LA CRUSCA VUOLE “PUBBLICA MINISTERA”

Tratto da Wired di Chiara Zennaro

Evitare l’uso dell’articolo determinativo davanti ai cognomi delle donne e i segni eterodossi – come asterischi e schwa (il simbolo ə, che viene utilizzato per declinare i sostantivi al genere neutro) – e declinare al femminile le professioni e le cariche: l’Accademia della Crusca ha fornito alcune indicazioni in risposta al quesito del Comitato pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione sulla parità di genere negli atti giudiziari. Come si legge nella premessa al documento, le norme linguistiche utilizzate finora riprendono quelle introdotte da Alma Sabatini, attivista femminista, linguista, saggista e insegnante romana scomparsa nel 1988, che a sua volta si è ispirata al modello anglosassone.

Tenendo conto delle correnti di pensiero in disaccordo con un intervento eccessivo sulla lingua e che “i principi ispiratori dell’ideologia legata al linguaggio di genere e alle correzioni delle presunte storture della lingua tradizionale non vanno dunque sopravvalutati, perché sono in parte frutto di una radicalizzazione legata a mode culturali”, la Crusca ha individuato alcune indicazioni pratiche che devono essere applicate in ambito giudiziario, ma che possono anche essere considerate istruzioni di carattere generale.

  1. Evitare le reduplicazioni
  2. Evitare l’articolo davanti ai cognomi di donne
  3. Esclusione dei segni eterodossi e conservazione del maschile non marcato
  4. Uso dei nomi di cariche e professioni declinati al femminile

Evitare le reduplicazioni

Nel documento si legge che è bene limitare il “riferimento raddoppiato ai due generi, come nel caso di “lavoratori e lavoratrici”. Meglio optare per “persona” invece di “uomo” o ricorrere al maschile plurale.

Evitare l’articolo davanti i cognomi di donne

Secondo la Crusca, l’omissione dell’articolo determinativo davanti al cognome è una pratica ormai diffusa sia per le donne sia per gli uomini. Per evitare fraintendimenti sul genere della persona alla quale ci si riferisce, in alcuni casi è necessario aggiungere il nome o la qualifica.

Esclusione dei segni eterodossi e conservazione del maschile non marcato

Negli atti giudiziari si esclude il ricorso allo schwa (ə) e a segni come gli asterischi, che non hanno un corrispondenza nel linguaggio parlato. “La lingua giuridica non è sede adatta per sperimentazioni innovative minoritarie che porterebbero alla disomogeneità e all’idioletto”, si legge sul documento. In alternativa l’Accademia della Crusca propone l’utilizzo del plurale maschile non marcato.

Uso dei nomi di cariche e professioni declinati al femminile

L’Accademia della Crusca invita a ricorrere alla declinazione femminile dei nomi che indicano professioni o cariche istituzionali seguendo le semplici regole grammaticali. I nomi maschili che terminano in -o prendono il suffisso -a al femminile. I nomi che terminano in -e possono essere ambigenere, oppure: se terminano in -iere, prendono il suffisso -iera; se terminano in -a o -sta sono ambigenere al singolare, mentre al plurale assumono i suffissi -i, -isti al maschile e -e, -iste al femminile, con l’unica eccezione di poeta, poetessa; se terminano in -tore assumono il suffisso femminile -trice, anche se pretore al femminile è pretora. Nei nomi composti con vice- o pro-, per esempio, si fa riferimento al genere della persona a cui si riferisce l’appellativo. Inoltre, pubblico ministero al femminile diventa pubblica ministera.

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