29 Mar Un passo indietro
Tratto da La Repubblica, articolo di Linda Laura Sabbadini
Un colpo di spugna sulla riforma della non autosufficienza. Una sberla contro gli anziani non autosufficienti. Perché sempre i più vulnerabili devono essere colpiti? Perché gli anziani che hanno bisogno di aiuto in questo Paese non possono aver diritto a fruire, in base ai loro bisogni di assistenza, di servizi personalizzati come la legge Delega prevedeva? Perché la Germania lo ha fatto nel 1975, la Francia nel 2002, la Spagna nel 2006 e noi non riusciamo a farlo neanche nel 2024? Il Governo Draghi aveva disegnato una riforma dell’assistenza e l’aveva inserita nel Pnrr. Una Commissione guidata da Livia Turco aveva lavorato alla sua stesura e la società civile si era molto spesa, attraverso il “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”. Il Parlamento non aveva fatto in tempo ad approvarla, dato il sopravvenire della crisi di governo. Ma nel marzo 2023 il nuovo Parlamento ha varato con alcune modifiche al testo, la Legge 33/2023 sulla non autosufficienza, rinviando ad un decreto attuativo uscito pochi giorni fa in Gazzetta.
Una legge importante, innovativa, per la continuità dell’assistenza, con una impostazione nuova, che voleva sburocratizzare, costruire un unico punto di accesso per gli anziani ai servizi, puntare alla valutazione multidimensionale dei bisogni, a una vera e propria riforma della domiciliarità con progetti personalizzati, in un’ottica di integrazione sociosanitaria e welfare di prossimità e di comunità. Un Decreto attuativo che cosa dovrebbe fare? Rendere operativa la legge, garantirne la sua attuazione sia in termini finanziari che di meccanismi attuativi. E invece no. Questo decreto legislativo rimanda ad una infinità di Decreti di ministeri, da quello dello Sport, a quello del Lavoro e politiche sociali, a quello delle Infrastrutture e chi più ne ha più ne metta. Prima si fa propaganda, varando le leggi, poi non si va avanti con il decreto attuativo, non le si finanzia e si lascia tutto sulla carta e così la legge si trasforma in una lunga serie di petizioni di principio, importanti per carità, ma non attuabili.
La domiciliarità delle cure e dell’assistenza, elemento fondamentale per lo sviluppo della qualità della vita delle persone non autosufficienti, rimane sostanzialmente quella che è attualmente. L’housing sociale, così importante, accoglie nuove definizioni, ma non si attiva nessun meccanismo per attuarlo. E soprattutto non si garantisce la vera integrazione dell’assistenza sociale e sanitaria. Fin dall’inizio era chiaro che si dovesse mettere mano all’indennità di accompagnamento, misura che non è mai stata toccata da quando è stata istituita. Si doveva istituire un Fondo per la prestazione universale da utilizzare in base ai bisogni delle persone, graduandolo a questi nell’ottica di più servizi e meno trasferimenti monetari. Questo sparisce e rimane la sperimentazione per il 2025/2026 di questa prestazione universale con criteri molto limitativi, non previsti nella Legge Delega. Si introduce un limite di età di 80 anni e di reddito Isee di 6000 euro che prima non esistevano. In più le persone devono avere bisogni assistenziali gravissimi.E i fondi? Si diminuisce del 20% il fondo dedicato alla povertà e esclusione sociale, già ridimensionato con la riduzione della platea prima raggiunta dal reddito di cittadinanza, e 75 milioni dal fondo della non autosufficienza. Il gioco delle tre carte.
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