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Il 26 gennaio degli alpini: una giornata della memoria…della guerra fascista

Tratto da Pressenza, articolo di Mario Pizzola

 

Il 5 aprile 2022 il Senato ha dato il via libera alla istituzione della “Giornata nazionale dedicata alla memoria e al sacrificio degli alpini”, da celebrarsi ogni anno. Come data è stata scelta quella del 26 gennaio, in ricordo della battaglia di Nikolajewka combattuta in Russia il 26 gennaio 1943 nel corso della seconda guerra mondiale.

La legge 2022/44 è stata approvata con il voto di tutti i gruppi politici rappresentati in Parlamento: 189 voti a favore, nessun contrario e un astenuto. Essa prevede l’organizzazione di cerimonie, eventi, incontri, conferenze storiche e mostre fotografiche. Nella celebrazione vengono coinvolti anche gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, incentivati a promuovere iniziative in occasione della ricorrenza annuale. Ciò “in considerazione – è scritto nella legge – dell’alto valore educativo, sociale e culturale della Giornata”.

La proposta venne presentata l’11 maggio 2018 dal deputato leghista Guglielmo Golinelli che giustificava il provvedimento mescolando vari argomenti come l’eroismo degli alpini, il loro contributo come volontari della protezione civile e la loro notorietà dovuta alle grandi adunate annuali. Ma quello che emergeva soprattutto era l’aspetto militare. Infatti, nella relazione che accompagnava la proposta veniva sottolineato proprio il valore degli alpini nella battaglia di Nikolajewka quando “le forze sovietiche vennero sopraffatte dagli alpini della divisione Tridentina, comandati dal loro eroico comandante, il generale Reverberi, che li trascinò all’attacco delle postazioni russe al grido “Tridentina avanti!”. Come una valanga, gli alpini travolsero la resistenza sovietica”.

L’art.1 della legge precisa, infatti, che il suo scopo è quello di “conservare la memoria dell’eroismo dimostrato dal Corpo d’armata alpino nella battaglia di Nikolajewka durante la seconda guerra mondiale, nonché di promuovere i valori della difesa della sovranità e dell’interesse nazionale nonché dell’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli Alpini incarnano”.

E’ paradossale che per esaltare la “difesa della sovranità” venga portata ad esempio una guerra nella quale le armate naziste e fasciste violarono, con la loro criminale aggressione, la sovranità dell’Unione Sovietica e che l’”interesse nazionale” venga accomunato a un tragico evento che portò ad uccidere e ad essere uccisi in terra straniera 230.000 italiani che nessun interesse avevano in quella guerra.

Le conseguenze di quel conflitto furono terribili per il nostro Paese. L’ottava armata italiana perse, tra caduti e dispersi, 84.830 uomini – dei quali la metà erano alpini – mandati al macello nella steppa russa, a corto di munizioni, mal equipaggiati e senza rifornimenti. Chi non cadde in combattimento morì congelato a 40 gradi sotto zero. Oltre 60.000 soldati italiani furono fatti prigionieri dai sovietici e di essi 22.000 morirono nelle marce di trasferimento.  Solo in 10.000 tornarono alle loro case.

La legge venne approvata nonostante la netta opposizione proveniente proprio dal mondo militare. Il Gen. c.a. Marco Bertolini, presidente dell’Associazione nazionale paracadutisti d’Italia, in una lettera indirizzata alla presidente della Commissione Difesa del Senato, Laura Garavini di Italia Viva, così scriveva: “Le esprimo la ferma contrarietà a tale iniziativa che a nostro avviso rappresenta una mancanza di rispetto assoluta nei confronti dell’Esercito nel suo complesso. Le altre Armi e Specialità dell’Esercito non sono inferiori agli Alpini in termini di sacrifici e di meriti acquisiti nei confronti dell’Italia”.

