10 Feb “DA CHE PARTE STIAMO” IL FEMMINISMO E I TEMI RAZZIALI E DI CLASSE
Tratto da Cultura al Femminile di Veronica Sicari
Di cosa parla Da che parte stiamo. La classe conta?
Da che parte stiamo. La classe conta rappresenta un ulteriore tassello per ricostruire l’interessante percorso di studi di Bell Hooks, intellettuale e teorica femminista afroamericana, autrice di testi quali Elogio del margine/ scrivere al buio e Il femminismo è per tutti.
Attenta osservatrice e pensatrice, bell hooks – pseudonimo di Gloria Jean Watkins – analizza la società nella quale ha vissuto attraverso la lente femminista.
Da che parte stiamo. La classe conta si inserisce nel solco del dibattito della cosiddetta quarta ondata femminista, ed in particolare in quella che viene definita corrente intersezionale, che analizza la triplice matrice della repressione patriarcale: sesso, razza e classe.
Se di marginalizzazioni in nome della razza bell hooks parla ampiamente nelle bellissime opere dedicate alla materia dell’insegnamento, in Da che parte stiamo. La classe conta, si focalizza sulle discriminazioni di classe.
Come in altri lavori, partendo della propria prospettiva personale, dalle proprie radici, dalla propria famiglia e secondo il collaudato metodo femminista del posizionamento da una parte, e della condivisione dall’altra, bell hooks propone la propria esperienza come punto di partenza per riflessioni di carattere generale.
Perché leggere Da che parte stiamo. La classe conta?
In una società capitalistica e consumistica quale quella nella quale viviamo, le discriminazioni di classe vengono sottovalutate, quanto addirittura taciute.
Lo spaventoso divario che la crisi economica prima, e pandemica poi, hanno creato è un argomento che fatica a diventare centrale nel dibattito pubblico.
Si parla di povertà, ma non di classe subalterna.
Si parla di percentuali di individui costretti a vivere al di sotto della soglia di povertà, e quasi mai delle cause di questo vero e proprio allarme sociale e democratico.
Non può esistere democrazia sintantoché non venga garantito il diritto fondamentale ad una vita dignitosa e alla sopravvivenza.
Discorrere di divario di classe si tradurrebbe, di fatto, nella necessaria messa in discussione del sistema economico vigente: la pervasività delle idee capitalistiche, la retorica del “se vuoi, puoi”, l’illusoria narrazione della possibilità per chiunque di accedere al successo a patto di sacrifici è alimentata dal capitalismo, che trasforma i cittadini in consumatori, ignorando il divario socio-economico di partenza di ognuno.
Sussiste, di fatto, confusione tra uguaglianza e parità, che genera frustrazione, trasformando le classi più fragili in perdenti, entità parassitaria ai danni di chi lavora, di chi possiede, di chi è riuscito a raggiungere l’agognato benessere.
Frustrazione che pervade anche le classi privilegiate, perennemente in allerta, sulla difensiva, timorose di venir derubate del frutto del proprio lavoro, dei propri sacrifici.
Si tratta di un vero e proprio cortocircuito sociale, che finisce per provocare diffidenza, avvelenando il dibattito pubblico, la stessa azione pubblica.
La solidarietà, valore primario che dovrebbe sorreggere le moderne democrazie, viene quotidianamente distorta.
Nella prefazione al saggio, bell hooks parla apertamente di “politica dell’avidità”, generata dal desiderio di ricchezza: quest’ultimo accomuna tutti, i ricchi ma anche i poveri.
Condividendo la propria storia personale di rivalsa, apparente incarnazione e realizzazione del sogno americano, di cittadina di classe subalterna che riesce ad oltrepassare le barriere del proprio ceto, accedendo ad una vita più agiata e a maggiori risorse economiche, bell hooks racconta i propri sforzi per rendere i propri principi pratica quotidiana.
Racconta le difficoltà di gestire nuove risorse economiche, il disagio di confrontarsi con chi continuava ad avere di meno. La preoccupazione che l’avidità che sentiva montare potesse alla fine guastare ciò che era, portandola a rinnegare le proprie radici.
Resistere e rimanere fedele a sé stessa ha richiesto un notevole sforzo di autodisciplina.
Scegliendo di raccontare la propria storia ed esperienza, bell hooks propone una strada, un’alternativa alla apparentemente ineluttabile retorica consumistica.
La cura e la condivisione di parte delle proprie ricchezze rappresenta per l’autrice un modo per superare la visione capitalistica dell’accumulazione, e per mitigare le disuguaglianze.
Una pratica, questa, realizzata con fatica, ma non per questo impossibile.
Per dirlo con le preziose parole dell’autrice:
“La solidarietà con i poveri è l’unico percorso che può ricondurre il nostro paese a una visione di comunità, in grado di sfidare ed eliminare davvero la violenza e lo sfruttamento. La solidarietà ci invita ad abbracciare un’etica della compassione e della condivisione che rinnovi lo spirito della gentilezza e della comunione, che ci sostenga e ci consenta di vivere in armonia con il mondo intero”.
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