«Dove non c’è obbligo di denuncia, abbiamo segnalato i responsabili soltanto se erano le vittime a volerlo; dove c’è l’obbligo invece abbiamo interrotto le nostre verifiche per non interferire con le indagini», spiega il sacerdote. «Con le nuove linee guida, entrate in vigore il 31 marzo abbiamo stabilito che porteremo tutti i casi a conoscenza delle autorità giudiziarie, anche nei paesi in cui non è espressamente prescritto», aggiunge Schwind.
Alla domanda se questa decisione riguardi anche i 66 casi evidenziati nel report, Schwind ammette «che non ci hanno ancora pensato», così come non sono ancora riusciti a formare una commissione disciplinare, annunciata un anno fa, che stabilisca le complicità dei vertici del movimento nel caso di Jean-Michel Merlin.
Dal primo maggio la Co.Be.Tu è stata sostituita dalla nuova commissione indipendente centrale, che in realtà di indipendente ha ben poco, visto che i suoi membri saranno scelti direttamente dalla presidente Karram.
La nuova commissione, a cui è affiancato un organo di vigilanza di cinque membri esterni, si occuperà soltanto della gestione delle segnalazioni, mentre la formazione verrà coordinata a livello centrale e locale da un altro team di esperti e consulenti. Un’impalcatura che dovrebbe garantire, almeno sulla carta, “la tutela integrale della persona”, come viene definito il piano anti-abusi, ma che per ora lascia trasparire molta approssimazione sulla gestione dei pedofili e vaghi accenni a non meglio precisati interventi disciplinari.
Al posto di un chiaro percorso di trasparenza che assicuri giustizia alle vittime, con l’apertura degli archivi e la ricostruzione delle responsabilità personali, si lascia correre la maldicenza e la gogna sotterranea del “lo sanno tutti”, alimentata dalle voci di corridoio e dalle chat di whatsapp.
TESTIMONI
In questo quadro, delle vittime sappiamo ancora meno: quante sono, quanti anni avevano al momento degli abusi, quali sono state le conseguenze che hanno dovuto affrontare? L’Oref, Organizzazione ex focolari, un’associazione nata nel 2021 come spazio di ascolto per i sopravvissuti, non è stata coinvolta nell’indagine della Co.Be.Tu, ma Schwind tiene a dire che la presidente ha «speso molto tempo in incontri personali con altre vittime».
Sulla “riparazione finanziaria” esiste un protocollo che invita chi lo desidera a farsi avanti ma non stabilisce l’entità dei risarcimenti in caso di abuso accertato: «Non abbiamo stabilito cifre perché valuteremo caso per caso, anche a seconda dei paesi in cui è avvenuto il reato non sempre si parla di un aiuto economico: a volte chi si rivolge a noi chiede di essere sostenuto in un percorso terapeutico, o di trovare un lavoro o una casa», dice Schwind.
Molti sopravvissuti, in realtà, si sono trovati di fronte a un muro. Silvia Ciccarelli, figlia di due membri attivi del movimento, nel 2016 ha addirittura mandato una lettera personale alla Co.Be.Tu e all’allora presidente dei Focolari, Maria Voce, in cui raccontava di essere stata picchiata senza pietà per anni da suo padre, ritenuto un “uomo di fede”. «Diceva sempre che lo faceva “per volontà di Dio”, così come diceva che mi picchiava in modo da non lasciare tracce o lividi, per “non darmi la soddisfazione di fare la vittima”. Mia madre non si è mai frapposta. Ho visto vestitini nuovi, a cui tenevo, sparire nell’immondizia perché macchiati di sangue», si legge nella lettera. Né la Co.Be.Tu né Maria Voce, dice Ciccarelli, hanno risposto.
«Nel movimento continua a esserci una forte omertà sulle violenze strutturali che lo attraversano, che riguardano il sesso, la manipolazione delle coscienze, l’abuso di potere e lo sfruttamento economico», dice Oscar, che aggiunge: «Per decenni i focolari hanno organizzato happening per giovani, a cui partecipavano anche migliaia di bambini e adolescenti senza precauzioni né controlli: era un bacino di caccia perfetto per i predatori». Il terreno dell’abuso (di potere, in primo luogo) era preparato dall’obbedienza assoluta imposta da Chiara Lubich: le “pope” e i “popi”, come venivano chiamati i suoi seguaci in un linguaggio non a caso infantilizzante, dovevano «tagliarsi la testa», affidandosi totalmente a lei e ai capifocolare che la rappresentavano.
