Mollicone sbatte sui migranti, mentre al Louvre il dramma diventa arte

Tratto da Huffpost, di Aldo Premoli 

Il presidente della Commissione cultura di Montecitorio esterna in modo grossolano. In contrasto con le iniziative di due tra i più noti hub al mondo: il museo di Parigi e la Fondation Beyeler a Basilea

Federico Mollicone, assurto agli onori delle cronache per la sua comica esternazione “in difesa della famiglia” nei confronti del cartone animato Peppa Pig è ora addirittura divenuto presidente della Commissione Cultura della Camera. Fedele al suo mentore Giorgia Meloni in questa nuova veste ha immediatamente colto l’occasione per esternare contro migranti e ONG.

Durante la trasmissione su La7 L’aria che tira ha dichiarato che: “strumentalizzare gli immigrati come scudi umani è un atteggiamento indecente ed è fatto per sostenere questo circuito delle Ong, che di fatto è anche economico (…)”. Tutto questo mentre il nuovo governo italiano ingaggiava un malgestito scontro diplomatico con le autorità francesi sulla questione legata al possibile approdo di Ocean Viking con 230 migranti a bordo.

Impossibile non chiedersi perché Mollicone sia andato a sbattere immediatamente sulla questione migranti quando il ruolo della cultura da sempre è quello di creare ponti anziché innalzare barriere. Da tempo non si assisteva a un gesto così grossolano da parte di un decisore a capo di un’istituzione culturale.

Quel che accade altrove è presto detto. Significative sono le recentissime iniziative di due tra i più noti hub culturali al mondo, il Louvre a Parigi e la Fondation Beyeler a Basilea.

Nella cittadina svizzera all’interno dell’edificio costruito da Renzo Piano per contenere la stupefacente collezione d’arte dei coniugi Beyeler, l’artista colombiana Doris Salcesco ha installato Palimpsest. Nella sala più grande del museo sono posate 66 lastre di pietra sulle quali si leggono 171 nomi di profughi e migranti in viaggio dal Nord Africa, dal Medio Oriente, da Iraq, Afghanistan e Siria annegati nelle acque del Mediterraneo e dell’Atlantico.

Il titolo del progetto rimanda alla parola di origine greca “palinsesto”, che indica un manoscritto da cui più volte il testo è stato raschiato o lavato per essere sovrascritto con uno nuovo. Anche nelle lastre posate da Salcedo solo in parte le tracce della scrittura inferiore sono rimaste visibili sotto quella superiore. I nomi di coloro che sono scomparsi durante un flusso migratorio anteriore al 2010 sono tinti di sabbia fine; quelli di coloro che sono deceduti dopo il 2011 e il 2016 affiorano invece tracciati da gocce d’acqua distillata che sgorga e si ritrae in un circolo continuo di iscrizione e cancellazione.

In uno spazio che si presenta di primo acchito vuoto e percorribile questo sottile e ingegnoso lavoro è un duplice omaggio: a coloro che sono scomparsi e al dolore dei vivi loro legati. Nell’insieme l’opera affronta il tema dell’incapacità di elaborare il lutto collettivo in società inclini a dimenticare, dove ogni nuova tragedia rimuove la coscienza della precedente.

A Parigi invece al centro della struttura piramidale edificata da  Ieoh Ming Pei  nel cortile di quello che è forse il più celebrato museo al mondo sorge dallo scorso ottobre Le pilier des migrants disparu (Il pilastro dei migranti scomparsi) del camerunense Barthélémy Toguo. L’installazione si sviluppa in verticale, dal basso verso la punta della piramide e si compone di numerosi sacchi, rivestiti con colorati tessuti tipici africani. È con ogni evidenza un monumento alla memoria dei migranti che abbandonano il luogo dove sono nati con quel che resta di affetti, e ricordi racchiusi in un sacco. Questi sacchi posti uno sull’altro fanno pensare alla massa di esseri umani che si accalcano alle frontiere spesso senza nessuna possibilità di raggiugere le mete sognate. L’autore dell’installazione lo scorso anno è stato nominato dall’Unesco “Artista per la pace”. Con la sua arte Barthélémy Toguo incoraggia il dialogo tra il Nord e il Sud del mondo.

I lavori di Toguo e Salcesco sono perfettamente in linea con il pensiero del più importante filosofo francese contemporaneo: Bruno Latour spiega benissimo come “Non bisogna pensare i termini di identità, ma di sovrapposizione per entrare nell’etologia dei viventi” (Dove sono? Lezioni di filosofia per un pianeta che cambia).

A fronte di quanto accade altrove – eppure vicinissimo a noi – un’ultima considerazione è d’obbligo. Decriptare i segnali giunti nelle ultime settimane dai nuovi responsabili di istituzioni così importanti come quelle rette da Mollicone significa trovarsi di fronte a due possibili interpretazioni: si tratta di malanimo politico-elettorale o di una schietta incapacità di intendere la complessità dei fenomeni internazionali in atto. Al di là di ogni considerazione morale non è affatto detto che la seconda opzione sia meno inquietante della prima.

 

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