Ecocidio in Ucraina

Tratto da Lifegate di Luigi Mastrodonato

Il 24 febbraio 2022 Kiev e le principali città dell’Ucraina si svegliavano sotto il rumore delle sirene e dei bombardamenti. Dopo mesi di preparazioni e di smentite, la Russia dava l’inizio all’aggressione bellica al suo paese confinante, pensando di chiudere la faccenda nel giro di pochi giorni. Un anno dopo le operazioni militari vanno avanti e l’Ucraina resiste. Il bilancio di questi 365 giorni è la distruzione di interi territori e città, come Mariupol. Per quanto riguarda le vittime mancano dati certi: si parla di centinaia di migliaia di persone e questi numeri sono destinati ad aumentare, visto che la fine del conflitto appare un miraggio. E questa è anche una tragedia ambientale.

La devastazione ecologica causata dalla guerra in Ucraina dell’ultimo anno ha pochi precedenti nella storia. L’impatto su flora e fauna dei bombardamenti e dei combattimenti è gravissimo, così come gravissime sono le conseguenze sull’agricoltura e in termini di emissioni. Quella in corso è prima di tutto una tragedia umanitaria, ma anche ambientale. E le due cose non vanno separate, dal momento che i danni ecologici di oggi sono la miccia per ulteriori catastrofi umanitarie di domani.

L’ecocidio in Ucraina

“Distruggendo casa nostra, la Russia sta distruggendo anche casa sua”, ha detto il ministro dell’Ambiente ucraino, Ruslan Strilets, durante la Cop15 sulla biodiversità di Montréal. Il riferimento è all’impatto dei suoi attacchi bellici, che non solo stanno costando la vita a migliaia di persone, ma stanno anche mettendo in ginocchio uno degli ecosistemi più ricchi e fragili d’Europa, con tutte le conseguenze del caso per il pianeta.

Strilets ha evidenziato che attaccare l’Ucraina significa attaccare un terzo della biodiversità del Vecchio continente. In effetti il paese, pur coprendo solo il 6 per cento del territorio europeo, rappresenta il 35 per cento della sua biodiversità. Foreste, paludi, steppe, habitat salini ospitano oltre 70mila specie animali e vegetali e quasi 1.400 di queste sono protette. Ecco perché la guerra in corso si sta traducendo in un vero e proprio ecocidio.

A oggi sono oltre duemila i casi di gravi danni ambientali registrati in Ucraina dall’inizio della guerra. Ettari su ettari di foreste distrutte, terreni contaminati, falde acquifere inquinate, siti protetti compromessi, specie animali sterminate, emissioni di gas serra in impennata: ecco la nuova quotidianità del territorio ucraino da un anno a questa parte. Il costo di tutto questo in termini di danni è stimabile per il momento in circa 46 miliardi di euro.

L’impatto su flora e fauna in Ucraina

I bombardamenti che hanno colpito le campagne dell’Ucraina, non solo le città, hanno spazzato via come polvere intere aree verdi, divorate dagli incendi. Lo spostamento delle truppe con i mezzi corazzati pesanti ha messo in ginocchio i boschi, con alberi spesso tirati giù per favorire l’avanzata. I black out elettrici continui si sono poi tradotti in un’impennata nell’abbattimento di legna per la combustione domestica, un’erosione delle foreste che è conseguenza indiretta dei raid. E la gran parte di questi territori sono ora minati e ricoperti di crateri, dunque compromessi anche a causa della contaminazione dei suoli dai metalli pesanti presenti nelle munizioni.

Traducendo questa devastazione in numeri, dall’inizio della guerra nel febbraio 2022 circa un terzo delle foreste dell’Ucraina è stato danneggiato. Il 20 per cento delle aree protette è invece a rischio. Dieci parchi naturali, otto riserve naturali e due riserve di biosfera sono sotto occupazione. Le specie di piante e funghi sotto minaccia a causa degli eventi bellici sono 750. E a soffrire questa situazione sono anche gli animali.

Sono almeno 600 le specie animali minacciate dalla guerra. Tra questi i delfini: come spiega al magazine Il Tascabile il biologo marino Ivan Rusev, sulle coste protette del Mar Nero prima del conflitto si trovavano una media di tre delfini spiaggiati all’anno. Con lo scoppio della guerra, sugli unici quattro chilometri di spiaggia dove riescono a continuare a operare, visto che il resto è occupato, sono invece già state contate le carcasse di 45 delfini. E la stima è di 50mila cetacei morti. Il rumore delle navi militari e dei bombardamenti in mare e sulla costa disorientano questi animali, di fatto decretandone la morte nel breve o lungo termine. E per altre specie non va meglio.

Gabbiani, pellicani e beccacce negli anni scorsi avevano creato sulle coste del mar Nero colonie da decine di migliaia di specie, grazie anche al turbo messo dalle istituzioni ucraine nella tutela ambientale. La guerra ha cancellato tutto. E gli effetti si sono fatti sentire anche a grande distanza: nel Kashmir indiano mancano all’appello migliaia di uccelli migratori, che solitamente arrivavano nella regione dopo il viaggio cominciato in inverno in Europa. Secondo gli ornitologi, la guerra in Ucraina, situata lungo il loro percorso, ha influito in questo senso: alcuni uccelli hanno cambiato rotta, altri sono morti proprio durante quel tratto di volo.

