23 Mag Fantasie sulla bandiera della Ue
Tratto da ItaliaOggi, di Massimo Solari.
Bisogna premettere che siamo molto vicini alle elezioni europee nelle quali, non si sa perché, i due vice di Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini, hanno ingaggiato una battaglia senza esclusione di colpi per chi dei due prevarrà nelle urne. La battaglia, che non sconvolge né il governo né l’opinione pubblica, si arricchisce ogni giorno di nuove trovate. L’ultima in ordine di tempo è sulla bandiera europea. Una delle cose più innocue del mondo, a parer nostro. Ma non secondo il senatore Claudio Borghi (Lega) che tuona: «Via la bandiera Ue dagli edifici pubblici». Gli fa eco il candidato-generale Roberto Vannacci: «Che identità vuole presentare? Non abbiamo nemmeno un animale a simboleggiarci. La Russia ha l’orso, gli Usa l’aquila. E l’Europa»?
Insorge il vice premier Tajani, che, quale ex presidente del parlamento europeo, vanta quarti di nobiltà europeista: «Qualche ignorante, che concorre per il parlamento europeo, si prende gioco della bandiera europea», ma la bandiera Ue, spiega, «rappresenta la nostra identità e le nostre radici cristiane». Il leader di Forza Italia, infatti, sottolinea come «le 12 stelle» non siano «gli Stati», bensì «sono le 12 stelle che cingono il capo della Vergine, rappresentano le 12 tribù di Israele «e la bandiera «è azzurra» proprio «perché il manto della Vergine è azzurro». Quindi, chiede «rispetto» per questo vessillo che «indica chiaramente quali siano le nostre radici». Non che avessi mai perso tempo sulla genesi della bandiera europea: secondo me era nata ai primordi, quando gli stati membri erano 12 e copiava la bandiera americana nella quale, come tutti sanno, ogni stato è rappresentato appunto da una stella.
La storia raccontata da Tajani, a prima vista, faceva acqua: il manto della Madonna? Le tribù di Israele? E allora provo ad approfondire e scopro che la bandiera è nata prima dell’Europa e non era un simbolo della Comunità Europea ma del Consiglio d’Europa. Cos’è? Un’organizzazione internazionale fondata nel 1949 e avente come scopo «promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali nei paesi in Europa». Gli stati membri oggi sono 46, di cui solo 27 fanno anche parte della Ue. All’inizio i soci fondatori sono Belgio, Irlanda, Danimarca, Francia, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia. Due mesi dopo la sua fondazione si uniscono anche Grecia e Turchia. Dunque non erano dodici ma dieci gli Stati iniziali e quando arrivano a dodici comprendono anche la Turchia che certamente teneva in poca considerazione il manto della Madonna e le dodici tribù di Israele.
Il Consiglio d’Europa, il cui segretario generale oggi è la croata Marija Pejcinovic Buric (mai sentita nominare, vero?) è famoso praticamente solo per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con sede a Strasburgo. Il Consiglio decide fin dall’anno successivo alla sua fondazione di dotarsi di una bandiera comune. Solo nel 1955, dopo discussioni e concorsi di idee che non vi sto a raccontare, si giunge alla bandiera stellata: il numero dodici era stato scelto come simbolo di perfezione e completezza, mentre il campo blu della bandiera intendeva richiamare «il cielo ponentino scuro» dell’occidente. «Sullo sfondo blu del cielo del Mondo occidentale, le stelle rappresentano i popoli dell’Europa in un cerchio, simbolo di unità… proprio come i dodici segni dello zodiaco rappresentano l’intero universo, le dodici stelle d’oro rappresentano tutti i popoli d’Europa – compresi quelli che non possono ancora partecipare alla costruzione dell’Europa nell’unità e nella pace.» Queste le precise parole del Consiglio d’Europa. Parigi, 7-9 dicembre 1955.
Dunque, caro Tajani, niente manto della Madonna o tribù di Israele, che, in effetti, se consideriamo quanto ha fatto discutere proprio la dicitura di «origine giudaico-cristiana della Ue», sembravano davvero fuori posto. Avremo ancora molte polemiche di questa eccelsa levatura? Coraggio, il 9 giugno sta per arrivare.
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