24 Feb UNA SENTENZA RISCATTA I DIRITTI DI ATEI E AGNOSTICI
Dopo un iter travagliato che dal 2013 vede l’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti in causa con il Comune di Verona, con sentenza resa nota ieri, la seconda sezione della Corte d’Appello di Roma ha definitivamente condannato la città veneta al risarcimento di 50mila euro nei confronti dell’associazione, al pagamento integrale delle spese di giudizio, nonché alla immediata affissione dei manifesti a suo tempo censurati. Manifesti della campagna informativa circolata nel 2013 liberamente in tutto il resto d’Italia, “Viviamo bene senza D”: una grande immagine giallo-nera (i colori sociali Uaar) con la scritta Dio, la cui iniziale sbarrata da una X ricordava ai cittadini che “dieci milioni di italiani vivono bene senza D”. E che “quando sono discriminati, c’è l’Uaar al loro fianco”.
Messaggio censurato dall’allora giunta leghista di Flavio Tosi come “offensivo e potenzialmente lesivo di qualsivoglia religione”. Finalmente la Corte d’Appello – seguendo peraltro la Cassazione che si era già pronunciata nel 2020 annullando con rinvio la precedente sentenza – ritiene al contrario meritare “la tutela di cui all’articolo 19 della Costituzione accordata alla “libertà di coscienza”, in questo caso riferita alla “professione di un credo religioso negativo” (…) e alla prospettazione in senso positivo dell’esistenza senza Dio. Il messaggio contenuto nel manifesto merita altresì la tutela di cui all’articolo 21 della Costituzione, riguardante la libertà di manifestazione del pensiero”.
Discriminatoria quindi la condotta del Comune, che nell’immotivata e pretestuosa censura ha leso il “diritto di coloro che si riconoscono in tali valori, di professare il credo ateo e/o agnostico razionalista, del quale l’Uaar è portatore e garante” e che è pertanto tenuto a risarcire il danno non patrimoniale arrecato.
«Esprimo viva soddisfazione per questa sentenza – afferma Roberto Grendene, segretario Uaar – Sono state ribadite le nostre ragioni che denunciavano una conclamata discriminazione e una illiberale censura, tanto della libertà di espressione quanto della libertà di non credere. Censura poi ancor più grottesca a fronte dello spazio sempre invece concesso senza remora alcuna alla comunicazione religiosa anche negli spazi pubblici».
«Questa decisione – dichiara Adele Orioli, responsabile delle iniziative legali Uaar – seppur per merito dell’Uaar, va ben oltre la sua dimensione associativa, perché riguarda le singole individualità di tutti i non credenti italiani che possono finalmente e liberamente dire di essere “senza dio”. Ringraziamo inoltre per questa storica conclusione gli avvocati Fabio Corvaja e Francesca Leurini per la costanza e l’ineccepibile professionalità dimostrate».
Sorry, the comment form is closed at this time.