«Se si voleva fare la volontà di Dio, bisognava seguire Chiara era richiesta un’obbedienza cieca, non potevi avere dubbi o fare domande», racconta Cintia Costa, che ha fatto parte dai 12 ai 19 anni del movimento Gen, la sezione dei giovani, prima a Belem, in Brasile, e poi a Loppiano, dove ha subito ed è stata testimone di violenze psicologiche pesantissime su ragazzine appena adolescenti.
«La nostra responsabile ci insultava senza una spiegazione, eravamo terrorizzate», racconta, «io sono stata costretta a lasciare il mio fidanzato, che era in Brasile. Dato che piangevo disperata, lei si è seduta vicino a me e mi ha dettato la lettera per lui, che poi ha spedito con posta prioritaria».
Non solo: Cintia racconta che nell’estate del 1992, insieme a una quindicina di altre ragazze, si è ritrovata a cucire le copertine per i diari della Benetton: «Eravamo in un capannone, dove i visitatori che arrivavano a Loppiano non potevano vederci, e dovevamo applicare le etichette su queste agende, ovviamente, come per tutti i lavori che facevamo, non siamo state pagate».
Una circostanza confermata anche da Oscar: «Negli anni Ottanta e Novanta i Focolari prendevano spesso commissioni da aziende per dei lavori, e Benetton era una di queste». Difficile pensare che la partita di agende fatta a mano dalle ragazze fosse un regalo per la multinazionale. «Per ironia della sorte, in quei giorni si vedeva ovunque la campagna pubblicitaria della United Colors of Benetton con la foto di un prete che bacia una suora e a noi ripetevano che dovevamo essere pure e che non potevamo nemmeno abbracciare i nostri amici maschi», commenta Costa .
Cintia e moltissime altre ragazze arrivate a Loppiano in quegli anni per fare un’esperienza religiosa si sono ritrovate in realtà alla mercé di persone che le hanno private di ogni libertà, le hanno fatte lavorare gratis e hanno persino interferito con la loro vita intima e famigliare. Silvia Ciccarelli testimonia che da bambina le fu proibito di vedere i nonni, perché considerati “non allineati” alle regole della comunità e quindi nocivi; a quattordici anni, inoltre, le fu fatta una visita ginecologica da un medico focolarino per accertare che non avesse già avuto rapporti sessuali.
Magda (nome di fantasia), una focolarina slovena che voleva studiare, fu costretta dalla responsabile di zona a lasciare gli studi perché «i libri andavano messi in soffitta». Negli anni Settanta è stata anche molestata dalla sua capofocolare quando era alla scuola di formazione di Loppiano: «Una sera, con la scusa di darmi la sua benedizione, è entrata nel mio letto e mi ha baciata ho saputo che in seguito è stata allontanata, ma nessuno mi ha mai detto il motivo», racconta.
SILENZI E ATTRITI VATICANI
Se Rocca di Papa tace, Roma certo non parla: il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, messo al corrente dall’ex focolarina Renata Patti, già alcuni anni, fa di alcune denunce di abuso sessuale nel movimento, non ha mai dato riscontri ufficiali. Il prefetto del Dicastero, il cardinale Kevin Farrell, interpellato in proposito da Domani, non ha mai risposto e la responsabile per la comunicazione Pamela Fabiani ha spiegato che «il Dicastero tratta le segnalazioni che riceve in maniera riservata, nel rispetto dei criteri previsti dall’ordinamento canonico, in generale e specificamente per la Curia Romana, e nel rispetto delle persone coinvolte». Non sappiamo, quindi, come sono stati trattati questi casi, ma non sappiamo nemmeno se sono stati presi in considerazione o archiviati.
Per quanto la tendenza alla riservatezza accomuni Focolari e Vaticano, fra i due si avverte una certa tensione. Come attesta una nostra fonte, il Dicastero sta facendo pressione sul movimento perché affronti i problemi interni.
«Siamo in contatto con il Dicastero e la curia romana, ma le indicazioni su cosa fare non sono univoche», ha ammesso Schwind parlando dell’opportunità di rendere pubblica “la lista”. Lo stesso papa Francesco durante l’assemblea generale dei Focolari del febbraio 2021 aveva già ammonito le comunità ecclesiali di «evitare ogni autoreferenzialità». La situazione è delicata: per i Focolari potrebbe esserci addirittura lo spettro del commissariamento, e la trasparenza sugli abusi è una carta importante su cui puntare, ma ci sono certamente diversi equilibri in gioco di cui tenere conto.
Nella foto Giovanni Paolo II e Chiara Lubrich
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