L’OCCUPAZIONE IN ISRAELE METTE A RISCHIO LO STATO DEMOCRATICO

Tratto da Globalist Syndication

Quella lanciata da JCall* Europa in difesa della democrazia israeliana contro le minacce dalle componenti più scioviniste e integraliste della coalizione di governo in formazione nel paese.

Un appello da accogliere. Una petizione da firmare, Una riflessione preoccupata che fa riflettere.

Una petizione da sottoscrivere.

E’ quella lanciata da JCall* Europa in difesa della democrazia israeliana contro le minacce dalle componenti più scioviniste e integraliste della coalizione di governo in formazione nel paese.

Eccone il testo: “Abbiamo lanciato l’appello fondativo di JCall nel 2010 perché, come cittadini ebrei europei, eravamo profondamente preoccupati per l’esistenza di Israele. Abbiamo scritto che, “senza sottovalutare le minacce esterne” per Israele, “questo pericolo risiede anche nell’occupazione e nella continua colonizzazione della Cisgiordania e dei quartieri arabi di Gerusalemme Est”. Infatti, solo la fine dell’occupazione e la creazione di uno Stato palestinese vitale al suo fianco possono garantire la continuità dell’esistenza di Israele come Stato democratico a maggioranza ebraica. La persistenza dell’occupazione porterebbe alla scelta illusoria tra due situazioni intrinsecamente sbagliate: uno Stato binazionale arabo-ebraico il cui orizzonte permanente sarebbe la guerra civile, oppure uno Stato esclusivamente ebraico che andrebbe alla deriva verso un regime di apartheid per i palestinesi. Dodici anni dopo quell’appello, il pericolo che avevamo denunciato allora è solo aumentato. Ma a questo pericolo si aggiunge ora una minaccia immediata alla democrazia israeliana. Infatti, le elezioni legislative del 1° novembre 2022 – che si sono svolte nel rispetto delle regole democratiche e della libertà di voto – hanno dato una piccola ma indiscutibile maggioranza a una coalizione i cui elementi mettono in discussione le basi stesse della democrazia israeliana. Fin dalla sua creazione, e nonostante una situazione di guerra continua e di minacce esterne, Israele è stato finora in grado di rispettare lo spirito e la lettera dei valori su cui si basa la sua Dichiarazione di Indipendenza.

Tuttavia, se un governo sostenuto dal nuovo parlamento decide di attuare tutte le misure incluse negli accordi tra i partiti della coalizione di maggioranza, Israele rischia di allontanarsi da queste basi. Una democrazia non è definita solo dal potere di una maggioranza eletta in libere elezioni. È anche definito dall’esistenza di controlli e contrappesi – una costituzione e un parlamento composto da una o due camere. In Israele, dove il parlamento è costituito da una sola camera (la Knesset), non esiste una costituzione, ma esistono leggi di base alle quali i testi adottati dalla Knesset devono conformarsi. L’unico organo abilitato a giudicare questa conformità è la Corte Suprema: essa può, a condizione che un attore della società civile si rivolga ad essa, dichiarare che una legge votata dalla Knesset è contraria a una legge fondamentale e che quindi questa legge è nulla. Tuttavia, alcuni elementi della nuova coalizione di maggioranza hanno dichiarato l’intenzione di modificare al più presto il potere di supervisione della Corte Suprema, consentendo a una maggioranza semplice di parlamentari (metà più uno) di ripristinare una legge respinta dalla Corte. Sono stati presentati altri piani per la Corte Suprema, tra cui una revisione delle modalità di nomina dei giudici. Una democrazia non è definita solo dal potere della sua maggioranza, ma anche dal rispetto dei diritti delle sue minoranze. I padri fondatori di Israele lo avevano previsto quando scrissero nella Dichiarazione di indipendenza che il nuovo Stato avrebbe garantito “la piena uguaglianza dei diritti sociali e politici per tutti i suoi cittadini, senza distinzione di credo, razza o sesso”. Tuttavia, la nuova maggioranza è dominata da persone che hanno fatto dichiarazioni razziste sugli arabi e commenti omofobi. I padri fondatori si erano anche assicurati di inserire nella Dichiarazione di Indipendenza che il futuro Stato sarebbe stato “aperto all’immigrazione degli ebrei da tutti i Paesi in cui sono dispersi”, evitando di definire cosa fosse un ebreo. Questo principio ha portato all’approvazione della Legge del Ritorno, che per 74 anni ha permesso a milioni di ebrei di tutto il mondo di entrare in Israele. Ora, alcuni membri della nuova maggioranza chiedono una revisione di questa legge, per negare a molti nuovi immigrati (e agli immigrati già stabiliti in Israele) la loro identità ebraica. Vorrebbero anche approvare una legge che permetta la separazione tra uomini e donne negli eventi finanziati con fondi pubblici, il che vieterebbe di fatto la co-educazione in un’ampia parte dello spazio pubblico. È certo che se questi piani dovessero essere approvati, provocherebbero una spaccatura tra Israele e la Diaspora, mettendo in discussione le fondamenta stesse del progetto sionista che era all’origine del Paese.

Inoltre, il progetto di rompere lo status quo esistente dal 1967 sul Monte del Tempio, permettendo agli ebrei di pregare lì, annunciato dal nuovo Ministro della Pubblica Sicurezza – che sarà responsabile della “sicurezza nazionale” sia in Israele che nei territori occupati – rischia di infiammare la Cisgiordania e forse l’intera regione.
Per tutti questi motivi, decidiamo oggi di rilanciare il nostro Appello alla Ragione rivolto ai leader israeliani, affinché non dimentichino le fondamenta del Paese di cui sono ora responsabili. Israele, ovviamente, appartiene a tutti i suoi cittadini che vi abitano. Ma anche tutti gli ebrei della diaspora, che come noi sono indefettibilmente legati all’esistenza e alla sicurezza di questo Stato, possono e devono, in nome del legame intessuto con esso e del sostegno che gli danno ogni volta che è necessario, esprimere la loro preoccupazione per il suo futuro se dovessero essere applicate tali derive antidemocratiche che mettono in discussione la sua identità. Costituirebbero il vero pericolo per la sostenibilità del Paese. Per questo motivo siamo al fianco dei cittadini e dei movimenti della società civile che iniziano a mobilitarsi in Israele e invitiamo tutti coloro che si riconoscono nei principi di questo appello a firmarlo e a farlo firmare”.

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