LA PROPOSTA DI PRO VITA: TORTURARE LE DONNE

Tratto da Fanpage.it di Luca Pons

La Corte di Cassazione ha ricevuto la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dall’associazione antiabortista Pro vita & famiglia. La proposta, che l’associazione ha intitolato “Un cuore che batte”, andrebbe a modificare l’articolo 14 della legge 194 del 1978, ovvero la norma che ha reso legale l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia. Al comma 1 si aggiungerebbe questo testo: “Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza” ai sensi della legge, “è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”.

Si vorrebbe imporre l’obbligo, quindi, di sottoporre la donna che ha deciso di interrompere la gravidanza a un’ulteriore procedura, con il chiaro obiettivo di rendere l’esperienza dell’Ivg più sgradevole e dolorosa, anche a livello psicologico. Alla proposta hanno aderito varie associazioni della galassia cattolica antiabortista, dal Movimento Milithia Christi al Comitato verità e vita, dall’Associazione ora et labora in difesa della vita al Movimento nazionale rete dei patrioti.

Il testo è stato depositato martedì 16 maggio, e negli ultimi giorni nessun esponente della maggioranza di governo ha commentato. Vicino all’associazione Pro vita & famiglia è l’ex senatore leghista Simone Pillon, candidato dalla Lega anche alle ultime elezioni politiche del settembre 2022 ma non rieletto. Non solo, ma prima delle elezioni i tre leader del centrodestra – Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi – hanno sottoscritto la Carta pro vita, redatta proprio da Pro vita & famiglia e promossa da associazioni conservatrici e antiabortiste. Il documento è stato poi presentato in conferenza stampa alla presenza anche del senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri.

Anche se si tratta di una proposta di legge di iniziativa popolare, non promossa direttamente dal governo, è lo stesso esecutivo di Giorgia Meloni ad aver scelto Massimo Gandolfini, fondatore del Family day, come consulente antidroga. In più la maggioranza di centrodestra ha già presentato più di una proposta per limitare il diritto all’aborto in vari modi, dal riconoscimento della “capacità giuridica” del feto alla tutela della vita umana “fin dal concepimento”. Quella presentata dall’associazione Pro vita & famiglia, al contrario, non avrebbe l’effetto di limitare sostanzialmente l’accesso all’aborto – già scarso in Italia – ma si pone lo scopo di aumentare la sofferenza delle donne che affrontano un’Ivg.

Rispondendo alla notizia, il presidente della fondazione Gimbe Nino Cartabellotta ha scritto su Twitter: “Cari ‘signori’ della Pro vita & famiglia. Il medico non può essere obbligato per legge a strumenti di tortura psicologica”. Cecilia D’Elia, senatrice del Partito democratico e portavoce nazionale della conferenza delle democratiche, l’ha definita “una proposta che non rispetta le scelte delle donne, le tratta come inconsapevoli e mira solo a colpevolizzarle. Una proposta feroce, altro che pro vita”.

 

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