Per Bertolini la decisione di istituire la giornata degli alpini nasconderebbe una finalità elettorale. Egli, infatti, riferendosi al numero di aderenti alla Associazione nazionale degli alpini, una delle più grandi a livello mondiale, aggiungeva: “Se si trattasse di un’associazione che naviga sui 10-20 mila soci anziché sui 360 mila forse la proposta non sarebbe stata neppure avanzata, e questo non è eticamente corretto sotto il profilo militare. Ma, credo, neanche sotto quello politico”.

Il Gen. c.a. Mario Buscemi, presidente del Consiglio nazionale permanente delle associazioni d’arma (AssoArma) ha contestato il provvedimento affermando che esso avrebbe creato una “inevitabile sensazione di disparità” rispetto alle altre componenti delle Forze Armate e inoltre che questa nuova ricorrenza sarebbe la terza festa istituita per gli alpini e questo crea “una ridondanza poco opportuna”.

Il Gen. c.a.  Giovanni Fungo, parlando anche a nome del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito  Gen. Salvatore Farina, a sua volta, in sede di consultazione, ha sottolineato che “non esiste l’esigenza di istituire ulteriori momenti di celebrazione” anche perché “l’approvazione di questa proposta potrebbe generare iniziative e richieste simili da parte di altre anime della Forza Armata, determinando la frammentazione dell’inestimabile patrimonio dell’Esercito e incrinando  quella stessa idea di unità che proprio gli alpini hanno testimoniato”.

In definitiva, all’interno dell’apparato militare, sembra che nessuno – tranne ovviamente gli alpini – abbia approvato l’idea di istituire questa ulteriore giornata della memoria.

Una vibrata protesta è stata espressa anche dalle principali società storiche cui aderiscono gli studiosi di storia contemporanea, moderna e medievale (Sissco, Sisem e Sismed) mai consultate nel corso della discussione della legge. In un comunicato emesso all’indomani dell’approvazione del provvedimento esse hanno condannato la reiterata abitudine della Repubblica a creare sempre nuove giornate commemorative, “spesso con l’esito discutibile di stabilire verità di Stato che nuocciono al libero esercizio della ricerca storica”, contestando in particolare la data prescelta in quanto “un’espressione militare all’interno di una guerra di aggressione dell’Italia fascista”.

Nessuna obiezione è stata invece sollevata dalle forze politiche, neppure da quelle antifasciste e di sinistra, il che va a rafforzare la tesi, avanzata da alcune componenti militari, della malcelata finalità elettoralistica della legge. Ma, oltre a questo scopo utilitaristico, l’iniziativa si inserisce in quella operazione di riscrittura della storia che la destra sta portando avanti.

Solo dopo aver combinato il pasticcio, in alcune formazioni politiche si è aperta la strada del ripensamento. Così si è cominciato a riflettere sul fatto che la data del 26 gennaio cade proprio il giorno prima del Giorno della memoria delle vittime dell’olocausto (strano che non ci abbiano pensato prima!) e che, in questo modo, si andrebbe a depotenziare, se non a delegittimare, il 27 gennaio, che è celebrato a livello internazionale; non solo, ma si andrebbe addirittura   a mettere  sullo stesso piano   il “valore” degli italiani nell’aggressione  nazifascista  all’URSS e il genocidio del popolo ebraico.

Il deputato del PD Emanuele Fiano, esponente della comunità ebraica e il cui padre è stato deportato ad Auschwitz, ha ammesso che quel voto favorevole è stato un “errore”, una “colpevole disattenzione”, una “clamorosa svista”, impegnandosi a proporre una data diversa dal 26 gennaio, “magari il 15 ottobre, giorno di fondazione del Corpo degli alpini, avvenuta nel 1872”. Ma Fiano non è più in Parlamento, non essendo stato rieletto, e nessuno ha più proposto di rimettere mano alla questione a livello legislativo. Così l’Italia nata dalla lotta di liberazione dal nazifascismo continuerà a celebrare ufficialmente le gesta di una battaglia parte integrante di una terribile guerra scatenata dalla follia di Hitler e Mussolini.

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