Come si diventa italiani? Il folklore sovranista sullo Ius Scholae

Tratto da Eco Internazionale. di Daniele Monteleone

Il certificato di italianità va guadagnato e meritato superando delle “prove di cittadinanza” che secondo gli infiniti emendamenti dei sovranisti allo Ius Scholae vanno dalle sagre al presepe. 

Calendarizzata per il mese di luglio, la discussione alla Camera dello Ius Scholae, la proposta di modifica dell’ottenimento della cittadinanza italiana, rischia un pesante slittamento sia a causa di una – tanto per cambiare – crisi di governo estiva, sia per la sistematica operazione di ostruzionismo compiuta dai partiti della destra capaci di sfornare centinaia e centinaia di emendamenti per rallentarne il percorso parlamentare.

Il marchio di italianità è divenuto così uno dei temi caldi dell’estate italiana (già attraversata da altri temi decisamente “scottanti”), un’estate in cui si sarebbe potuto riconoscere la cittadinanza a un numero di bambini stranieri che si aggira fra i 300mila e il mezzo milione.

I 651 emendamenti di Lega e Fratelli d’Italia alla proposta dello Ius Scholae (originariamente un testo contenente contributi provenienti da Partito Democratico, Forza Italia e adesso anche Movimento 5 Stelle) sono stati per la stragrande maggioranza “innocui”, ovvero di natura formale, legati alla struttura dei periodi, alle scelte lessicali e grammaticali, e che quindi non vanno a intaccare la sostanza della proposta di legge.

È però l’altra parte degli emendamenti – se esiste ancora la responsabilità delle proprie dichiarazioni politiche – a dipingere un quadro molto più articolato e fantasioso di cosa significhi il marchio di italianità sul petto di bambini e adulti, secondo la destra italiana.

Usi e costumi di duemila anni di (quale?) storia

In particolare, secondo i deputati leghisti, il ragazzo o la ragazza che chiede la cittadinanza italiana dovrebbe superare una serie di prove orali o scritte per dimostrare la conoscenza della lingua, della cultura generale, dell’educazione civica, di elementi di diritto costituzionale – ma con test a risposta multipla – e degli «usi e costumi dagli antichi romani a oggi».

“Il punto” di Giovanni De Mauro su L’Essenziale recita, senza giri di parole: «Se non ci fosse in gioco il futuro di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi, ci sarebbe quasi da ridere, e da chiedere ai parlamentari della Lega di fare loro queste prove per vedere come se la cavano».

Premesso che conoscere gli usi e i costumi presenti dall’Antica Roma al mondo odierno non vuol dire assolutamente niente – non solo perché l’Impero romano era abitato da una moltitudine di culture ma anche perché le persone che hanno abitato e abitano l’Europa, l’Africa settentrionale e il Medio Oriente non erano e non sono diverse da tutte le altre nel mondo – va detto come la Lega abbia al suo interno ancora (quasi) tutti gli stessi esponenti politici che urlavano «Roma ladrona» mentre celebravano una delle feste dei popoli padani svuotando un’ampolla contenente l’acqua del fiume Po. Una mitologia durata appena vent’anni e che, speriamo, non rientri fra gli usi e costumi dai Romani a oggi che vanno imparati necessariamente per diventare dei veri italiani.

L’importanza del presepe nello Ius Scholae

Su La Stampa Francesco Moscatelli riporta, tra gli attestati di italianità secondo il capogruppo della Lega On. Igor Iezzi, la «perfetta conoscenza delle tradizioni popolari più rinomate» oltre che un «test scritto sul presepe nel nostro Paese». Qui sarebbe possibile soffermarsi sulla laicità dello Stato italiano, sulla libertà confessionale e su tutti quei principi che dovrebbero essere inviolabili in una repubblica democratica in cui non vige né partito unico né religione unica, ma constateremo semplicemente che i tempi del «Cuore immacolato di Maria» non sono mai passati, anche laddove è necessario trovare proposte concrete per la soluzione del conflitto in Ucraina.

Nella proposta fatta dal gruppo politico “Intitàde e Democrazia” – di cui fanno parte i principali partiti sovranisti europei, anche la Lega di Matteo Salvini – infatti, al Parlamento Europeo, si raccomanda la pace tra la Russia e l’Ucraina “al Cuore immacolato di Maria”. È quanto si legge in un emendamento – che andava incontro a una bocciatura – su una risoluzione che si occupava della “necessità di un piano di azione urgente dell’Ue per garantire la sicurezza alimentare alla luce dell’invasione dell’Ucraina da parte russa”.

Che si sia trattato di una provocazione sovranista o di una reale raccomandazione alla Madonna, questa iniziativa, ripensando alla conoscenza necessaria del presepe per ottenere la cittadinanza italiana, desta una serie di perplessità.

La sagra della cittadinanza

E come dimenticare la «prova orale sulle sagre tipiche italiane»? È uno degli emendamenti allo Ius Scholae che hanno fatto più scalpore e che sono stati riportati maggiormente dalla stampa italiana: d’altronde «le sagre non sono meno importanti della Scala di Milano». Lo afferma il capogruppo leghista Iezzi che, inoltre, confessa che si tratta di emendamenti «provocatori e ostruzionistici» – avvalorando la tesi dello sbriciolamento della responsabilità delle dichiarazioni politiche sull’altare delle bandierine elettorali – e anzi, a suo avviso, lo Ius Scholae è un provvedimento «inutile e dannoso».

La logica dell’ostruzionismo e delle proposte resta dentro la sfera di una cittadinanza da “meritare”. Diventi italiano non perché sei nato e cresciuto in questo Paese, perché hai qui tutta la tua vita o la tua istruzione scolastica, ma solo se te lo sei guadagnato. Più o meno quello che accade quando Quirinale o Viminale premiano qualche cittadino extracomunitario con la cittadinanza quando salvano la vita a un italiano – magari rischiando la propria, cosa che aumenta il tasso di italianità – o perché si tratta di una qualche promessa dello sport.

Ius Scholae, da merito ad automatismo

Il passo che vuole compiere in maniera netta lo Ius Scholae è proprio quello da “processo di merito” ad automatismo – processo al quale dichiara di allinearsi Giorgia Meloni affermando però che sia necessaria sì la scuola dell’obbligo ma anche i diciotto anni d’età, restando sostanzialmente allo stato di cose vigente – per cui se arrivi in Italia in tenera età, ci costruisci il tuo mondo culturale e valoriale, passando anni di vita sociale e integrazione con gli altri a scuola, devi poter accedere alla cittadinanza invece di attendere anni e anni di difficoltà e problematiche connesse dopo la maggiore età.

Ragionando per assurdo e contro ogni avanguardia giuridica, se esiste un merito per essere italiani, dev’essere possibile anche il contrario, ovvero togliere la cittadinanza a chi disprezza la vita, la comunità e la democrazia. Ma risulta evidente che la maggior parte di noi non merita la cittadinanza italiana, stando agli originali emendamenti allo Ius Scholae; santi, sagre e antiche usanze ariano-europee farebbero di noi esaminandi dei ripetenti cronici, degli orfani del Tricolore senza speranza.

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