Anno due dell’era Valditara

Signor Direttore del Messaggero Veneto,

dopo la tempesta suscitata dalla sospensione delle lezioni nelle scuole dell’Istituto comprensivo di Pioltello il 10 aprile scorso, in occasione della fine del Ramadan, il ministro dell’istruzione e del merito Valditara vuole ora regolamentare diversamente il calendario, introducendo una “norma di buon senso” che eviti situazioni destinate a creare conflittualità e caos. È pregiudizialmente interessante notare come politici e ministri, dopo aver contestato legittime decisioni di una scuola e aver quindi posto essi le condizioni idonee “a creare conflittualità e caos”, vogliano intervenire a rimuoverle, non già astenendosi dall’impicciarsi di fatti che non li riguardano, ma dettando nuove regole, si presume idonee a limitare la discrezionalità delle scuole nel decidere quegli adattamenti del calendario scolastico che la legge riconosce loro sia per specifiche esigenze  ambientali (art. 10, terzo comma, lett. c), del  testo unico del 1994 delle disposizioni legislative relative alle scuole di ogni ordine e grado) sia per quelle derivanti dal piano dell’offerta formativa (art. 5, secondo comma, del regolamento del 1999 sull’autonomia delle scuole). In buona sostanza si starebbe studiando una possibile nuova norma che impedisca alle scuole di sospendere le lezioni in occasione di festività religiose di confessioni che non abbiano sottoscritto le Intese con lo Stato, previste dall’art. 8 della Costituzione. Dopo quello ipotizzato dalla senatrice Mennuni, volto a vietare di impedire l’allestimento del presepe nelle scuole, ecco un nuovo divieto, destinato a impedire che si faccia vacanza in occasione di certe festività religiose. Sembra facile ma non lo è, giacché le confessioni che hanno sottoscritto l’Intesa prevista dalla Costituzione sono solo tredici (si va dalla Tavola valdese alla Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale, passando per l’Unione delle Comunità ebraiche in Italia), manca all’appello un numero considerevole di altre confessioni, tra cui quella Mussulmana. Quindi, se dovesse essere varato un simile divieto, a certificazione e conferma della vocazione di questo governo a vietare, punire, reprimere, le scuole dovrebbero consultare un esperto in scienza delle religioni, affinché indichi loro quali sono le festività religiose in occasione delle quali non si potranno sospendere le lezioni, perché proprie di confessioni prive di Intesa. Oppure, e sarebbe un’encomiabile operazione di supporto, il Ministero dell’istruzione e del merito, nell’ambito delle sue competenze generali in materia di calendario scolastico, potrebbe elencare tutte le confessioni che non hanno sottoscritto l’Intesa e individuare per ciascuna di esse le festività che i suoi fedeli sono tenuti a osservare, così le scuole, attingendo al registro messo loro a disposizione, potranno agevolmente dribblare le giornate proibite, sicure che nessun ministro, nessun sindaco, nessun assessore, soprattutto se leghista, potrà adontarsi delle loro decisioni in materia di adattamento del calendario scolastico alle esigenze ambientali e al piano dell’offerta formativa. Suggerisco, però, un diverso modo di affrontare la questione del calendario scolastico: fare come i rivoluzionari francesi che, tagliata la testa ai loro sovrani, agli aristocratici e a qualche altro migliaio di persone, decisero di introdurre un calendario loro proprio, nel quale distribuire razionalmente giorni di lavoro e di riposo e obbligando tutti ad osservarlo. Niente di meglio per passare alla storia che rifondare il calendario, pure il fascismo, nel suo piccolo, lo fece.
Cordiali saluti,
Buia, 13 aprile 2024
Mario D’Adamo

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