LE CREPE FASCISTE DEL GOVERNO MELONI

Tratto da MicroMega di Teresa Simeone

“Patetici gli antifascisti – e giù risatine di sdegno – che blaterano sempre di ritorno del fascismo!”: è sicuramente la frase più utilizzata per deridere ogni tentativo di leggere alcuni segnali inquietanti che continuano ad arrivare “dal” e “nel” nostro Paese. Strettamente conseguente è la canea, con annessa umiliazione e delegittimazione intellettuale di chi cerca di porli all’attenzione pubblica: inutili le risposte che chiariscono come nessuno che abbia un po’ di raziocinio e di senso storico adombrerebbe il ritorno sic et sempliciter di un fenomeno che ha avuto una genesi, uno sviluppo e una fine. Non è questo, infatti, ciò che allerta, quanto il clima culturale che si sta creando nel veicolare modi di pensare e di agire che rimandano a pregiudizi, intolleranza, indifferenza a diritti e a libertà che dovrebbero essere acquisiti e che, invece, vengono sempre più spesso messi in discussione.

Questione fascismo

Che la memoria, con le interferenze delle notizie che agiscono su di essa quotidianamente, si faccia sempre più labile è un dato umano. Lo è talmente, volatile, che induce anche amnesie come quella che ha colto il condirettore di Libero, Pietro Senaldi, su La7, il 4 marzo scorso, quando ha risposto a Furfaro che la Costituzione l’hanno scritta anche i fascisti. Ora, d’accordo sul non richiamare sempre l’antifascismo ma arrivare a distorcere la storia in modo così sfrontato è un’offesa a chi, invece di sottomettersi agli ordini dei tedeschi e del governo fantoccio della RSI, scelse di non indossare la camicia nera mettendo in pericolo la propria vita. E tale abominio storico viene sostenuto nell’ottantesimo anniversario della nascita della Resistenza. Vabbè, qualche parola dal sen può fuggire, ma se ne fugge una del genere vuol dire che è pensiero, non lapsus linguae. Eppure conosciamo tutti cosa ha preceduto la nascita della nostra Costituzione. I padri e le madri costituenti uscivano da un ventennio di dittatura e da cinque anni di una guerra imperialista e distruttiva in cui Mussolini aveva sprofondato il Paese: si mossero, nello stilare tutti i suoi articoli, in direzione antitetica a quella che aveva portato ai campi di concentramento, alle leggi razziali, alla perdita di ogni libertà civile e politica; a quella che aveva decretato la morte di Giacomo Matteotti, Antonio Gramsci, Piero Gobetti, Giovanni Amendola, Carlo e Nello Rosselli, don Giovanni Minzoni, Leone Ginzsburg, Irma Bandiera e delle altre donne e degli altri uomini che si ribellarono; a quella che era stata collusa nelle stragi che insanguinarono il nostro paese: Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto, solo per indicare le più tristemente famose. Si mossero, cioè, in senso esattamente contrario al fascismo.
Il ripudio di quell’ideologia è l’anima della Costituzione della Repubblica democratica e la percorre in ogni suo articolo, oltre che fissarne il reato nella XII Disposizione transitoria e finale e ribadirlo con la successiva Legge Scelba del 1952 e la legge Mancino del 1993.

 

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