Mina Welby nella Mappa dei campioni

Tratto da salto.bz, di Ludovica Gaffuri 

La Federazione mondiale delle associazioni per il diritto a morire ha deciso di includere Mina Welby nella lista degli attivisti che nel mondo si battono per l’eutanasia

La Federazione mondiale delle associazioni per il diritto a morire ha deciso di nominare Mina Welby all’interno della Mappa dei campioni, un elenco internazionale di persone che, in tutto il mondo, si battono per il diritto all’eutanasia. SI tratta di un prestigioso riconoscimento da parte di una federazione che conta più di 50 associazioni, diffuse in 30 paesi. Fondata nel 1980, la Federazione, che rappresenta un importante network per le varie realtà locali, continua a promuovere incontri ed ad organizzare conferenze internazionali sull’argomento, mantenendo alta l’attenzione sul diritto all’eutanasia, anche attraverso il racconto degli attivisti.

Nella mappa infatti sono inclusi familiari, medici, volontari e sostenitori che portano avanti, attraverso le loro azioni, le istanze di coloro che desiderano scegliere di morire con dignità. Non sorprende quindi che, nella giornata del 2 novembre, data scelta nel 2008 per celebrare la giornata internazionale del diritto a morire, proprio Mina Welby sia stata scelta come testimone della battaglia per questo diritto. Nata a San Candido, in Val Pusteria, Mina Welby si trasferì presto a Roma dove conobbe il marito Piergiorgio Welby, morto nel 2006 grazie all’intervento del dottor Mario Riccio, il quale decise di accogliere la sua richiesta per una morte dignitosa. Piergiorgio Welby soffriva, infatti, di distrofia muscolare, una malattia degenerativa che lo aveva costretto, nel tempo, a perdere completamente la capacità motoria, fino al necessario uso di una macchina per respirare. La vicenda aveva coinvolto l’opinione pubblica italiana, accendendo i riflettori sui molti casi di malattia terminale o degenerativa e sulle complesse condizioni dei pazienti, costretti ad un’esistenza di sofferenze senza possibilità di miglioramento.

Per dare loro voce, Mina Welby, già attivista insieme al marito, ha deciso di continuare ed intensificare il suo operato dopo la morte di Piergiorgio, tenendo conferenze, raccogliendo firme, partecipando a manifestazioni ed esponendosi sempre in prima persona. Nel 2017 infatti rischiò dai 5 ai 12 anni di carcere, autodenunciandosi per aver accompagnato in Svizzera Davide Trentini, recatosi nel paese elvetico per ottenere il suicidio assistito e mettere fine alle atroci sofferenze provocategli dalla sclerosi multipla. Ancora oggi, da co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, Mina Welby continua a fornire supporto ai pazienti e a battersi per una legge che riconosca il diritto all’eutanasia. Il suo importante lavoro ha permesso di ottenere, ad inizio 2018, la legge 219 sulle disposizioni anticipate di trattamento e di riuscire a discutere, durante la scorsa legislatura, il disegno di legge sul suicidio medicalmente assistito, mentre in tutto il paese, insieme all’associazione Luca Coscioni, raccoglieva le firme per il referendum. L’ampia partecipazione alla raccolta ha dimostrato la necessità di un dibattito pubblico più maturo, che sappia accogliere posizioni più progressiste in materia di diritti: spetterà ora al legislatore farsene carico, ma, nonostante la nuova maggioranza si mostri poco attenta sul tema, potremo ancora contare sul costante operato di Mina Welby e sul suo straordinario impegno civile.

 

 

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