Integralisti

Gli integralisti cattolici alla crociata antilaica

I gruppi ultracattolici da anni promuovono un’agenda integralista e confessionale, tra propaganda familista, lotta all’aborto e contrasto alla presunta “ideologia gender”. Contano sul supporto silenzioso della Chiesa cattolica. E con l’attuale governo, ostile a laicità e diritti civili, trovano un’ampia sponda in politica e nelle istituzioni. Valentino Salvatore affronta il tema sul numero 3/23 di Nessun Dogma

 

Tratto da AgoraVox, articolo di Valentino Salvatore

 

L’Italia vanta una forte tradizione cattolica, ma negli ultimi decenni si affaccia la secolarizzazione. Se le gerarchie cattoliche perdono autorevolezza, una schiera di “laici” (nel senso di non tonacati) si getta in prima linea per contrastare laicità e diritti. Questo rinnovato protagonismo cattolico apre diversi fronti. La lotta contro aborto e contraccezione, l’esaltazione di famiglia tradizionale e natalismo, con scenari apocalittici che paventano estinzione italica e sostituzione etnica. Il no a eutanasia e suicidio assistito perché la vita è un “dono” che non si può rifiutare.

La criminalizzazione della gestazione per altri bollata sempre come “schiavitù”. Il contrasto alla presunta “ideologia gender”, che vorrebbe scardinare famiglia e sessualità, e alle proposte per educazione sessuale o programmi contro l’omofobia nelle scuole, accusati di indottrinare i minori. L’ostilità al riconoscimento di diritti per le persone Lgbt+ (come il matrimonio).

Questo variegato mondo di associazionismo, militanza, intellettuali, che l’accademia definisce “neocattolico”, emerge nel nuovo millennio anche come risposta allo scompaginamento politico. In Italia il crollo della prima repubblica apre nuovi scenari: si sfalda la Democrazia cristiana da decenni punto di riferimento dei cattolici, crollano il comunismo e le ideologie. I movimenti si ritagliano un’autonomia rispetto al dirigismo ecclesiale, come quello del presidente della Cei e cardinale Camillo Ruini. Talvolta sono in cortese divergenza con le posizioni abbottonate dei prelati, seppure ne condividano i milieu (come Opus dei o Comunione e liberazione).

Complici ideologia unificante, risorse, organizzazione e uso dinamico dei social, influenzano le forze politiche e guadagnano spazio nella società civile. Scemata la diretta ingerenza vaticana, dopo l’epoca di Ratzinger, i gruppi neocattolici fanno da apripista alla riconquista della sfera pubblica. I cavalli di battaglia, apparentemente laici per allargare la base di consenso, diventano slogan come “ideologia gender”, “difesa della vita”, “libertà religiosa”, “libertà scolastica”. Le iniziative, talvolta plateali, sono tante: petizioni che lanciano l’allarme contro discriminazioni e censure, manifesti calibrati per fare polemica, pamphlet contro le derive della modernità.

Questi “laici” hanno un margine di manovra più ampio rispetto al compassato alto clero, che apparentemente non si immischia nelle faccende terrene e si riposiziona più conciliante nel sociale. I fedeli militanti si sporcano le mani, entrano nell’agone politico e nelle diatribe su stampa e web, con il discreto supporto esterno o il silenzio assenso della chiesa cattolica (o qualche buffetto quando esagerano).

Ma l’antitesi è apparente: i neocattolici citano puntigliosamente il papa – persino il “rivoluzionario” Francesco – per darsi una solida base ideologica e dottrinale. Sono tante le uscite papali contro il “gender” (definito «colonizzazione ideologica»), l’aborto (che è come ingaggiare un «sicario»), l’autodeterminazione sul fine vita (viziata dalla «cultura dello scarto»), le famiglie Lgbt+ e la gestazione per altri, rilanciate dalle ossequiose lobby cattoliche.

