C’È UN’UMANITÀ IN FUGA E POTREMMO FARNE PARTE

Tratto da CittAgorà di Claudio Raffaelli

C’è un’umanità in fuga: e potremmo un giorno trovarci a farne parte anche noi. Ce lo ha ricordato oggi la Giornata mondiale del rifugiato celebrata a Palazzo Civico, in Sala Rossa. Un particolare il cui rilievo non à sfuggito a Berthin Nzonza, direttore dell’associazione Mosaico-Azioni per i rifugiati, che in apertura dell’incontro ha sottolineato come solo Torino abbia scelto di celebrare la ricorrenza in un luogo tanto prestigioso e significativo. Una sala nella quale si sono affollati esponenti di associazioni di volontariato e istituzioni, così come uomini e donne giunti a Torino,  tra sofferenze e pericoli, da paesi lontani e tormentati.

Sono state le storie individuali – ma emblematiche delle vicende di una rilevante parte dell’umanità – di questi ultimi a rappresentare i momenti più toccanti della cerimonia. Toccanti, ma anche pieni di speranza: gli interventi di Abdalla Abdalla (Sudan), Hamdi Ali Farah (Somalia), Krishma B. Khaliq (Afhghanistan), Olga Diabina (Ucraina) e Ahmed Baali (Yemen) non sono stati contraddistinti soltanto dalla rievocazione di guerre, violenze, e viaggi allucinanti tra carceri libiche e barconi malridotti, ma da un forte messaggio di resilienza, di integrazione in quella che è vissuta come una nuova patria, di voglia affermare la propria individualità di rendersi utili alla società rompendo schemi e pregiudizi. Perché come ha ricordato Olga, tutti e tutte potremmo un giorno ritrovarci nella condizione di profughi com’è successo a leistessa , che ha raccontato come fino al 24 febbraio dell’anno scorso, giorno dell’aggressione russa, leggesse delle tragedie dei migranti, li compatisse ma poi tornasse a preoccuparsi delle tensioni in ufficio e delle bollette da pagare… poi, la fuga insieme a milioni di connazionali.

torie di guerre a volte dimenticate, che mietono vittime da trent’anni come in Somalia o deflagrate recentemente come quella in Sudan, storie di libertà negata, come quella della giornalista camerunense Colette Nijasse Meffire che oggi, da presidente dell’associazione Mosaico, dice che Torino, dove insegna lingue, è una città nella quale si sente libera e sicura.

Di queste storie ce ne sono tante, forse più di quanto si immagina. Massimo Gnone, rappresentante dell’UNHCR, l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati, ha fornito cifre impressionanti: a livello mondiale, sono censite 108.000.000 di persone – quasi due volte la popolazione dello Stivale – in fuga da guerre e violenze: il 21% in più rispetto all’anno precedente. In gran parte si tratta di profughi interni, spostatisi da una regione all’altra del proprio Paese, ma sono 35 milioni a essere stati costretti a fuggire all’estero: e nell’ultimo anno sono aumentati di un terzo. L’invasione da alcuni tanto temuta ed evocata? Il 70% di queste persone sono state accolte nei Paesi limitrofi al loro, nel cosiddetto Sud del mondo, Paesi il più delle volte classificabili come poveri se non addirittura poverissimi.

In Sala Rossa, tutto questo è stato evocato, mettendo fortemente l’accento di un’accoglienza che vada al di là della gestione delle emergenze. Anche perché i rifugiati il più delle volte non hanno possibilità di ritorno, in condizioni di dignità e sicurezza, nei loro Paesi di origine, se non in tempi lunghi. Anche questo accentua la necessità di trovare posto e ruolo in una società che diventa la loro società di riferimento, talvolta in via definitiva. Perché come ha ricordato l’afghana Khaliq, si tratta di persone che al di là delle loro difficoltà possiedono saperi, competenze e abilità, resilienti e determinate a superare gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dei loro sogni.

Tre gli interventi istituzionali nel corso della celebrazione della Giornata. Il consigliere comunale Abdullahi Ahmed Abdullahi, presidente della Commissione contro intolleranza e razzismo, “giunto con il barcone a 19 anni”, ha ricordato come essere rifugiati sia “una condizione sociale, ma non si può essere stranieri per sempre: possiamo essere cittadini attivi e non semplicemente integrati”.

La presidente Maria Grazia Grippo ha ricordato come l’evento in Sala Rossa costituisca la chiusura della “Settimana dei diritti, ambiente e culture” organizzata da Mosaico, nel corso della quale si è anche tenuta, per la prima volta in Italia, la Conferenza generale del Consiglio Europeo per i Rifugiati e gli Esiliati (ECRE), che riunisce 130 rappresentanti di ONG appartenenti a oltre quaranta Paesi. “La migrazione di donne, uomini, bambini, costretti a lasciare le proprie case per trovare protezione è parte della Storia dell’umanità stessa,” ha affermato la presidente, ricordando come “l’amministrazione comunale nel suo complesso, pur nelle differenze della rappresentanza politica all’interno dell’assemblea, condivida il pensiero, che è anche del nostro Capo dello Stato, della necessità che temi cruciali come la tenuta dei sistemi di accoglienza nei singoli Stati debbano essere affrontati dentro la cornice europea e internazionale”. Anche perché, ha aggiunto, “la previsione di scenari di crisi in aree geografiche tradizionalmente a rischio, oppure del tutto inedite come è stato per l’Ucraina, è una profezia dolorosa e fin troppo facile da fare. Una prospettiva che deve trovarci consapevoli e responsabili, non più spettatori inerti di un’umanità senza via di scampo”.

La presidente ha quindi ricordato il tragico naufragio in acque greche dei giorni scorsi, per il quale la Sala Rossa aveva ieri osservato un minuto di raccoglimento all’inizio della seduta consiliare, ribadendo che “il percorso stesso del rifugiato che raggiunge l’Europa è da rivedere, poiché la situazione è in continuo mutamento”, con il protrarsi a lungo termine del soggiorno nel Paese di accoglienza. “Un simile presupposto sta portando a una nuova idea di intervento, dove la persona non è solo destinataria di emergenza di servizi ma diventa protagonista del proprio futuro” ha spiegato Grippo, indicando a esempio l’esperienza di Mosaico, nata da rifugiati i quali dalla loro personale vicenda hanno costruito un’associazione per occuparsi di chi sarebbe venuto dopo di loro.

Infine, la presidente ha voluto evidenziare come Torino, insieme alle altre grandi città italiane che ospitano il maggior numero di rifugiati, sia stata firmataria nel febbraio 2022, in accordo con l’UNHCR, di un documento importante qual è la Carta per l’Integrazione, “elaborata con lo scopo di valorizzare il ruolo degli Enti Locali nei percorsi di integrazione delle persone rifugiate, rafforzando la collaborazione interistituzionale”.

In rappresentanza della Giunta, l’assessore Jacopo Rosatelli ha espresso preoccupazione per le tendenze in atto nel nostro Paese, espresse a partire dal “decreto Cutro” il quale, ha spiegato Rosatelli, ha preso le mosse da una tragedia dell’immigrazione per varare norme ulteriormente restrittive nei confronti dei migranti. Rosatelli ha poi ricordato come il sistema di accoglienza torinese conti su 1800 posti disponibili, risultando per dimensioni il terzo a livello nazionale. “Siamo preoccupati per i venti che spirano in Italia e in Europa – ha concluso l’assessore – ma siamo consapevoli della forza collettiva della solidarietà organizzata, che insieme alle istituzioni attiva azioni concrete

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