Comunicato stampa del Cidi ..il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti indifferenti. …avere fiducia nel futuro e aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza, in contrapposizione ai cantori del valore delle frontiere e del sangue degli avi e di chi continua ad alzare muri.
Di Davide Babboni

L’articolo su Avvenire.it dell’11 febbraio 20231 esordisce così: Mentre la politica si accapiglia sull’eventualità che l’autonomia differenziata possa produrre venti sistemi scolastici regionali diversi, nel silenzio generale l’Italia sta scivolando verso il monopolio statale dell’educazione. Come vedremo l’allarme non deve lasciare indifferenti coloro che guardano alla società, e soprattutto alla scuola, da una posizione rigorosamente laica.

Tratto da MicroMega di Rossella Guadagnini

“L’Europa ci dà le risorse del Pnrr non per filantropia, ma perché teme il crollo dell’Italia”. Così il presidente Svimez, Adriano Giannola, durante l’incontro odierno a Napoli “Un Paese, due scuole”, che ha messo in luce la gravità della nostra situazione scolastica e il divario esistente tra il nord e il sud d’Italia. Il crollo degli investimenti sull’istruzione negli ultimi 10 anni al meridione è stato infatti molto più pesante nel meridione, accrescendo le disuguaglianze già esistenti. Lo spiega bene la seguente parabola confermata da dati che parlano chiaro. “In Italia ci sono due bambini, nati lo stesso anno. Una si chiama Carla e vive a Firenze, l’altro Fabio e vive a Napoli. Entrambi decenni, frequentano la quinta elementare in una scuola della loro città. Ma mentre la bambina toscana, secondo i dati del rapporto Svimez 2023 sulla scuola, ha avuto garantite dallo Stato 1226 ore di formazione, il bambino cresciuto a Napoli non ha avuto a disposizione la stessa offerta educativa, perché nel mezzogiorno mancano infrastrutture e tempo pieno.

Tratto da Open

I genitori non si mettono d’accordo. E sulla scuola della figlia decide il giudice. Sarà pubblica, come vuole la madre, e non privata, come chiede il padre. «In caso di conflitto si deve scegliere un sistema laico e gratuito», spiega il giudice del tribunale di Roma ai due, che si stanno separando. Per la piccola il momento è particolarmente delicato. Mentre i genitori si danno battaglia legale, lei dovrà presto affrontare il passaggio dall’asilo nido alla scuola materna. Secondo il padre, questo dovrebbe avvenire «in continuità con il percorso scolastico avviato», ovvero nello stesso istituto privato. La madre, però non ci sta, e – riporta la Repubblica di Roma – si batte per l’iscrizione della figlia a una scuola pubblica, «anche senza il consenso paterno». E se lei non avrà la meglio, la donna chiede che le rette della scuola privata siano «a carico esclusivo del padre».

Tratto da Dire di Chiara Adinolfi 

ROMA –  Il video che sta già circolando sui social è confusionario, ma basta per capire lo stato di tensione che si è accesa questa mattina al liceo ‘Einstein’ di Via Bologna a Torino, da ieri occupato per protestare contro “il modello scolastico disegnato dal ministro dell’Istruzione Valditara e contro il suo concetto di merito”, spiega alla Dire Martina, studentessa torinese. Nelle immagini pubblicate sulle pagine Instagram di ‘Osa nazionale‘ e ‘Collettivo Einstein Torino‘, si vedono gli occupanti trincerati dentro la scuola e, fuori dai cancelli, gli agenti della Digos in borghese che tentano di accedere. Per una frazione di secondo, si vede il braccio di un agente attorno al collo di uno studente, poi la presa viene lasciata, il cancello si richiude e gli studenti tornano a urlare “fuori la polizia dalle scuole”. “Ora la situazione si è calmata”, spiega alla Dire Martina, che non frequenta il liceo Einstein ma fa parte di Osa Torino, l’organizzazione studentesca che ha promosso l’occupazione. Dopo l’episodio di questa mattina gli studenti hanno indetto un’assemblea nel primo pomeriggio e sono intenzionati a continuare la loro protesta. “Forse l’occupazione dell’Einstein ha dato fastidio perché non è stata una finta occupazione ma una vera protesta, con corsi sulla lotta No-Tav, e laboratori sul diritto alla casa e sul conflitto in Palestina”, spiega la studentessa. “L’intenzione è quella di far proseguire l’occupazione fino a venerdì, ma a questo punto speriamo di coinvolgere anche altre scuole e di estendere la protesta”, aggiunge.

Tratto da FCEI

Sono aperte fino al prossimo 30 gennaio le iscrizioni scolastiche per l’anno 2023-24. Tra le scelte richieste a genitori e studenti anche quella di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica (IRC). Lo “Sportello Scuola, Laicità, Pluralismo” della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha redatto una serie di Domande e risposte – le cosiddette FAQ / Frequently Asked Questions – per agevolare la compilazione dell’iscrizione, fornire informazioni, evidenziare problemi e offrire soluzioni. Lo “Sportello Scuola, Laicità, Pluralismo” può essere contattato all’indirizzo email scuola@fcei.it.

Tratto da Il Post 

All'interno di una causa di gruppo per le violenze e gli abusi compiuti nelle "scuole residenziali" tra Ottocento e Novecento.

Il governo canadese ha accettato di risarcire con 1,9 miliardi di euro (2,8 miliardi di dollari canadesi) le comunità indigene del paese per gli abusi commessi nelle cosiddette “scuole residenziali” istituite e gestite dal governo e dalla Chiesa cattolica tra la seconda metà dell’Ottocento e il Novecento. La decisione – che deve ancora essere approvata da un tribunale – sarebbe la conclusione di una causa legale collettiva portata avanti da 325 gruppi indigeni canadesi per le violenze e gli abusi compiute sui minori all’interno di quello che una commissione nazionale ha definito anni fa «un genocidio culturale».

