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La protesta delle donne della Cgil: “Fondi della Regione ad associazioni private antibortiste”

Tratto da La Stampa, articolo di  Daniele Solavaggione 

 

Laicità dei servizi pubblici, libertà di scelta per le donne sulla possibilità di portare o meno a termine la gravidanza, fondi pubblici alla sanità pubblica e non ad associazioni private anti-abortiste. Sono i temi della protesta della Cgil stamane davanti al Consiglio regionale del Piemonte dopo l’annumcio del raddoppio dei fondi da parte della Regione per il sostegno alle donne in difficoltà rispetto alla gravidanza per ragioni di natura economica. Un volantinaggio per la campagna ‘Decido Io’, “per la libertà e la salute delle donne contro l’attacco alla legge 194/78 per le donne che intendono effettuare l’interruzione di gravidanza”. “Siamo qui per protestare contro la decisione della Regione Piemonte di stanziare risorse pubbliche verso associazioni private che vengono pagate per fare attività anti-abortista dentro gli ospedali – ha spiegato Annamaria Poggio, della segreteria regionale Cgil – Noi pensiamo invece che le risorse debbano andare ai servizi pubblici a sostegno della 194, a sostegno dei consultori, a sostegno degli ospedali e della salute delle donne a 360 gradi”. “È una scelta di una certa destra del Paese, che noi contestiamo come donne e come sindacaliste – aggiunge Elena Ferro, segreteria della Camera del Lavoro di Torino -. Dopo la pandemia sia le risorse che i servizi sono stati molto decurtati”. “Serve un’iniziativa fatta di prevenzione, fatta di investimenti che consentano alle donne di autodeterminarsi a partire dall’ampliamento della rete dei consultori che devono essere presenti in tutte le future case di comunità – ha spiegato la consigliera comunale di Torino Alice Ravinale di Sinistra ecologista -. Questa amministrazione regionale continua a investire grossi finanziamenti sui pro vita andando a ipotizzare che la lotta alla denatalità si faccia con mancette e non con concreti supporti alle famiglie e alle donne per permettere loro di autodeterminarsi anche economicamente”.

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