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Tratto da Valigia Blu di Fabio Bozzato Attraversato il ponte sul Rio San Juan, ci si lascia alle spalle il centro storico di Matanzas tirato a lucido e si entra a Pueblo Nuevo, il quartiere più povero della città e uno dei più malfamati. Nel reticolo di strade dissestate e edifici malmessi, ci si imbatte d’improvviso in un caseggiato ricoperto di murales colorati, i marciapiedi puliti, un ambulatorio, le case degli artigiani e quelle aperte con gli altari della santería. Fino a dieci anni fa, Calle San Ignacio era una discarica a cielo aperto. Oggi è conosciuto come El Callejón de las tradiciones, un’attrazione turistica entrata nei cataloghi delle fiere internazionali.
Tratto da Amnesty  L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia ha dato luogo a numerosi crimini di guerra, ha generato una crisi energetica globale e ha favorito un’ulteriore frattura di un sistema multilaterale già indebolito. Ha anche messo in evidenza l’ipocrisia degli stati occidentali, che hanno reagito con forza all’aggressione russa ma hanno condonato, o ne sono stati complici, gravi violazioni dei diritti umani altrove. Il “Rapporto 2022-2023. La situazione dei diritti umani nel mondo”, presentato oggi da Amnesty International (pubblicato in Italia da Infinito Edizioni) rivela come i doppi standard e le risposte inadeguate alle violazioni dei diritti umani nel mondo abbiano alimentato impunità e instabilità, come nel caso dell’assordante silenzio sulla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, della mancanza d’azione rispetto a quella dell’Egitto e del rifiuto di contrastare il sistema di apartheid israeliano nei confronti dei palestinesi.
Tratto da il manifesto di Giuliana Sgrena Hanaa Edwar, pacifista, femminista, costretta all’esilio durante la dittatura di Saddam, fondatrice dell’associazione Amal, una ong che promuove progetti a favore delle donne, «donna araba dell’anno» nel 2013, è una militante instancabile. A vent’anni dall’invasione ci dà un’immagine cruda della realtà. Ha perso l’ottimismo suscitato dalla «rivoluzione d’ottobre», quando in piazza Tahrir, il 25 ottobre 2019, aveva manifestato un milione di iracheni, soprattutto giovani, ma non si arrende.
Tratto da La Repubblica di Gustavo Zagrebelsky
È un concetto più volte strumentalizzato nel corso della Storia. Chi esercita il potere può tradurla in oppressione. Subirla significa sperimentare la violenza. Se ne parlerà alla Biennale Democrazia di Torino. La norma della libertà è ignota a me, come a tutti noi. Lo stesso per la giustizia, l’uguaglianza, la democrazia, l’umanità e tante altre bellissime cose. La libertà si invoca contro il male che impedisce al bene di trionfare o semplicemente contro i fastidi che impediscono di vivere tranquillamente nel proprio astuccio privato. Libera nos a malo, dice l’antica preghiera. Si presuppone in questo modo che la vita sia una grande o piccola lotta tra il bene e il male: una lotta che può lasciare indifferenti solo gli ignavi, quelli che non hanno diritto di stare in Paradiso, ma nemmeno all’Inferno.
Tratto da Ultima Voce di Adele Dainese Vanessa Mendoza Cortés è un’attivista per i diritti umani andorrana, presidente dal 2014 di “Stop Viólences”, associazione che si batte contro la violenza di genere. Nel 2019 viene denunciata dal governo, a seguito di un intervento ad un Forum delle Nazioni Unite riguardante i diritti delle donne, in particolar modo quello all’aborto. La sua disamina era inerente all’analisi del Comitato delle Nazioni Unite nei confronti dell’operato dell’Andorra per l’eliminazione della violenza contro le donne. La vicenda Cortés si inserisce perfettamente nel contesto socio-politico del Principato, che dal 2011 segue una linea di governo di centro destra, con a capo il partito “Democratici per Andorra”. Nonostante la richiesta formale di ritirare le accuse, da parte del legale di Cortés e la richiesta di archiviazione del caso da parte di Amnesty International, il processo è ancora in corso con l’accusa di “reato contro il prestigio delle istituzioni” e ad ottobre 2021 è stato rinviato a giudizio.
Tratto da NonMollare di Paolo Fai «Non c'è progresso senza felicità e non si può essere felici in un mondo segnato dalla distribuzione iniqua della ricchezza, del lavoro, del potere, del sapere, delle opportunità e delle tutele. Questo è l'esito raggiunto da una politica economica che ha come base l'egoismo, come metodo la concorrenza e come obiettivo l'infelicità». È uno stralcio dall'Introduzione, posto in copertina del pregevole libro La felicità negata, Einaudi 2022, in cui Domenico De Masi documenta le «due grandi sfide del nostro tempo», progresso e complessità, attraverso l'interpretazione che ne hanno dato la Scuola sociologica e marxista di Francoforte e la Scuola economica e neoliberista di Vienna, «l'una interessata a una distribuzione della ricchezza e del potere più giusta nei confronti della massa subalterna, facendo appello alla collettività e confidando nell'intervento pubblico; l'altra interessata a concentrare quante più risorse e potere nelle mani della élite dominante, facendo appello all'individuo e riducendo al minimo il ruolo dello Stato».
Tratto da Il Fatto Quotidiano di Monica Lanfranco Diritto e giustizia: così si chiama il partito che governa oggi la Polonia. Concetti cruciali, quelli delle due parole scelte per dare nome a una formazione politica, che però dal 2019 distrugge quel diritto (o meglio itti universali che sono quelli delle donne) e usa la giustizia contro di loro nella sua accezione biblica: punitiva,vendicativa e terrorizzante. Il tutto accade in un paese cattolico proprio là dove, decenni prima, nacque come reazione al totalitarismo sovietico, un movimento che per nome si dette la solidarietà.
Tratto da una parola al giorno