Tratto da Open 

Giovanna Cristina Vivinetto ha ricevuto un risarcimento di 11 mila euro. Condannato l’istituto Kennedy di Roma.

Giovanna Cristina Vivinetto è stata allontanata nel 2019 dall’istituto paritario Kennedy di Roma per la sua condizione di transessuale. Ora la scuola dovrà risarcirla con 11 mila euro. Vivinetto racconta oggi in un’intervista a Il Messaggero di aver cominciato a lavorare il 23 settembre del 2019: «Sono stata licenziata il 14 ottobre. Praticamente sono stata in classe una decina di giorni in tutto. Dopo tre giorni di malattia, la preside mi ha convocata e mi ha detto che dovevo andar via perché mancavo di professionalità». Poi ha capito di essere stata discriminata in quanto transessuale. «La scuola sapeva della mia situazione. Anche perché nel curriculum era riportato il premio letterario che ho vinto. E lì parlavo proprio di questo. Sapevano tutto anche prima di assumermi. Qualcuno deve essersi lamentato e mi hanno licenziata». Ma la sua carriera come insegnante non si è conclusa: «Dopo il licenziamento nella scuola paritaria ho insegnato in due scuole pubbliche. Una media e una superiore di Roma. Mi hanno accolta senza alcun problema e con la massima discrezione. A settembre scorso sono entrata di ruolo. Sto facendo l’anno di prova come docente specializzata sul sostegno. Per me è un’esperienza bellissima. Voglio restare al fianco delle persone con difficoltà e tenterò anche il concorso per diventare preside». Mentre la sua famiglia «è sempre stata molto aperta. Ho un fratello gemello e siamo stati liberi di esprimerci. I miei genitori mi hanno sempre sostenuta permettendomi di realizzarmi. La prima vera discriminazione l’ho subita in una scuola, ma quando ero già una professoressa».

Tratto da ilmanifesto, di Giulia D'Aleo SCUOLA. Tra le 50mila persone scese in piazza a Roma il 26 novembre accanto a Non Una di Meno c’erano anche attivisti e attiviste, operatori e operatrici di sportelli e rifugi […] Tra le 50mila persone scese in piazza a Roma il 26 novembre accanto a Non Una di Meno c’erano anche attivisti e attiviste, operatori e operatrici di sportelli e rifugi antiviolenza, associazioni e collettivi studenteschi. Realtà che, con possibilità e impegni diversi, si impegnano per prevenire e contrastare la violenza di genere. Tra questi attori, il grande assente è ancora la scuola. Nonostante le linee guida dell’Oms indichino che un’adeguata educazione sessuoaffettiva sia fondamentale nella prevenzione di abusi sessuali, violenza, episodi di omolesbotransbifobia – oltre che per la riduzione di gravidanze e aborti nelle adolescenti e per la diminuzione delle malattie sessualmente trasmissibili – in Italia non esiste ancora una legge nazionale che agisca in modo capillare e omogeneo sulla formazione a partire dall’infanzia.
Tratto da ekuonews TERAMO – Abbiamo appreso dalla stampa che l’Istituto Agrario di Piano d’Accio ospiterà una Cappellania scolastica Diocesana e vi si faranno diversi incontri su tematiche riguardanti: ”La nuova questione di Dio”. Lo ha dichiarato con entusiasmo la dirigente scolastica dell’IIS Di Poppa – Rozzi. L’intento sarebbe quello di consentire ai ragazzi di “raccogliersi in preghiera” e di fare “incontri  e riflessioni sui temi a loro più cari”. Si tratta di una decisione che non condividiamo e che ci preoccupa molto. Per una serie di ragioni. Innanzitutto ricordiamo che le attività nella scuola vengono decise  nel Piano dell’Offerta Formativa, deliberato dal Collegio dei docenti ed adottato dal Consiglio d’istituto. Non dall’ufficio diocesano per la pastorale. Non c’è traccia di alcuna discussione in merito a tale questione negli organi collegiali di questa scuola. E’ mancato qualsiasi coinvolgimento degli studenti e delle studentesse per verificare, eventualmente, quali fossero i temi di riflessioni “a loro più cari”. Non è stato previsto alcun incarico al personale ausiliario della scuola, considerato che si usa uno spazio interno, né sono state  stabilite regole per il suo utilizzo.
Tratto da ilriformista, di Giulia Milanese Caro Riformista, vogliate accogliere questa mia, che, a partire da un’esperienza personale, ha l’illusione di porsi come una riflessione di più ampio respiro sulle sorti della laicità all’interno della nostra scuola pubblica. Parto dai fatti: i miei figli, 3 e 7 anni, frequentano una scuola statale napoletana, il primo all’infanzia, la seconda alla primaria, e per entrambi ho scelto la strada dell’esonerodall’Insegnamento della Religione Cattolica. A prescindere dalle mie personali idee sulla religione, sono persuasa che a questa età, nella quale i bambini ancora non hanno definito i confini di cosa sia reale e cosa no, né possiedono gli strumenti critici per affrontarli, trattare questi temi sfoci irrimediabilmente nell’indottrinamento. Per mia (e non solo mia) fortuna, come ha precisato la Corte costituzionale con la sentenza 203 dell’11 aprile 1989, il principio di laicità rappresenta un principio «supremo» all’interno della scuola pubblica: una scuola plurale, di tutti e per tutti, che riconosce l’eguaglianza delle confessioni religiose, senza concedere particolari privilegi o riconoscimento ad alcuna di esse.