In questi ambienti si intrecciano diverse figure e associazioni. Il giornalista, ex deputato Pd, fondatore del Popolo della Famiglia e scrittore Mario Adinolfi è tra gli animatori del Family Day nel periodo in cui si batte contro la legge della senatrice Monica Cirinnà per le unioni civili tra persone dello stesso sesso, approvata nel 2016. In Francia nel 2012 nasce la Manif pour tous, che si oppone alla legge sul matrimonio gay firmata da Christiane Taubira.

In Italia la timida norma contro l’omofobia proposta nel 2014 da Ivan Scalfarotto genera la reazione delle “sentinelle in piedi”, che si riuniscono nelle piazze in silenzio per denunciare un presunto attentato alla libertà di espressione. Si ispirano ai Veilleurs debout francesi, vicini alla Manif che viene trapiantata in Italia da ambienti neocatecumenali, rinominandosi nel 2015 Generazione Famiglia e attiva contro le unioni civili.

L’opposizione a una legge contro l’omofobia è una linea rossa: dopo aspre polemiche e ostruzionismo pure il disegno di legge del deputato Pd Alessandro Zan naufraga in Senato nel 2021. L’avvocato Gianfranco Amato, già segretario del Popolo della Famiglia, è nei Giuristi per la vita, nel comitato Difendiamo i nostri figli e in Scienza & Vita. Questa organizzazione, durante il referendum del 2005, difende la legge 40 sulla procreazione assistita come voluta dai vescovi.

Amato vanta collaborazioni con l’Alliance Defending Freedom (già Alliance Defense Fund), altra lobby giuridica nata negli Usa e sbarcata in Europa per difendere i cristiani dalle discriminazioni e orientare istituzioni nazionali e comunitarie. Amato è vicino anche alla Fondazione Novae Terrae, altro hub cattolico che fa capo a Luca Volontè, già politico dell’Udc ed europarlamentare noto per le posizioni integraliste.

E per una passata bufera giudiziaria: sui conti della fondazione sarebbero transitati soldi da lobbisti russi e azeri dal 2012. Secondo l’accusa, per ammorbidire il Consiglio d’Europa sul caso dei prigionieri politici in Azerbaigian. La fondazione avrebbe poi foraggiato campagne contro divorzio, aborto, matrimoni gay.

Volontè dopo la condanna in primo grado è assolto dal reato di riciclaggio, mentre l’imputazione per corruzione internazionale è prescritta. Figura nel board di CitizenGo, un portale per petizioni e attivismo digitale nato in Spagna, infarcito di raccolte di firme contro diritti civili e laicità che trovano ampia diffusione in ambienti parrocchiali. È la mutazione di HazteOir (alla lettera «fatti sentire»), organizzazione spagnola della destra anti “gender” nata nel 2001 e nota per i bus con slogan criticati per omofobia.

Il caso di Novae Terrae porta alla luce un flusso di finanziamenti che, come ricostruisce L’Espresso, nutrirebbe le lobby integraliste. Anche decine di milioni di euro da gruppi fondamentalisti statunitensi vicini a Donald Trump inondano l’Europa, riporta openDemocracy, per foraggiare campagne per la famiglia e contro i diritti civili.

Lo stile americano si fa strada nel vecchio continente: basti citare l’antiabortista European Center for Law and Justice emanazione dell’American Center for Law & Justice, organizzazione conservatrice del telepredicatore evangelico Pat Robertson. Il connubio internazionale culmina nel Congresso mondiale delle famiglie ospitato a Verona nel 2019: partecipano esponenti del governo passato (e non solo, c’è pure Giorgia Meloni prima dell’investitura), oligarchi e prelati russi ortodossi e vip del lobbismo cristiano italico ed estero.

In quei giorni si celebra la fusione tra Generazione Famiglia e Pro Vita, altra onlus anti-abortista che ha tra i leader Toni Brandi: nasce Pro Vita & Famiglia, una delle più rumorose realtà integraliste nostrane. Passa nella fondazione di Volontè pure l’avvocato neocatecumenale Simone Pillon, senatore leghista dal 2018 al 2022 e tra gli organizzatori di alcuni Family Day.

