La “dolce” propaganda del Qatar attraverso i bambini

Nel tentativo di fronteggiare le critiche crescenti per le violazioni dei diritti umani, il governo di Doha gioca la carta del “volto buono”. Ma ancora una volta elude i temi più scottanti.

Tratto da rainews, di Vittorio di Trapani

“Ho provato qualcosa di dolce e mi piacerebbe condividerla con te”. E’ questa la frase scritta sull’adesivo di un pacchetto che, passeggiando per Doha, si può ricevere in regalo da un bambino in abiti tradizionali qatarini, accompagnato dalla sua mamma. Anche lei vestita con consueto abito nero.

Stessa scena all’uscita dello stadio di una delle partite dei Mondiali. Si tratta di dolci o di datteri.

“Scopri la nostra identità”, c’è scritto sull’adesivo. E poi c’è un Qr Code.

Scansionandolo, porta al sito web del Ministero delle donazioni e degli Affari islamici del governo del Qatar. In particolare ad una pagina che propone il testo “comprendere l’islam” in 6 lingue diverse.

Quindi, evidentemente, non un regalo, una attenzione per i tifosi. Ma un altro pezzo di propaganda da parte del governo qatarino, e in qualche modo anche di proselitismo in favore dell’Islam. Che, è bene ricordarlo, è uno dei doveri in capo a ciascun musulmano.

E, come tutte le propagande che si rispettino, passa attraverso i canali che possono maggiormente far abbassare le difese all’interlocutore: quindi, la scelta di far consegnare questo regalo da un bambino, accompagnato dalla mamma. Nessuna presenza maschile. Per mostrare il volto buono, più accogliente di questo Paese.

L’opuscolo “comprendere l’islam” è composto di 132 pagine, diviso in 18 capitoli. Con tutte le informazioni di base.

Poi – probabilmente non a caso – capitoli specifici vengono dedicati ai temi più delicati che hanno riguardato le controversie sull’assegnazione dei mondiali al Qatar.

Prima una precisazione: il Qatar è uno Stato islamico sunnita, ovvero la corrente che adegua la propria pratica solo agli atti di Maometto e ai suoi insegnamenti (la sunna). Gli sciiti, invece, ritengono le guide religiose (gli ayatollah) rappresentanti di Dio sulla Terra. Il più noto Paese sciita è l’Iran.

Nel capitolo “Le donne nell’islam”, l’opuscolo specifica che “sono uguali agli uomini sia nei diritti che nei doveri”.

Però non dice che in Qatar è ancora previsto l’istituto del tutore maschio: ovvero le donne hanno bisogno del consenso dell’uomo per molte questioni fondamentale, come il matrimonio, i viaggi all’estero e l’accesso a parte dell’assistenza familiare.

Invece, il libretto tiene a sottolineare che in occidente “molti diritti sono stati riconosciuti alle donne solo di recente”.

Inoltre, a causa di un errata cultura in alcuni società fuori dal mondo musulmano, la nascita di una figlia viene vista ancora come un fardello”. Ovviamente non specifica quali e in quali parti del mondo. Ma aggiunge: “L’uccisione di neonate è ancora comune attraverso l’aborto, e questo spiega la differenza nel numero delle donne e degli uomini in quelle comunità”.

Poi l’opuscolo entra nel tema del rispetto dei “diritti umani e minoranze etniche”, rivendicando che la prima dichiarazione dei diritti umani risiede negli insegnamenti di Maometto.

Innanzitutto va chiarito che nessun osservatore internazionale ha stabilito un collegamento tra la religione islamica e le violazioni dei diritti umani. La responsabilità di queste sono solo in capo al regime qatarino e alle leggi vigenti nel Paese.

Nell’opuscolo realizzato dal governo del Qatar, nessun riferimento viene fatto però alle violazioni dei diritti umani perpetrate ai danni dei lavoratori migranti. Un tema che Doha tende a insabbiare. E nessuna parola sulla discriminazione ai danni degli omosessuali: in questo Paese, è bene ricordarlo, l’omosessualità è ancora un reato.

Probabilmente sotto la pressione internazionale, il Qatar gioca la carta del presentare la faccia “dolce” del Paese. Ma nel farlo ancora una volta rimuove i temi più scottanti contenuti nelle denunce dei rapporti di organizzazioni non governative, come Human Rights Watch e Amnesty International.

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