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Bruno Segre: “A destra nostalgici e gaglioffi, ma la Costituzione ci garantirà la libertà”

Tratto da La Repubblica, di Federica Cravero

Intervista con lo storico intellettuale e partigiano che festeggia i 104 anni

I fascisti gli spararono, un portasigarette di metallo gli salvò la vita, ma soffrì la carcerazione in via Asti. Era il 1944. Un’epoca fa. E certo non si augurava Bruno Segre, a 104 anni compiuti proprio ieri, di festeggiare il compleanno alla vigilia di elezioni in cui i venti della destra soffiano così forte. «Sono un po’ scettico a proposito di questa campagna elettorale», scuote la testa Segre che nella vita è stato partigiano, giornalista, avvocato e politico. L’età non ha fiaccato l’attività intellettuale: «Sto scrivendo un articolo sulla data del 20 settembre, perché io festeggio le ricorrenze laiche come la breccia di Porta Pia», ma confida di essere «un po’ stanco ultimamente, dopo aver preso il Covid a giugno. Però guido ancora, sa, e ho litigato un po’ con il sindaco Lo Russo perché non vuole rendere di nuovo percorribile alle auto il tratto di via Roma tra piazza San Carlo e piazza Castello e bisogna fare un giro…».

Con Appendino invece?
«Mi telefonava sempre per farmi gli auguri al compleanno. E io ho donato all’archivio della città la mia collezione di francobolli».
A proposito delle elezioni politiche, qual è il suo pensiero sul voto?
«Non c’è alcuna formazione convincente. Il Partito democratico è l’unione di comunisti e democristiani, sono quelli che hanno rappresentato il compromesso storico che è sempre stata la mia avversione perché sono due totalitarismi, la religione e il comunismo. Non vedo bene nessuno: neanche Calenda e nemmeno altri. Il carroccio è diretto da un disgraziato. Non parliamo della destra con la Meloni».
Parliamone, invece.
«Ci sono due categorie: i semplici nostalgici, come documentato dalla quantità di libri che continuano a essere pubblicati, e poi ci sono dei gaglioffi che credono che con la violenza si risolvano le cose. Invece la violenza non risolve mai nulla e le dittature finiscono tutte con la guerra e con il sangue».
Non è preoccupato?
«Un po’ sì, ma dobbiamo avere fiducia nella costituzione che a mio avviso è lo strumento e la garanzia che hanno gli italiani per una libertà universale e perenne. Certo bisogna educare i giovani e insegnare loro la storia, a scuola la si studia troppo poco. Invece la storia ammaestra sulle esperienze del passato ma è anche un arricchimento che nessuna dittatura può togliere».
Lei a chi darà il voto?
«Pensavo di votare come la volta scorsa per le comunali la sinistra di D’Orsi che comprende un gruppetto di vecchie formazioni. In ogni caso il problema è che oggi lo Stato non funziona bene, la giustizia è in crisi, ci sono iniquità e disuguaglianze, la burocrazia è implacabile. Mi spiace per Draghi, meritava la fiducia di tutti ma la realtà è che l’Italia è un Paese ingovernabile, con troppe differenze tra Nord e Sud».
È tempo di elezioni, ma anche di guerra: si aspettava di vedere di nuovo un conflitto in Europa?
«Maledetto Putin. Secondo me però la guerra non è in Ucraina, è tra Stati Uniti e Russia, due imperialismi che agiscono uno attraverso la Nato, uno attraverso la propaganda. L’Europa dovrebbe avere il coraggio di rinunciare alla Nato e mantenersi come terza potenza indipendente dai due blocchi, ma non ne ha le forze. Ma il segreto per mantenere la pace in Europa non passa dalla Nato».
Non un bel momento per festeggiare.
«Mi viene in mente Quant’è bella giovinezza… di doman non c’è certezza».
Ha una passione per gli aforismi, ne ha fatto anche un libro.
«Sì e dico che comunque stiano le cose oggi è una bella giornata. Come dicevano i Romani nunc est bibendum, è il momento di brindare. E farò anche una festa per il mio compleanno, mercoledì alle 18 nel cortile del Polo del 900 in via del Carmine».

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