese con un importante e vasto appello siglato da 800mila professionistiche operano nella sanità francese. In tutto 13 organizzazioni e società scientifiche firmano un testo comune che respinge la pratica dell’eutanasia, definendola «incompatibile con la professione di assistenza medica». La notizia non è da poco tanto da conquistare la prima pagine di “Le Figaro” in Francia, entrando nel dibattito dell’opinione pubblica negli stessi giorni in cui le vaste proteste sulla riforma pensioni riempiono le piazze francesi.
Aumentano i ricorsi pendenti presso la Corte europea dei diritti umani (Cedu). L’Italia è tra i primi cinque Paesi che registrano tale aumento. Infatti sono oltre 74.650 i ricorsi, che per il 74% dei casi riguardano 5 Paesi: Turchia, Federazione Russa (non più parte alla Convenzione), Ucraina, Romania e appunto l’Italia che ne conta ben 3.550. È scritto nero su bianco nella relazione annuale della Cedu del 2022 a firma della presidente della Corte Europea Siofra O’Leary . Questo dato conferma l'importanza dell'attività della Cedu e la necessità di rafforzare la protezione dei diritti umani anche nel nostro Paese.
«Il liberalismo, prima che una questione di più o di meno in politica, è un'idea radicale della vita: è credere che ogni essere umano debba essere libero di adempiere il proprio individuale e inalienabile destino».
A dar retta a quanto scritto quasi un secolo fa dal filosofo spagnolo Ortega y Gasset, chi mai potrebbe rigettare la qualifica di liberale? D’altra parte, non solo il latino liberalis deriva da liber ‘libero’ – e come essere contrari alla libertà? –, ma il suo significato originario è ‘degno di un uomo libero’; perciò le arti liberali (come la grammatica, la geometria, la dialettica) erano dette così: in quanto vi si dedicavano persone libere dal bisogno di guadagnarsi da vivere, ossia di condizione sociale elevata. Logico quindi che liberale significasse anche ‘nobile, generoso, magnanimo’. Poi, tra il 18° e il 19° secolo, quando il termine ha assunto un significato politico, essere liberale equivaleva ad essere fautore della libertà, contro le monarchie assolute. E anche qui, chi mai avrebbe da ridire? Tutti liberali, quindi? Un momento.