Natale

Il Natale cambia nome, l’Università europea si difende: “Festa d’inverno per aprire a tutti”

La professoressa Hermanin motiva la scelta: questo deve essere il tempo della tolleranza: “Solo così si fa inclusione”


Tratto da La Nazione, articolo di Luigi Caroppo

 

Firenze, 28 ottobre 2023 – Professoressa Costanza Hermanin, lei fa parte della commissione interna dell’Istituto universitario europeo che ha deciso che la tradizionale festa di Natale cambi denominazione. Come è nata la decisione di chiamarla festa d’inverno?

“Ho fatto parte del gruppo di lavoro per il piano di inclusività e diversità che ha redatto documenti disponibili al pubblico sul nostro sito, che suggeriscono che ‘le diverse osservanze religiose e culturali rappresentate all’Iue saranno riconosciute nel calendario degli eventi e delle attività correlate. Verrà prestata attenzione a garantire che la celebrazione delle festività e degli eventi sia comunicata con un linguaggio inclusivo, riconoscendo le diverse religioni e credenze’. Nel caso della festa che ha scatenato tante polemiche, manterremo i canti di Natale, l’albero e il mercatino che si fanno da sempre, pur adattandola a ciò che fanno tutte le grandi realtà internazionali almeno nel nome”.

Perché questa scelta?

“L’Istituto ha fatto la scelta, largamente condivisa sia dall’amministrazione cittadina sia dagli Stati membri del suo consiglio direttivo, di aprirsi verso il mondo e verso un’Europa non di élite sociali, ma di eccellenze accademiche di qualsiasi provenienza. Come aspettarsi che questi cambiamenti non vadano accompagnati, nell’Europa della tolleranza e dei diritti, dal rispetto per i valori di tutti e tutte?”.

Lei si occupa di diritti e parità di genere anche con la sua associazione, Equall. Non crede che i segnali di inclusione e accoglienza siano altri e vadano ben oltre la denominazione di un appuntamento di festa?

“Nomen omen, come si dice. Le parole danno corpo alla realtà, sono importanti. Ci insegnava Umberto Eco che il soggetto comunicante attribuisce alla parola significati che vanno riportati al suo ambiente culturale, mentre chi riceve la comunicazione e non conosce quella prospettiva può interpretare la parola o il segno diversamente. Se predichiamo inclusione e tolleranza dobbiamo metterla in pratica a partire dalle parole”.

Come ben sa il vostro istituto, una delle eccellenze continentali, è ospitato alla Badia Fiesolana, luogo cattolico dove padre Balducci auspicava la rinascita dell’umanesimo con il suo Uomo planetario. Un orizzonte di tolleranza e condivisione partendo dalle proprie radici senza necessità di cancellarle però.

“Senz’altro, e direi che il caso della nostra festa è proprio l’attuazione dell’umanesimo planetario di Balducci, di un cattolicesimo che ha al centro la persona: la festa ha un nome che non esclude nessuno, anzi invita ognuno a parteciparvi, pur mantenendo al suo interno tradizioni forti legate al territorio e alla comunità d’origine”.

Crede che gli studenti e i docenti dell’Istituto universitario europeo siano soddisfatti della scelta sul cambio del nome? C’erano state richieste specifiche?

“Decisamente sì, il piano è largamente condiviso: finalmente c’è attenzione alla diversità e all’inclusività. Fortunatamente l’Istituto non è più un’organizzazione eurocentrica che accoglie esclusivamente élite tradizionali, ma un luogo che lascia spazio a progetti promossi da ricercatrici come la ‘Decolonizing Initiative’”.

Sicuramente l’Istituto fa anche altre iniziative volte all’inclusione e all’accoglienza. Quali?

“Abbiamo un’iniziativa per l’accoglienza di rifugiati con vari appartamenti messi a disposizione di famiglie e singoli nel corso degli anni (afgani, siriani, ecc.), un programma di studio per ulteriori studenti rifugiati e varie collaborazioni interuniversitarie, da ultimo per accogliere accademici ucraini, oltre al programma di borse di studio per persone di provenienza africana”.

Alla pioggia di critiche che sono arrivate come risponde?

“Che evidentemente dare in pasto alla stampa o ai politici una mail interna fa comodo in vista delle elezioni, europee e amministrative. Quando invece l’istituto porta a Firenze le calciatrici fuggite da Herat accogliendo nella sua sede due famiglie è il fiore all’occhiello di tutti….”.

Non sarebbe il tempo adesso, tra guerre e cambiamento climatico, del pragmatismo e non del politicamente corretto?

“Invece è proprio il tempo del rispetto e della tolleranza, fari dell’umanesimo di Balducci e di un’Europa che si vuole più avanti di ogni altro continente nella promozione dei diritti umani universali, piuttosto che delle comunità definite sulla base della religione…”.

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