LE MANI DEL GOVERNO SULLA NATALITÀ

nonmollare quindicinale post azionista | 132 | 03 luglio 2023

Di Marella Narmucci

 

Fin dall’inizio del suo insediamento la Presidente Meloni e il suo “Governo appendice” si sono fatti convinti sostenitori di una battaglia ideologica e populista: incrementare la natalità in Italia con la nascita di piccoli nuovi nazionalisti. A conferma di ciò, ad aprile a Rho, all’inaugurazione del Salone del Mobile, illuminante per comprendere la sua vocazione populista e reazionaria è stata la sua soluzione per risolvere la carenza di personale nel settore della ristorazione ed alberghiero: «il modo sul quale lavora il governo non è risolverlo coi migranti, ma risolverlo con quella grande riserva inutilizzata che è il lavoro femminile». Evvai allora a disoccupate laureate e con master presto impiegate nella pattuglia di professioni lì più richieste: camerieri, barman, addetti alle pulizie, cameriere ai piani, addetti alla reception, pizzaioli, pasticcieri, cuochi, lavapiatti e tanto altro ancora! E così il Governo con soddisfazione potrebbe gongolare per un ulteriore incremento di quel lieve aumento nelle assunzioni delle donne che secondo ISTAT si è verificato ad Aprile 2023 (0,3 punti su marzo e una crescita di 1,4 punti su aprile 2022, contro lo 0,6 punti per gli uomini), ma che si è tradotto principalmente nei cosiddetti contratti deboli, atipici, temporanei, part-time involontari o, quelli non tracciabili in nero. Assolutamente inutili per rendersi indipendenti e mettere su famiglia. Al Click Day del Decreto Flussi del 27 marzo scorso gli 82.705 posti messi a disposizione dal Governo per l’ingresso di lavoratori e lavoratrici stranieri nel nostro Paese si sono esauriti nel giro di poche ore e circa due terzi delle domande inviate dai datori di lavoro (240.000) sono dunque rimaste escluse. Alla convinzione del Governo Meloni che i lavoratori migranti siano sostituibili da donne italiane disoccupate è bene rispondere ricordando anche quanto riportato dal Bollettino mensile del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, secondo cui in assoluto le professioni più richieste sono gli addetti nelle attività di ristorazione (83.030 assunzioni solo per il mese di maggio), il personale non qualificato nei servizi di pulizia (42.780), gli addetti alle vendite (37.290) e i conduttori di veicoli a motori (20.930). Temo che questi inquadramenti lavorativi non corrispondano alle aspettative della moltitudine di donne disoccupate che aspirano a una ben più diversa collocazione, dopo anni di studio e il conseguimento di una specifica professionalità. Quindi con buona pace del Governo attuale i migranti molto cinicamente “servono”. E sono soprattutto indispensabili per l’Italia – afflitta da una delle popolazioni tra le più anziane del mondo, bassi tassi di natalità e occupazione – per sostenere economia, welfare e sviluppo e crescita del Paese. Come emerge dagli indicatori dell’Istat relativi al 2022, la natalità in Italia è al minimo storico con 393mila nascite, meno di 7 neonati per 1.000 abitanti e una popolazione sempre più vecchia: i nuovi nati sono circa 550 mila in meno degli attuali 50enni, 350 mila in meno dei 65enni, 100 mila in meno degli 80enni. Ad accorgersene è addirittura il Ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti che ha licenziato il documento di programmazione economica del governo, il Def, nel quale nella simulazione contenuta si calcola che, se il numero dei migranti che lavorano in Italia aumentasse di un terzo rispetto alle cifre attuali, entro il 2070 il debito pubblico potrebbe diminuire di oltre il 30% in più. L’obiettivo rilanciato dagli “Stati generali della natalità”, tenutisi a Roma l’11 e il 12 maggio, di raggiungere quota 500mila nascite entro il 2030 e passare dall’attuale 1,24 figli per donna a 1,60 nel 2033, pensando di poter così riuscire a sostenere il welfare e il futuro in generale nel nostro Paese, è una missione impossibile. Certamente anche la realizzazione personale delle donne per la Presidente Meloni è importante, come ripete spesso. La vera priorità è però incentivare la natalità e conseguentemente aiutare le lavoratrici di famiglie ovviamente tradizionali ed eterosessuali affinché possano permettersi il lusso di mettere al mondo e mantenere uno, due o, meglio ancora, più figli. Priorità assoluta quindi ai bambini in quel tipo di “famiglia”. Cerchiamo di fare chiarezza, sono le donne le artefici del cambiamento e a decidere, nel bene o nel male. Oltre al fattore economico e alle condizioni sfavorevoli che impediscono alle donne di avere uno o più figli, ce ne sono tanti altri che non vanno sottovalutati, come ad esempio: la denatalità si autoalimenta e la diminuzione di nascite nel corso degli anni hanno ridotto oggi il numero di donne fertili, e questo è una possibilità non determinabile; i bassi tassi di occupazione nell’età di maggiore fecondità; l’età media delle donne che arrivano al primo parto è arrivata a 32 anni e scegliere di avere altri figli per molte dipende spesso anche da un aspetto puramente fisiologico, dato che la fertilità già intorno ai 32 anni e ancora più rapidamente dopo i 37 anni diminuisce significativamente; pur essendo aumentato negli ultimi anni, il ricorso alla procreazione medicalmente assistita soprattutto sotto i 35 anni e tra i 35 e i 39 anni, è un percorso complicato e non possibile e accessibile per ogni donna. Poi ce ne è un altro di fattore che nessuno dovrebbe dimenticare, sempre più donne non vogliono figli. Senza rammarico né drammi e non per motivi economici. Stanno bene così. Ed è l’emancipazione la causa. Si sarà forse fatta strada pian piano nel loro intimo questa “non necessità”, forse anche a seguito dell’essere state testimoni di madri, nonne, zie, figure femminili importanti distrutte dai doveri familiari, dai coniugi, dai figli, dai genitori anziani, dal lavoro. E come dar loro torto. Sarà complicato per questo Governo, alle sue condizioni, invertire il trend della denatalità. Prima o poi, meglio prima, dovrà smettere di gongolare e arrendersi all’evidenza, spalancare le porte a un numero maggiore e necessario di migranti che ora considera in “overbooking” e a nuove forme di genitorialità finora osteggiate che porteranno soccorso a quelle finora contemplate.

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