L’ex ideologo di Trump e alfiere dell’alt-right Steve Bannon, in tutto questo, vuole aprire una scuola sovranista nella certosa di Trisulti. La struttura, fino alla revoca da parte del ministero della cultura nel 2019, è gestita dall’ultracattolico Dignitatis Humanae Institute di Benjamin Harnwell (con ex presidente pure Volontè).

Con l’infognarsi di Putin nella guerra in Ucraina, la destra integralista si sgancia dal Cremlino e dai personaggi più compromessi. Mentre in Polonia, paese capofila del conservatorismo europeo, guadagna influenza l’organizzazione cattolica Ordo Iuris, fondata nel 2013. La sua agenda si sposa con quella del partito al governo Diritto e giustizia, ispirando le politiche omofobe delle municipalità “lgbt free” e la legge contro l’aborto.

Non mancano rimescolamenti di equilibri nel fronte ultracattolico, sebbene gli obiettivi siano simili. Proprio nel 2022 ad esempio si scioglie il comitato della Marcia per la vita. Lo storico corteo riunisce ogni anno integralisti no-choice e gruppi di estrema destra come Forza Nuova, che guadagnano visibilità con qualche imbarazzo dei militanti più abbottonati.

Dalle ceneri della marcia nasce ScegliAmo la vita, che stempera l’ossessione feticista per i feti e preferisce la retorica natalista, in sintonia con le politiche popolazioniste del governo Meloni. Conta tra gli altri il medico Massimo Gandolfini e Maria Rachele Ruiu, candidata (non eletta in Parlamento) con Fratelli d’Italia ed esponente di Pro Vita che si afferma dopo lo sbiadimento di Pillon. Con l’esecutivo di Giorgia Meloni, figure del clericalismo nostrano trovano una solida sponda: se il coinvolgimento nelle forze politiche è meno diretto, si ritagliano comunque spazio nel sottobosco politico come consulenti e affini, contribuendo a foggiare l’agenda identitaria della maggioranza di centrodestra desiderosa di riconquistare una egemonia culturale.

Uno degli ultimissimi bersagli di queste organizzazioni, nel solco della crociata anti-gender, è la carriera alias. Diverse scuole e università prevedono la possibilità, per le persone transgender, di utilizzare per la sola burocrazia interna un nome che corrisponda alla propria identità di genere, anche se differente da quello anagrafico. Questo non piace agli integralisti: Pro Vita diffida 150 scuole e persino due consiglieri municipali di Fratelli d’Italia prendono di mira il liceo Marco Polo di Venezia.

La contiguità tra certi ambienti politici di destra di lotta e di governo e i militanti ultracattolici è evidente, come dimostrano anni di mobilitazioni fianco a fianco. La ministra della famiglia Eugenia Roccella, ex femminista ex radicale riconvertita a una sorta di “femmi-mammismo” antiabortista e anti “gender”, già nel 2007 è portavoce del Family Day contro i Dico, il moderatissimo progetto per il riconoscimento delle convivenze concepito dal governo Prodi II.

Proprio quella blanda proposta ricompatta il mondo cattolico integralista e porta all’organizzazione del primo Family Day, che ha tra gli esponenti anche Gandolfini. Proprio Roccella, da ministra, riceve Gandolfini e rinnova l’ottima intesa. Il neurologo viene chiamato dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano come consulente per le politiche antidroga del governo. Mantovano è tra i fondatori del Centro studi Livatino: un gruppo di giuristi cattolici attivo contro i diritti civili nato nel 2015 in memoria del giudice Rosario Livatino, magistrato devoto ucciso dalla mafia e proclamato beato.

Anche sotto papa Francesco la Chiesa ha un rapporto ambiguo con i gruppi integralisti. Da una parte li legittima, fornisce loro l’armamentario ideologico (e il supporto logistico). Sempre però mantenendo le distanze, preferendo un’immagine discreta. Tanto a portare avanti l’agenda per clericalizzare lo spazio pubblico e istituzionale ci pensano i nuovi crociati.

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