prag-ma-tì-smo

SIGNIFICATO Dottrina filosofica per cui l’affermazione teorica ha validità solo se confermata dalla sua applicazione pratica; atteggiamento volto alla concretezza; tendenza alla spregiudicatezza

ETIMOLOGIA prestito dall’inglese pragmatism, dal greco prâgma‘fatto’.

  • «Non ha di questi scrupoli, è una persona di indubbio pragmatismo.»
Come l’, che nell’uso comune ne rappresenta l’opposto, anche il pragmatismo ha una natura ambivalente. Da una parte, sembra che essere pragmatici sia una virtù: in greco i prágmata (dalla radice del verbo prásso ‘fare, adoperarsi’, da cui anche la nostra prassi) erano i fatti, gli atti, gli affari; ed essere pragmatikós significava essere saggio e avveduto nelle faccende concrete, negli affari politici, giuridici ed economici. Tutte cose lodevoli e rispettabili, certo; ma se consideriamo a cosa si opponga la prassi del pragmatico, si profila subito qualche ombra, perché non si tratta certo di bazzecole: la teoria, i principî, gli ideali. Infatti sui nostri dizionari, alla voce pragmatismo, oltre ad «atteggiamento improntato all’azione e al raggiungimento di risultati concreti» si legge anche «tendenza a comportarsi in modo spregiudicato», puntando «solo al raggiungimento dei propri fini». : troppa praticità porta alla morale.
Tratto da Wired di Chiara Zennaro Evitare l'uso dell'articolo determinativo davanti ai cognomi delle donne e i segni eterodossi - come asterischi e schwa (il simbolo ə, che viene utilizzato per declinare i sostantivi al genere neutro) - e declinare al femminile le professioni e le cariche: l'Accademia della Crusca ha fornito alcune indicazioni in risposta al quesito del Comitato pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione sulla parità di genere negli atti giudiziari. Come si legge nella premessa al documento, le norme linguistiche utilizzate finora riprendono quelle introdotte da Alma Sabatini, attivista femminista, linguista, saggista e insegnante romana scomparsa nel 1988, che a sua volta si è ispirata al modello anglosassone.