Tratto da nonmollare quindicinale post azionista, articolo di David Grossman Pubblichiamo come editoriale questa riflessione del grande scrittore israeliano David Grossman...

Tratto da Comune Info

Denunciare l’apartheid israeliana contro la popolazione palestinese è un’attività politica, quindi non si può fare. Lo sostengono l’azienda dei trasporti di Torino e Mondadori a Milano, proprietarie degli impianti che ospitano pubblicità sui pannelli luminosi delle pensiline. La campagna non gradita è nata dal basso a Firenze per denunciare, anche sulla base del dossier di Amnesty International, le leggi e le violente pratiche di oppressione dello Stato ebraico che nega il diritto all’autodeterminazione – e ad esistere come popolo – ai palestinesi. Sulla possibilità di utilizzare il concetto di apartheid, non necessariamente identico a quello adottato fino al 1991 in Sudafrica, si veda anche l’ampia e bella recente intervista a Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati.

I pannelli luminosi che riportano la denuncia di Amnesty e la condanna dell'Apartheid israeliano devono spegnersi a Torino e mai accendersi a Milano.

I contratti stipulati sono stati rescissi e il danaro già versato sarà restituito.

L’Azienda Trasporti GTT, proprietaria degli impianti a Torino, non ammette messaggi di connotazione politica e Mondadori a MILANO inibisce il caricamento di messaggi con richiamo ad attività politiche.

Tratto da Globalist Syndication Quella lanciata da JCall* Europa in difesa della democrazia israeliana contro le minacce dalle componenti più scioviniste e integraliste della coalizione di governo in formazione nel paese. Un appello da accogliere. Una petizione da firmare, Una riflessione preoccupata che fa riflettere. Una petizione da sottoscrivere. E’ quella lanciata da JCall* Europa in difesa della democrazia israeliana contro le minacce dalle componenti più scioviniste e integraliste della coalizione di governo in formazione nel paese. Eccone il testo: “Abbiamo lanciato l’appello fondativo di JCall nel 2010 perché, come cittadini ebrei europei, eravamo profondamente preoccupati per l’esistenza di Israele. Abbiamo scritto che, “senza sottovalutare le minacce esterne” per Israele, “questo pericolo risiede anche nell’occupazione e nella continua colonizzazione della Cisgiordania e dei quartieri arabi di Gerusalemme Est”. Infatti, solo la fine dell’occupazione e la creazione di uno Stato palestinese vitale al suo fianco possono garantire la continuità dell’esistenza di Israele come Stato democratico a maggioranza ebraica. La persistenza dell’occupazione porterebbe alla scelta illusoria tra due situazioni intrinsecamente sbagliate: uno Stato binazionale arabo-ebraico il cui orizzonte permanente sarebbe la guerra civile, oppure uno Stato esclusivamente ebraico che andrebbe alla deriva verso un regime di apartheid per i palestinesi. Dodici anni dopo quell’appello, il pericolo che avevamo denunciato allora è solo aumentato. Ma a questo pericolo si aggiunge ora una minaccia immediata alla democrazia israeliana. Infatti, le elezioni legislative del 1° novembre 2022 – che si sono svolte nel rispetto delle regole democratiche e della libertà di voto – hanno dato una piccola ma indiscutibile maggioranza a una coalizione i cui elementi mettono in discussione le basi stesse della democrazia israeliana. Fin dalla sua creazione, e nonostante una situazione di guerra continua e di minacce esterne, Israele è stato finora in grado di rispettare lo spirito e la lettera dei valori su cui si basa la sua Dichiarazione di Indipendenza.
Tratto da Il Sole 24 Ore, di Ugo Tramballi Il turista che arriva a Gerusalemme, camminando nei vicoli e fra i mercati della Città Vecchia, s’illude di assistere a un miracolo: ebrei, musulmani e cristiani; sinagoghe, moschee, chiese; arabi ed ebrei insieme dentro gli 0,9 chilometri quadrati chiusi dalle mura ottomane del XVI secolo in una contaminazione virtuosa. E’ un abbaglio. Il reclutamento è già in corso. A partire dalla descrizione della prima pietra antica incontrata, la guida scelta dall’inconsapevole turista è al lavoro per vendere la versione di Gerusalemme delle sue fedi: la religiosa e quella politica. “Non c’è un pollice di Gerusalemme dove un profeta non abbia pregato e dove un angelo non si sia fermato”, diceva Ibn Abbas, cugino di Maometto, già nel VII secolo, poco dopo la conquista musulmana. “Non c’è un solo luogo costruito in questo paese che non abbia avuto prima una popolazione araba”, avrebbe aggiunto 13 secoli più tardi l’israeliano Moshe Dayan, unificatore della città dopo la vittoria nella guerra dei Sei Giorni del 1967.
Tratto da www.valigiablu.it Centinaia di morti nella striscia di Gaza vittime dei bombardamenti israeliani e almeno dieci cittadini israeliani uccisi dai razzi lanciati da Hamas. L’ennesimo riaccendersi - come se si fosse mai spento - del conflitto israelo-palestinese è ridotto a un bollettino di guerra con recriminazioni da entrambi i lati. Questo conflitto non è però solo uno scontro tra Hamas e Israele. Anzi, inizia a Gerusalemme ben 27 giorni prima del lancio del primo razzo. È un conflitto figlio di un mese di tensioni su cui la guerra a Gaza mette “un tappo” senza risolvere nulla. Eppure, questa nuova fase di violenza offre alcuni elementi di novità.