Migranti, 10 anni fa la strage di Lampedusa: “Basta morti invisibili”

Sull’isola la giornata del ricordo e del dolore. In un decennio 28mila vittime nel Mediterraneo

 

Il Silenzio nell’ora esatta della strage. E’ stato il suono delle trombe alle 3.15, davanti al memoriale ‘Nuova speranza’ in piazza Piave, a Lampedusa, ad aprire la giornata dedicata al ricordo delle vittime del naufragio del 3 ottobre 2013. Quella notte 368 migranti, uomini, donne e bambini, annegarono a poche miglia dalle coste dell’isola. “Nuotavamo tra i cadaveri”, ricorda oggi un superstite tornato sull’isola per rendere omaggio ai compagni di viaggio che non ce l’hanno fatta. “Mai più”, dissero i politici davanti alle centinaia di bare allineate nell’hangar dell’aeroporto. Una promessa smentita dai numeri. “A distanza di 10 anni abbiamo 28mila vittime in tutto il Mediterraneo, solo quest’anno oltre 2.093 nel Mediterraneo centrale”, dice Flavio di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim)

“La politica continua a raccontare come fosse un’emergenza un fenomeno strutturale”, aggiunge, snocciolando un dato: “Quest’anno sono arrivate 130mila persone. Numeri gestibili”. E mentre il sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, lancia l’ennesimo appello alla “politica italiana ed europea” perché “si mettano da parte le ideologie, i colori politici e si lavori insieme per arrivare a una soluzione condivisa il prima possibile. Non si può più aspettare”, la Germania annuncia una nuova stretta con controlli aggiuntivi alla frontiera con l’Austria e altri congiunti con Svizzera e Repubblica Ceca sul loro versante. Parole che rischiano di ampliare le tensioni con l’Italia dopo il capitolo ong e che vanno nella direzione diametralmente opposta a quella richiesta da attivisti e volontari che sul lembo più a sud d’Europa oggi si sono ritrovati per rinnovare la memoria.

 

“Basta morti invisibili”

“Basta morti invisibili” si leggeva nello striscione che ha aperto la marcia silenziosa verso la Porta d’Europa. “In questi 10 anni sono cambiate tante cose, a partire dal fatto che chi si muove è vittima di conflitti, cambiamenti climatici, disastri naturali – ha detto Chiara Cardoletti, rappresentante per l’Italia, la Santa Sede e San Marino dell’Unhcr -. Abbiamo 110 milioni di ‘migranti forzati’, persone che non hanno più una casa e si trovano a dover prendere una barca e venire a Lampedusa. Abbiamo una retorica molto più difficile da ascoltare, con un incitamento alla xenofobia. Abbiamo una Comunità europea che ancora oggi non ha messo in campo un’operazione soccorso in mare, un’Europa che non è in grado di finanziare progetti di sviluppo in Africa che facciano davvero la differenza”.

 

Canali legali e sicuri continuano a invocare le organizzazioni non governative. E davanti alla Porta d’Europa, simbolo dell’accoglienza a Lampedusa, stamani lo ha fatto anche il sindaco Mannino. “La vera sfida per l’Italia e per l’Europa deve essere quella di far sì che questi viaggi avvengano per scelta e non più per costrizione e per obbligo”. Intanto la più grande delle Pelagie continua ad accogliere. Lo fa anche nel decimo anniversario della strage. Dalla mezzanotte sono stati quattro gli sbarchi per un totale di 86 persone approdate. Numeri ben lontani dall’emergenza di qualche giorno fa quando in sole 24 ore sull’isola si registrarono 112 approdi con circa 7mila migranti. “Da più di 30 quest’isola continua a dare lezioni di umanità all’Italia, all’Europa e al mondo intero, mentre le Istituzioni continuano a guardarci senza che accada nulla, senza che si intervenga con una vera politica migratoria”, conclude Mannino. Nell’hotspot i cancelli si aprono ancora una volta, per accogliere gli ultimi 15 tunisini, tutti uomini, che su un barchino in legno di 6 metri hanno affrontato il mare.

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