I VELENI DI BANNON NELLE VENE DELLE DESTRE EUROPEE

Tratto da Micromega di Martin Gak 

Se in America i seguaci di Bannon vanno ricercati nel Tea party e tra le frange sciolte e marginali dell’estrema destra complottista, altrettanto non può dirsi dell’Europa, dove la sua conferenza romana è stata seguita dall’élite politica, nobiliare e clericale europea. L’obiettivo di questa alleanza è la diffusione di integralismo cristiano e politiche nazionaliste e reazionare in seno al contesto europeo.


Nel 2014, quando Steve Bannon è stato invitato a una conferenza organizzata dal Dignitatis Humanae Institute a Roma, ha esposto la sua visione politica rivisitando alcuni dei temi ideologici ai quali si era dedicato nel decennio precedente, diffondendoli presso la vasta gamma di cani sciolti di estrema destra che costituivano la maggior parte del pubblico del suo Breitbart News.
Il progetto di Bannon consisteva nel lanciare terribili avvertimenti sull’imminente rovina del mondo cristiano americano e sul suo sogno a un pubblico che aveva contribuito a indottrinare insieme a una pletora di voci reazionarie su FoxNews e nei talk radio di estrema destra. Tre principali antagonisti apparivano regolarmente nelle riflessioni cospirative di Bannon: l’Islam in varie declinazioni, la Cina e le sue perniciose politiche economiche e, in patria, liberal e globalisti, i loro “fiancheggiatori tra di noi”, che non sorprende includessero ebrei e liberal di New York.
L’élite aveva passato decenni a cospirare nell’ombra per sfruttare i suoi immeritati vantaggi finanziari e politici per truffare quello che Bannon e generazioni di ideologi populisti prima di lui hanno definito the little guy (in sostanza l’uomo che lavora onestamente, in silenzio, e aspira a una vita tranquilla). Naturalmente gli ebrei e la cosiddetta élite liberal erano perfetti complementi per la narrativa di Bannon e fomentavano in tutti i modi i pregiudizi che gran parte del suo pubblico aveva già sul potere occulto in seno alle istituzioni finanziarie, politiche e mediatiche.
In poco più di un decennio Steve Bannon ha tracciato il progetto per la sua versione di una guerra di civiltà huntingtoniana e ha prodotto un ritratto sempre più completo dei suoi nemici ideologici, dei loro collaboratori e del nemico interno. Nel frattempo ha curato la sua immagine di amico fidato del proverbiale little guy. Le fondamenta etno-religiose sia di amici sia di nemici erano così inconfondibili.

Elitismo Völkish (etnico-populista) e populismo clericale
A Roma però il suo pubblico non costituiva un miscuglio di attivisti da seminterrato e fondamentalisti accomunati da una generale avversione al federalismo e alla lunga ombra dello Stato, agli immigrati musulmani e alla politica monetaria cinese come lo era stato il Tea Party. A Roma l’Istituto di Bannon e i suoi membri erano un gruppo di spicco dell’élite politica, nobiliare e clericale europea. Queste figure politiche, provenienti da tutto il panorama conservatore europeo, avevano confezionato un inebriante mix di cristianesimo integralista e politica nazionalista e reazionaria da iniettare nell’Unione Europea.

L’Istituto Dignitatis Humanae prende il nome dall’enciclica promulgata dal Concilio Vaticano II (1962-1965), dedicata alla difesa della libertà religiosa e alla promozione della tolleranza religiosa, che da allora è considerato il documento fondante della chiesa moderna.
L’istituto è una delle tante istituzioni ultraconservatrici che esistono ai margini del Vaticano e, come le altre, dipende da vaste reti di finanziamento non sempre trasparenti. La maggior parte di questi gruppi si dedica a influenzare il corso politico della Chiesa concentrandosi su questioni particolari come i dibattiti sul diritto alla vita o l’influenza del secolarismo negli affari della Chiesa stessa. I padroni di casa di Steve Bannon a Roma avevano obiettivi molto più ambiziosi.

Il Dignitatis Humanae Institute è stato fondato nel 2008 da Benjamin Harnwell, mentre questi era a capo dello staff dell’eurodeputato conservatore britannico Nirj Deva, ed è stato lanciato sotto gli auspici dell’allora presidente del Parlamento europeo Hans-Gert Pöttering. Ne fanno parte, ad esempio, Rocco Buttiglione (già ministro in due gabinetti Berlusconi e a cui era stato negato l’incarico di commissario UE alla Giustizia a causa delle sue opinioni su minoranze sessuali e aborto), Luca Volontè (ex presidente del gruppo del Partito popolare europeo nell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa), il cardinale Renato Martino (membro di spicco dell’ala conservatrice della curia romana) e il cardinale Raymond Burke (forse l’esponente più importante di una corrente fortemente reazionaria del cattolicesimo a Roma e l’antagonista più noto e conclamato di papa Francesco).

