IRAN: TELECAMERE PER (RI)VELARE

Tratto da Luce di Marianna Grazi

Quando le pattuglie della polizia morale non sono in zona, dove i singoli cittadini fedeli al regime non bastano, ci pensano i video di sorveglianza. Le autorità iraniane, infatti, hanno iniziato ad installare telecamere nei luoghi pubblici per identificare le donne che violano l’obbligo di indossare il velo. Come riporta la Bbc, gli agenti e il governo promettono tolleranza zero verso chi non rispetta la legge che obbliga a coprirsi la testa. Una minaccia concreta, visto quello accaduto nei mesi scorsi, a partire dalla morte della 22enne curda Mahsa Amini.


Come primo avvertimento, dopo essere state identificate dagli apparecchi, le donne riceveranno un messaggio sulle conseguenze della violazione. Ad essere poste sotto il controllo della polizia anche le studentesse iraniane, costrette a indossare l’hijab per andare a scuola, mentre gli episodi di avvelenamento delle alunne del Paese si fanno sempre più preoccupanti e allarmano la comunità internazionale; l’ultimo parla di sessanta nuovi casi nella provincia del Khuzestan, l’ennesimo attacco all’istruzione femminile in un Paese che – come l’Afghanistan – vorrebbe relegare le donne a un mero ruolo casalingo e riproduttivo.
L’installazione delle telecamere dovrebbe aiutare a prevenire “la resistenza contro la legge sull’hijab”, spiegano le forze dell’ordine. Si tratta dell’ennesimo giro di vite contro chi non segue le regole: all’agenzia Irna la polizia precisa che “verranno inviati dei messaggi alle donne scoperte”, in quanto “apparire in pubblico senza velo offusca l’immagine spirituale della società e provoca insicurezza”. Gli agenti, inoltre, hanno invitato i proprietari delle imprese a monitorare e ad agire e questo potrebbe far aumentare gli episodi d’intolleranza, come quello delle due donne aggredite in un supermercato e poi arrestate.

Anche se il pericolo di finire in carcere – o peggio di rischiare la vita – è assolutamente concreto, sono tantissime le cittadine iraniane che hanno scelto di disobbedire al governo, togliendosi il velo e sfidando apertamente le autorità. A capo e volto scoperto si mostrano in molti luoghi pubblici dell’Iran e all’estero, per manifestare l’indignazione verso il trattamento che il regime riserva loro, in un’ondata di proteste a trazione femminile sorta a settembre per chiedere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Un movimento di protesta soffocato, però, nel sangue da Teheran.
La polizia ha descritto il velo come “uno dei fondamenti della civiltà della nazione iraniana” e ha esortato i proprietari di ristoranti e negozi a rispettare le regole attraverso “ispezioni diligenti” e gli attacchi pubblici alle cittadine senza velo non sono rari. Il capo della magistratura del Paese, Gholamhossein Mohseni-Ejei, tuttavia, ha avvertito che una diffusa repressione potrebbe non essere il modo migliore per incoraggiare le donne a seguire le regole. “I problemi culturali devono essere risolti con mezzi culturali… Se vogliamo risolvere tali problemi arrestando e imprigionando, i costi aumenteranno e non vedremo l’efficacia desiderata”, ha dichiarato.

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