L’immane crudeltà di far ascoltare il battito del cuore del feto prima di abortire

Tratto da Today.it, di Violetto Gorrasi

L’interruzione di gravidanza in Ungheria è prevista in quattro casi: gravidanza in conseguenza di un reato o violenza sessuale, pericolo per la salute della donna, embrione con un handicap fisico grave, situazione sociale insostenibile della donna. Nel paese guidato da Viktor Orbán, l’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza è legale dal 1953, e le leggi che ne regolano l’accesso sono rimaste perlopiù invariate da allora. Oltre ai requisiti già previsti per abortire, ora però la legge è cambiata in senso più restrittivo, perché l’esecutivo di Budapest ha approvato un decreto per cui dal 15 settembre il personale sanitario che si occupa di interruzioni di gravidanza dovrà far sentire il battito del cuore del feto alle pazienti che vogliono abortire, o più in generale mostrare loro “un segno delle funzioni vitali in modo chiaramente riconoscibile”. Con un’ecografia del cuore, appunto. Il segno principe di vita, anche del feto.

Come se non bastasse, nel decreto firmato dal ministro dell’Interno Sandor Pinter c’è scritto che i medici dovranno presentare un documento che attesti l’avvenuto ascolto del battito del cuore del feto, senza il quale la paziente non potrà accedere all’interruzione di gravidanza. A spiegare la ratio del provvedimento, se di ratio si può parlare, è stato lo stesso ministro dell’Interno ungherese in una nota: “Quasi i due terzi degli ungheresi associano l’inizio della vita di un bambino al primo battito cardiaco, e poiché le moderne apparecchiature sono in grado di rilevare i battiti cardiaci all’inizio della gravidanza, questo può fornire informazioni più complete per le donne in gravidanza”.

L’estrema destra ungherese esulta. Il partito Mi Hazank ha fatto sapere di essere addirittura lieto che “le mamme che vogliono abortire ora ascolteranno il battito cardiaco fetale”. “Almeno per alcuni secondi, il bambino in età fetale potrà essere ascoltato dalla madre prima che venga eseguito l’aborto”, ha detto la deputata Dora Duro in un post su Facebook, parlando di una legge sull’aborto che “non è scolpita nella pietra, in un paese cristiano degno di questo nome”.

Cosa ci sia da esultare di fronte a una barbarie simile davvero non si comprende. Non è difficile capire come questa decisione renderà più difficile l’accesso all’aborto e traumatizzerà donne già in situazioni difficili, costringendo anche ragazze violentate o in pericolo di vita a sedersi su un lettino per sottoporsi all’esercizio sadico e crudele di ascoltare il battito del feto che hanno in grembo prima di interrompere la gravidanza.

Ungheria e Italia, così lontane così vicine

Il governo populista e di destra del primo ministro Viktor Orbán si presenta dal 2010 come paladino dei valori della cosiddetta “famiglia tradizionale”. L’Ungheria non è affatto lontana da noi. Giorgia Meloni e Matteo Salvini ammirano il leader nazionalista anti Ue che con piglio autoritario si oppone ai diritti civili e ora ha introdotto una nuova stretta sull’aborto. Di più: Orbán, una sorta di alter ego politico della leader di Fratelli d’Italia destinata forse a sedere sulla poltrona di Palazzo Chigi, è il modello a cui lei stessa dichiara esplicitamente di ispirarsi, e non da oggi, per le politiche sovraniste e per l’idea di un’Europa dei popoli e dei muri, per il “no” ai diritti civili (considerati alla stregua di trasgessioni perlopiù tollerate dalla maggioranza), e per l’obbedienza al motto “Dio, patria e famiglia”.

Nei giorni scorsi, la leader di FdI ha detto che se dovesse vincere le elezioni non modificherebbe la legge 194 che in Italia disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. “Vogliamo dare il diritto alle donne che pensano che l’aborto sia l’unica scelta che hanno, di fare una scelta diversa. Daremo alle donne il diritto a non abortire”, ha detto, spiegando che “non voglio abolire la legge 194 sull’aborto, non voglio modificarla. Voglio applicare integralmente anche tutta la parte che riguarda il tema della prevenzione, che non significa togliere diritti ma aggiungerli”.

Parole un po’ ambigue che non hanno convinto chi da sempre si batte per il diritto all’aborto. Orbán viene considerato un modello anche stavolta? Ci piacerebbe saperlo. “Tra patrioti europei ci si intende subito alla grande”, scriveva Meloni qualche tempo fa in un post su Twitter con vista sul Danubio, dopo uno dei tanti incontri col primo ministro ungherese. Questa destra italiana che ammira così tanto Orbán, su tutto o quasi tutto, vincerà le elezionidel 25 settembre, a quanto pare. Auguri.

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