CONTRO I MANIFESTI DI PRO VITA & FAMIGLIA

Tratto da Informareunh di Simona Lancioni

Utilizzare l’immagine delle persone con sindrome di Down per produrre manifesti finalizzati colpevolizzare le donne che abortiscono non è una novità. Era già successo nel 2021 nella Repubblica di San Marino, e la trovata non portò molta fortuna a quella causa. Ora è accaduto di nuovo a Roma e nelle principali città italiane, dove, in occasione della Giornata Mondiale della Sindrome di Down 2023, l’Associazione Pro Vita & Famiglia ha fatto affiggere dei manifesti che ritraggono una persona con la sindrome di Down accompagnata dallo slogan “Facciamoli nascere – #StopAborto”. Ma questa volta la persona coinvolta è un bambino.


A strumentalizzare l’immagine delle persone con sindrome di Down nelle campagne antiabortiste ci avevano già pensato nella Repubblica di San Marino qualche anno fa, in prossimità della consultazione referendaria che si è tenuta il 26 settembre 2021, ed ha introdotto anche nel piccolo Stato, uno dei pochi in cui era ancora vietata, la possibilità di abortire legalmente. Un risultato netto: 77,3% i voti favorevoli, 22,7% quelli contrari. (Gli elettori di San Marino hanno deciso che l’aborto sia permesso, «Il Post», 27 settembre 2021). In quell’occasione accadde che, pochi giorni prima del referendum, il comitato per il no “Uno di noi” decise di affiggere su tutto il territorio sammarinese un manifesto raffigurante un giovane con sindrome di Down e la scritta «Io sono una anomalia, per questo ho meno diritti di te?». Ci occupammo a suo tempo della vicenda (San Marino, una persona con sindrome di Down sul manifesto per il no all’aborto, «Informare un’h», 13 settembre 2021), osservando che se è normale e auspicabile che, soprattutto su temi di rilevanza etica, ci siano posizioni diverse, ciò che segna lo spartiacque tra ciò che è legittimo e ciò che non lo è, spesso risiede nelle modalità con le quali viene condotto il confronto pubblico. Strumentalizzare un giovane uomo con sindrome di Down per cercare di limitare la libertà di scelta delle donne in materia riproduttiva, non è stata probabilmente la più felice delle trovate, anche a giudicare dagli esiti del referendum. Ma evidentemente la lezione non è bastata.

Accade così che quest’anno, in occasione della celebrazione della Giornata Mondiale della Sindrome di Down, che cade il 21 marzo, l’Associazione Pro Vita & Famiglia decida di usare una persona con sindrome di Down esattamente per le stesse finalità, cercare di limitare la libertà di scelta delle donne in materia riproduttiva. Ma questa volta la persona coinvolta è un bambino. La campagna è stata lanciata sulle pagine Facebook e Instagram dell’Associazione nei giorni della ricorrenza. Essa contiene, per l’appunto, il primo piano di un bambino con sindrome di Down biondo, sorridente, con un pigiamino decorato con disegni di macchine azzurre e blu, e la scritta “Facciamoli nascere – #StopAborto”. Parallelamente alla comunicazione sui social, a Roma e nelle principali città italiane è stata lanciata una campagna di affissioni di manifesti realizzati con gli stessi elementi. Nel post pubblicato su Facebook il 21 marzo, a firma di Maria Rachele Ruiu, componente del direttivo di Pro Vita & Famiglia, si parla apertamente di cultura dello scarto, sterminio e eugenetica: «Non ci arrenderemo alla cultura dello scarto: l’Italia non può essere una moderna Sparta! Non vogliamo guardare inermi allo sterminio di quelli che Jérôme Lejeune, scopritore della Sindrome di Down, chiamava i miei – i nostri – piccoli. Lanciamo quindi un appello alla politica, per chiedere che i test prenatali non siano un’arma eugenetica e si offrano invece a quelle mamme e a quei papà che vengono a conoscenza della presenza della Trisomia 21 per il loro bambino, tutti gli aiuti e le rassicurazioni per superare paure e difficoltà».

Insomma c’è tutto il repertorio di accuse studiate per colpevolizzare le donne che abortiscono, un “classico”, ormai lo conosciamo a memoria. Possono esserci tanti motivi per i quali una donna può scegliere di non portare avanti una gravidanza. Chi rispetta le donne si limita a prendere atto delle loro scelte, qualunque esse siano. Decidere di una gravidanza equivale a decidere del corpo e della vita di una donna, dunque farle pressioni per orientare la scelta in funzione delle convinzioni di terzi è quanto meno una pretesa arbitraria e illegittima. Pro Vita & Famiglia quali diritti pensa di poter accampare sui corpi altrui? Quale sarebbe il fondamento delle loro pretese? Chi riconosce la libertà di scelta in materia di salute sessuale e riproduttiva come valore da tutelare non si sognerebbe mai di fare pressioni ad una donna che per convinzioni personali, religiose o di altra natura non può prendere in considerazione l’idea di abortire. E se qualcuno le facesse, queste pressioni, le donne per la libertà di scelta sarebbero al suo fianco per sostenerla nella sua scelta senza nessun tipo di riserva. E questo è un primo elemento. L’altro elemento è la strumentalizzazione di un bambino con sindrome di Down per un’iniziativa di questo genere… il fatto che ci siano adulti che non sono capaci di confrontarsi in modo rispettoso è un’idea con la quale si può imparare a convivere, ma che questi adulti pensino di coinvolgere anche i bambini (con o senza disabilità) in queste performance poco edificanti, francamente risulta abbastanza indecente.

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