La distruzione delle foreste sta invece mettendo a repentaglio la sopravvivenza di specie già rare in Ucraina. Tra queste l’orso bruno euroasiatico, che conta 150-250 esemplari, la lince euroasiatica, di cui si stimano circa 500 esemplari, e il bisonte europeo. L’ecocidio in corso sta uccidendo questi animali in modo diretto, attraverso i bombardamenti, e indiretto, con la deforestazione e la contaminazione tossica del suolo e delle falde acquifere in cui vivono. Nelle città non va meglio: gli animali domestici abbandonati dalla popolazione in fuga per la guerra sono nell’ordine delle migliaia, mentre i raid militari russi hanno colpito anche zoo come quelli di Mykolaïv, oggi di fatto abbandonato a sé.

I danni all’agricoltura ucraina

A inizio 2023 i danni stimati per l’agricoltura da quasi un anno di guerra in Ucraina erano nell’ordine dei 40 miliardi di dollari. Una buona parte legata alla distruzione di macchinari, infrastrutture logistiche e fabbricati aziendali, il restante per i danni diretti ai campi e agli allevamenti.

Gli ultimi dati parlano di 14.300 ettari di colture devastati e 2,8 milioni di tonnellate di cereali e 1,2 milioni di tonnellate di olii di semi distrutte o rubate. Come si legge su Agronotizie, “i capi di bestiame morti a seguito dell’invasione russa fanno contare circa 400mila alveari, 95mila tra pecore e capre, 212mila bovini, 507mila maiali e circa 12mila tra polli e altri avicoli, per un totale di 362,5 milioni di dollari di valore”. Molti terreni sono inutilizzabili a causa delle mine e delle munizioni inesplose, o per la caduta sul suolo di sostanze chimiche tossiche come il fosforo bianco. Altri appezzamenti sono stati distrutti dai passaggi dei carri armati e dalle battaglie sul campo.

Come ha stimato l’European journal of soil science, l’agricoltura ucraina potrebbe risentire della guerra in corso per almeno 100 anni. Un’esperienza già vissuta dal paese, dopo il disastro nucleare di Chernobyl. E oggi come allora il problema rischia di essere globale. L’Ucraina è il quarto esportatore mondiale di grano, ma le difficoltà alle coltivazioni così come i container carichi di cereale bloccati nei porti del mar Nero a causa delle minacce russe sono la fotografia più chiara della criticità della situazione.

Per ora il sistema regge, i numeri dicono che la produzione è quasi in linea con quella degli anni precedenti, ma l’equilibrio è su un filo sottilissimo. Dal grano ucraino dipende la sostenibilità alimentare di decine di paesi nel mondo, un crollo reale della produzione e dell’esportazione a causa dell’impatto della guerra sui suoli ucraini sarebbe una catastrofe umanitaria di livello planetario.

Le emissioni climalteranti causate dalla guerra

Secondo un calcolo del Conflict and environment observatory unit (Ceobs), il comparto militare è responsabile del 5,5 per cento delle emissioni di gas serra. E una guerra su larga scala e temporalmente estesa come quella in Ucraina sta contribuendo in maniera decisiva a questo dato.

L’uso massiccio di mezzi militari sul campo è un primo fattore di inquinamento non di poco conto. Come sottolinea si legge su il Tascabile, “un carro armato T-80 emette più di 10 chilogrammi di CO2 per chilometro. Per confronto, un suv Mercedes 3.0 turbodiesel, un’auto particolarmente poco verde, 160 grammi per km”. Anche gli incendi causati dai bombardamenti, tanto nelle aree di campagna quanto nelle aree urbane, hanno un ruolo chiave nel picco delle emissioni nocive. E poi c’è tutto il capitolo del costo ambientale della ricostruzione, i cui calcoli vanno fatti a guerra finita.

L’Ucraina stima che la guerra con Russia abbia causato emissioni di CO2 per 33 milioni di tonnellate, a cui vanno aggiunte altre 23 milioni di tonnellate derivanti dagli incendi. La ricostruzione delle infrastrutture e degli edifici una volta terminato il conflitto potrebbe portare invece a 49 milioni di tonnellate di emissioni.

Mentre il tema climatico si sta sempre più imponendo nell’agenda internazionale, la realtà è che anche la guerra è un problema non di poco conto da questo punto di vista. Se il pianeta di domani poggia sulla capacità odierna di fermare gli attacchi alla biodiversità e di tagliare le emissioni nocive, la fine del conflitto in Ucraina è allora una priorità. Questo per il suo costo umano, ma anche per il suo costo ambientale. Due aspetti che vanno a braccetto, soprattutto in prospettiva, e che non bisogna fare l’errore di separare.

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.