Il declino delle scuole paritarie

Di Davide Babboni

L’articolo su Avvenire.it dell’11 febbraio 20231 esordisce così: Mentre la politica si accapiglia sull’eventualità che l’autonomia differenziata possa produrre venti sistemi scolastici regionali diversi, nel silenzio generale l’Italia sta scivolando verso il monopolio statale dell’educazione. Come vedremo l’allarme non deve lasciare indifferenti coloro che guardano alla società, e soprattutto alla scuola, da una posizione rigorosamente laica.

In base a dati di fonte ministeriale riportati da Avvenire, le scuole paritarie avrebbero ad oggi perso il 38,11% degli allievi rispetto all’anno 2000, quando allievi e studenti delle scuole paritarie di tutti gli ordini e gradi rappresentavano circa il 15 % del totale nazionale. La causa della chiusura di centinaia di scuole paritarie è la denatalità, afferma Avvenire, oltre all’insufficiente contributo pubblico alle spese di gestione di queste scuole. A queste cause obbiettive è legittimo aggiungerne una che per ora è solo una plausibile ipotesi: gli italiani scelgono, oggi più di un tempo, la scuola laica e gratuita. In realtà la massiccia chiusura di scuole, come in questo caso, non è mai una buona notizia, tantomeno se accompagnata sul fronte dell’istruzione pubblica dalle notizie sul nuovo accorpamento di 583 Istituti scolastici (“dimensionamento” previsto dalla legge finanziaria, che segue altri “dimensionamenti” succedutisi con frequenza negli ultimi anni), sui soliti risultati deludenti dei nostri studenti nei test internazionali, sulle carenze (soprattutto al sud) di asili e scuole per l’infanzia, sulla sperequazione dell’offerta formativa tra nord e sud (1200 le ore mediamente offerte nelle scuole del nord contro le 1000 in quelle del sud).

Un tale quadro non autorizza dunque a vedere il declino delle scuole paritarie come propedeutico ad una nuova grande crescita degli investimenti sull’istruzione pubblica.

Lo scenario futuro in cui sopravvivranno poche scuole paritarie con rette insostenibili per la grande maggioranza delle famiglie, vedrebbe sul fronte pubblico una nuova crescita del gigantismo delle scuole ed una ulteriore rarefazione delle scuole per l’infanzia. Questo tipo di scuole oltre a svolgere la propria funzione formativa, rappresenta un fondamentale servizio per la conciliazione dei tempi di lavoro con la vita famigliare, con ricadute più pesanti su quella delle donne e sui loro livelli occupazionali. I dati sulle chiusure avvenute negli ultimi 11 anni riportati da Avvenire parlano infatti della scomparsa di 1310 scuole materne su un totale di 1.669 scuole paritarie di ogni grado, di cui 1.542 cattoliche e 127 paritarie di gestori “laici”.

Il fenomeno è macroscopico ed ha ricadute significative anche sul piano occupazionale.

La nostra Costituzione prevede sulla Scuola due articoli, il 33 e il 34, oltre all’imprescindibile articolo 3 (non pienamente realizzato e compatibile con articoli come il 7 e l’8 relativi ai Patti lateranensi e alle libertà religiose). L’articolo 33 oltre a obbligare lo Stato che “istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”, prevede il diritto di istituire scuole private, “senza oneri per lo Stato”. L’espressione è variamente interpretata, ma comunque la si interpreti bisogna ammettere che le scuole paritarie, pur percependo un contributo economico dallo Stato, costituiscono un risparmio per la fiscalità.

Il pluralismo educativo è un valore laico e bisogna rimuovere gli ostacoli che lo riducono, evitando dunque di schierarsi su basi esclusivamente ideologiche. Se è vero che lo Stato risparmia oltre sei miliardi con le scuole paritarie, prevalentemente cattoliche, è altresì vero che spende 1,25 miliardi di euro per gli stipendi di circa 25.000 insegnanti di religione (scelti dalla Curia anche se dal 2003 in buona parte stabilizzati negli organici della scuola pubblica 2), senza contare i costi aggiuntivi per fornire i previsti insegnamenti delle discipline alternative all’insegnamento della religione.

L’articolo di “Avvenire” indica una possibile soluzione al declino delle scuole paritarie nel modello adottato in Francia, dove lo Stato versa a queste scuole l’intera cifra che risparmia per ogni allievo o studente che non si avvale della scuola pubblica. Nel farlo propone un’interpretazione inaccettabile del nostro fondamentale “senza oneri per lo Stato”, dimenticando oltretutto che il modello francese non ammette nella scuola pubblica l’insegnamento e neppure la testimonianza personale in fatto di religioni e fedi.

1) https://www.avvenire.it/attualita/pagine/scuole-paritarie-costi-alti-contributi-minimi-scuola
2) La cifra è tratta da uno studio a cura dell’Unione atei agnostici razionalisti: ps://www.icostidellachiesa.it/i-costi-pubblici-della-chiesa/

Dal PNRR 4,6 miliardi per asili e scuole dell’infanzia

Tratto da un articolo di Alberto Zanardi su IlMulino 

In calce a questo interessante contributo di Davide ci pare interessante proporre sul tema cruciale degli asili nido e delle scuole per l’infanzia statali un articolo apparso su Il Mulino il 7 febbraio scorso a firma di Alberto Zanardi. Il PNRR infatti prevede massici investimenti in questo ambito, decisivo per la crescita del Paese.
[…]

Le risorse complessive rese disponibili dal Pnrr sono ingenti: 4,6 miliardi di euro di cui 3,1 di nuove risorse Pnrr e 1,6 relativi a progetti in essere. Dei fondi Pnrr 2,4 miliardi riguardano la costruzione di asili nido (fascia di età 0-2 anni) e 600 milioni quella delle scuole dell’infanzia (3-6 anni) e dei poli dell’infanzia (che accolgono anche bambini 0-2 anni).
A questa linea di investimento il Pnrr associa un milestone e un target. Il primo, da conseguire entro giugno 2023, prevede l’aggiudicazione dei contratti di lavoro per la costruzione o la riqualificazione di asili nido e scuole dell’infanzia. Il secondo, fissato a fine 2025, consiste nell’effettiva attivazione di 264.480 nuovi posti tra asili nido e scuole dell’infanzia su tutto il territorio nazionale. Si dovrebbero così raggiungere gli obiettivi posti dal Consiglio europeo di Barcellona 2002: un’assistenza all’infanzia per almeno il 90% dei bambini di età tra 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico e per almeno il 33% dei bambini con meno di 3 anni (la legge di bilancio 2022 ha riconosciuto il tasso di copertura del 33% quale Livello essenziale di prestazione sociale-Leps da garantire in tutto il Paese considerando anche l’offerta privata). Attualmente gli asili nido (pubblici e privati) coprono circa il 27% dei bambini in età ma con forti disparità territoriali tra Nord e Sud e tra grandi e piccoli comuni. […]

L’intero articolo: https://www.rivistailmulino.it/a/pnrr-e-asili-nido-un-test-per-il-paese

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