Credere. A quali condizioni?

Di Davide Babboni

Nella lettera di due settimane fa ho accennato all’universalità dell’attitudine umana al “credere” o, ancor meglio, alla sua necessità, indipendentemente da appartenenze religiose. Aggiungo a quella mia opinione, spero non troppo a scapito della chiarezza, che tutti credono a qualcosa e tutto è credenza (quantomeno è ciò che io credo). Se è così con quale criterio possiamo attribuire a una credenza un suo grado di attendibilità? Dipenderà dal contesto in cui vogliamo valutarla. Se l’oggetto della credenza ha a che fare con la rappresentazione della realtà (cioè tutto, tranne quello che riteniamo consapevolmente fantasia o bugia), metterei al primo posto il criterio popperiano (1) della falsificabilità. Premesso che tutte le opinioni sono lecite (qui ci metterei un “quasi”), bisogna accordarsi su cosa le può falsificare; quindi occorre accettare un paradigma di verifica (2), cosa non scontata neppure per la scienza, figuriamoci per altri ambiti meno strutturati.
Del resto anche il paradigma è una credenza, e infatti con questo criterio io esprimo la mia; certo corroborata da molti illustri pensatori, ma non da tutti e, in ogni caso, il criterio della maggioranza, che mi pare già infido per le elezioni, risulta improponibile per i concetti: ci troveremmo ancora in una barbarica ignoranza, peggiore di quella attualmente in essere.
Con le proprie credenze, ognuno esprime i suoi condizionamenti; ed ognuno attribuirà un peso alle altrui e, se è intellettualmente onesto, anche alle proprie. L’opinione sulle credenze richiede una meta-credenza, con rischio di un infinito vorticare a elica. Poiché il nostro tempo è finito, e qualche decisione bisogna pur prenderla, è necessario fermarsi ai primi giri; ma almeno uno bisogna farlo.

Sarebbe bello che le credenze non discriminassero nella pratica, e così non è (e in certi luoghi in modo intollerabile), e anche che non provocassero interazioni violente. Si deve però prendere atto che le credenze – in un certo senso dei memi (3) – sono soggette ai rapporti di forza. Sempre su Darwin si ricade.

Note

(1) Essere falsificabile, a differenza delle monete o di documenti – come la Donazione di Costantino”, è valore positivo; il concetto, introdotto dal filosofo Karl Popper, come specifico della scienza, esprime la necessità che per un’affermazione ritenuta vera, sia data la procedura per poterla smentire. Come diceva Albert Einstein; “Un milione di esperimenti che confermano la mia teoria, non valgono nulla rispetto a uno solo che la contraddice”.

(2) Thomas Khun, filosofo della scienza, introdusse il concetto di cambiamento di paradigma, come causa principale delle svolte significative della scienza, con il riconoscimento di un modello procedurale o teorico di riferimento.

(3) Il meme, introdotto dall’etologo Richard Dawkins e non accolto universalmente dal mondo scientifico, è l’equivalente immateriale del gene, di cui condivide molte proprietà evolutive è una breve sequenza di segni, simboli, icone, che entra nel patrimonio “culturale” di una comunità, costituendone uno schema identitario, facilmente riconoscibile e riproducibile.

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