IN IRAN SONO 13MILA LE STUDENTESSE AVVELENATE

Tratto da Huffpost

La richiesta al procuratore generale di Teheran dopo che da novembre 2022 più di 13mila studentesse sono state intossicate da sostanze gassose nelle loro scuole e ricoverate successivamente in ospedale.

Non si fermano gli avvelenamenti nei confronti delle studentesse in Iran, mentre non se ne conoscono ancora i responsabili. Amnesty International ha lanciato un appello globale al procuratore generale dell’Iran, Mohammad Jafar Montazeri, chiedendogli di avviare immediatamente indagini indipendenti e approfondite, con l’obiettivo di consegnare alla giustizia chiunque sia sospettato di essere responsabile delle intossicazioni.

Da novembre 2022 sono migliaia le studentesse – più di 13mila secondo i dati ufficiali – che sono state intossicate da sostanze gassose nelle loro scuole e ricoverate successivamente in ospedale. Tosse, difficoltà respiratorie, irritazione al naso e alla gola, palpitazioni, mal di testa, nausea, vomito e intorpidimento degli arti sono i sintomi più comuni dell’avvelenamento. Secondo i dati raccolti da Amnesty, sono state prese di mira più di 100 scuole, alcune più di una volta, per un totale di oltre 300 attacchi. Le studentesse intossicate, in diversi video pubblicati su Twitter, hanno raccontato che all’improvviso nelle loro classi si è avvertito un odore di candeggina e che poi gradualmente la maggior parte di loro si è sentita male. Le giovani hanno raccontato di aver provato una forte di mancanza di respiro, intorpidimento, dolore alle gambe e difficoltà a camminare.

Il governo della Repubblica islamica continua ad affermare che “non ci sono prove concrete che le studentesse siano state avvelenate” e che “più del 90% dei problemi di salute è causato da stress o è stato inventato”. Ma Amnesty International ha fatto sapere di aver ricevuto informazioni da fonti informate su un protocollo del ministero della Salute che ordina al personale medico di attribuire i sintomi causati dagli attacchi di gas a problemi di “stress”. A marzo il governo iraniano ha annunciato di avere arrestato oltre 100 persone in tutto il Paese per l’avvelenamento, accusando i presunti autori non identificati di avere legami con gruppi “ostili”. A metà aprile invece sono state arrestate tre alunne minorenni ritenute responsabili delle intossicazioni nelle scuole a Shiraz, nel centro-sud dell’Iran. Secondo l’opposizione al governo teocratico però, dietro questi gravissimi atti criminali, vi sarebbe “chiaramente la mano del regime che avrebbe incaricato gruppi di estremisti religiosi di mettere in atto tali azioni terroristiche nei confronti delle studentesse che si oppongono all’obbligo dell’hijab, per escluderle dalle scuole”.

Nel febbraio 2023 giornalisti indipendenti fuori dell’Iran hanno riportato la storia di una bambina di 11 anni morta dopo essere stata avvelenata nella sua scuola a Qom, ma le autorità hanno smentito la notizia. Anche i genitori della bambina hanno fatto riferimento a malattie pregresse, ma resta il dubbio, secondo Amnesty, “che abbiano subito pressioni per confermare la narrazione ufficiale”. I genitori delle studentesse avvelenate, che in questi mesi hanno protestato quotidianamente davanti alla Direzione generale dell’Istruzione in centinaia di città, hanno raccontato agli organi d’informazione iraniani che “le autorità si rifiutano di fornire i risultati delle analisi tossicologiche”. La Repubblica islamica vuole il loro silenzio. Come si legge nel rapporto di Amnesty, sono circolati dei video che mostrano agenti delle forze di sicurezza in borghese e in uniforme che attaccano violentemente la madre di una vittima, fuori da una scuola di Teheran. Il 15 aprile a Shahin Shahr nella provincia di Esfahan, le forze di sicurezza hanno sparato gas lacrimogeni contro genitori, insegnanti e loro sostenitori che si erano radunati davanti all’edificio del dipartimento dell’Istruzione della città per protestare contro gli avvelenamenti.

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