Oltre alla presenza di tali élite conservatrici europee e dell’aristocrazia cattolica è notevole quella della nobiltà europea. Ad esempio Lord Nicholas Windsor, cugino di primo grado della regina Elisabetta II e convertito al cattolicesimo con un forte interesse per l’aborto come questione politica, è stato direttore dell’istituto tra il 2011 e il 2013. Più di recente il New York Times ha riferito del rapporto di Bannon e Burke con la principessa Gloria von Thurn und Taxis, il cui palazzo di 500 stanze era stato uno dei luoghi in cui Bannon e Harnwell sperano di costruire la loro scuola estiva politica.
Una tale cerchia della nobiltà politica europea non sembra certo l’ambiente più adatto per il ministro della propaganda di un movimento völkisch europeo a cui Bannon sembra aspirare. Ma a differenza degli Stati Uniti, dove Bannon ha usato il partito repubblicano per sostenere l’ascesa al potere di un candidato del Tea Party, l’Europa manca di una significativa destra politica nazionalista e religiosa che possa essere mobilitata in linea con le agende populiste. Probabilmente questa è precisamente la funzione della cerchia di aristocratici europei di Bannon. Anche se non è un salotto con una porta permanentemente aperta al little guy di cui tanto parlano Bannon e i suoi amici nei vari partiti populisti europei, il gruppo di Harnwell è nella posizione migliore per aiutare a costruire una base religioso-nazionalista. E Bannon, che arriva con uno dei ricettari di maggior successo degli ultimi 70 anni per la costruzione del conservatorismo völkisch, sembra averlo riconosciuto.

Costruire una destra cristiana europea
Quando il cardinal Burke ha accolto Bannon nell’istituto “per promuovere la difesa di quella che si chiamava cristianità”, si potevano chiaramente sentire gli echi della nostalgia politica della promessa elettorale di Trump di Make America great again. In Europa, la questione dell’identità cristiana è diventata poco più che un biglietto da visita per i populisti atavici di destra per ricostruire una versione del nazionalismo cristiano, che vede nell’incipiente invasione dell’Europa da parte dell’Islam il prodotto diretto della federalizzazione liberale dell’Unione europea – e dei suoi fiancheggiatori, casualmente anche liberal e globalisti. Questo è un tema che, proprio come quello che Steve Bannon ha riscontrato nel Tea Party, era già saldamente radicato nel discorso della politica reazionaria in tutto il continente, ma difficilmente costituiva un elemento popolare nel contesto politico dell’area. Altrettanto interessante è che, come era avvenuto negli Stati Uniti, il campo europeo della politica di destra offriva un mix di preoccupazioni nostalgiche per l’integrità delle identità cristiane nazionali e l’anti-federalismo.

Mentre l’associazione di Bannon coadiuvata da movimenti sovranisti come la Lega italiana, il Rassemblement national francese o il Partito popolare belga si faceva carico del loro anti-federalismo, l’associazione di Bannon e Harnwell con relativo seguito era basata su un impegno comune a sobillare la nostalgia per l’integrità etnico-religiosa dei tempi passati. Tuttavia, il secondo gruppo era un mix di molti degli agenti politici del federalismo che gli altri conoscenti di Bannon rifiutano.
Ma, probabilmente, anche questo è un meccanismo ben studiato da Bannon ed è proprio ciò che ha costituito il suo più clamoroso successo attraverso l’Atlantico. Negli Stati Uniti Bannon è riuscito a portare i politici conservatori affermati in linea con la frangia più estremista. Ma per farlo contava sulla virtuale distruzione della politica del consenso e della tolleranza. Negli Stati Uniti le questioni di cuneo che separavano i conservatori tradizionali dalla frangia di estrema destra dovevano essere progressivamente spostate al centro per produrre la scissione nella politica del consenso. In Europa non era diverso.

Il piano dichiarato di Bannon per formare attivisti potrebbe essere meglio inteso come una base per i primi passi nella costruzione di una base politica come quella che ha portato Trump alla Casa Bianca e che ha avuto il suo primo banco di prova nel Regno Unito, dove Bannon dirige Cambridge Analytica con incredibile successo.

Make la vita in Europa brutta, brutale e corta again
E proprio la strumentalizzazione dell’esclusività religiosa e di quella etno-nazionale sono stati potenti strumenti politici per spaccare in due l’elettorato e minare progressivamente le politiche del consenso. Steve Bannon sembra pensare che questa strategia possa essere efficacemente implementata per dividere e conquistare l’Europa. Su questo piano l’istituto può rendere un servizio inestimabile. Sia Bannon sia Burke portano sul tavolo il tipo di folklore reazionario che ha dominato la politica americana negli ultimi decenni.
E, in effetti, questa non sarebbe la prima volta che la minaccia all’identità tribale da parte di oscure forze esterne venga utilizzata per alimentare la divisione politica nella lunga e sanguinosa storia dell’Europa. D’altro canto i parenti ideologici di Bannon sono entrati nell’arena politica europea agitando le loro preoccupazioni su migrazione, economia, integrazione, dibattito nell’area non in termini di politica ma, in generale, in termini ideologici. È difficile trovare un dibattito politico che non sia pieno di echi di nostalgie, fobie e aspirazioni religiose ed etniche. Per questo motivo la strada di Bannon è già ben asfaltata.

Come quello già svolto al di là dell’Atlantico, il lavoro di Steve Bannon consiste nel dare forma a un’alleanza politica in grado di riunire conservatori e populisti völkisch, sviluppando una base radicale e formando attivisti politici. E, proprio come negli Stati Uniti, la forza di divisione dell’ideologia etnico-religiosa può fornire una grande spinta galvanizzante.

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