02 Dic La Francia potrebbe diventare il primo Paese a riconoscere l’aborto come diritto costituzionale
La clausola da inserire in Costituzione è stata approvata alla Camera Bassa, grazie a un compromesso storico tra i centristi e la sinistra radicale. Più difficile il passaggio al Senato
Tratto da luce, di Graziano Davoli
“La legge garantisce l’efficacia e la parità di accesso al diritto di interrompere volontariamente una gravidanza” recita così la clausola, da inserire in Costituzione, approvata con 337 voti favorevoli, 32 contrari e 18 astenuti all’Assemblea nazionale francese. La risoluzione è frutto di un compromesso storico d’Oltralpe tra i centristi di Reinassance, partito del presidente Emmanuel Macron, e la sinistra radicale di La France insoumise, partito di Jean-Luc Mélenchon, che porta la Francia ad un passo dall’essere il primo Paese nel mondo a riconoscere l’aborto come diritto costituzionale. “Ci vorrebbe solo una crisi politica, economica o religiosa per mettere in discussione i diritti delle donne”, ha commentato entusiasta Mathilde Panot, capogruppo di La France insoumise alla Camera Bassa.
La palla passa ora al Senato e qui le cose potrebbero complicarsi. La Camera Alta vede, infatti, la maggioranza dei seggi in mano alla destra neogollista dei Rébuplicains che, lo scorso ottobre, aveva già respinto la prima proposta. I conservatori non sono da soli, con loro anche l’estrema destra. Dal Rasemblement National di Marine Le Pen, che durante l’ultimo raduno del suo partito ha definito la proposta come “completamente fuori luogo”, sostenendo che il diritto all’aborto non è minacciato in Francia, al movimento Reconquête di Eric Zemmour per cui questa legge sarebbe “una perdita di tempo, pericolosa e inutile”.
Ma il vento soffia in un’altra direzione come dimostra un sondaggio di Ifop commissionato dal think tank della Fondation Jean-Jaurès. Otto francesi su dieci sono favorevoli ad autorizzare l’aborto per legge, l’83% della popolazione ritiene che il diritto vada ulteriormente protetto attraverso una garanzia costituzionale.
Restano impressi nella mente i cartelloni esibiti dai manifestanti a Marsiglia e in altre città francesi, proprio il mese scorso: “Un enfant c’est un choix, l’IVG c’est un droit” (Un figlio è una scelta, l’aborto è un diritto). Un’urgenza trasversale, al di sopra di qualsiasi parte politica, che si è fatta sentire ulteriormente dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la storica sentenza Roe vs Wade, che riconosceva l’aborto come diritto costituzionale e lo legalizzava a livello nazionale. “Questo riguarda anche l’Europa: il diritto all’aborto è stato respinto in Polonia e Ungheria e potrebbe essere a rischio in Italia” ha detto la senatrice dei Verdi Mélanie Vogel, quando la prima proposta è stata respinta. “Se la Francia consacrasse l’aborto come diritto costituzionale manderebbe un messaggio molto forte a tutti i movimenti femministi di tutto il mondo che stanno combattendo per questo diritto o per impedire che venga respinto. Dimostrerebbe che è possibile un percorso di progresso e non solo di regressione”. Non è solo la paura per quanto successo negli Stati Uniti, una nazione gemella per la Francia.
Sono passati più di quattro secoli da quando uomini come il marchese de La Fayette, il generale de Rochambeau e il conte de Grasse combatterono a fianco dei rivoluzionari delle tredici colonie americane per l’indipendenza e per affermare quei diritti fondamentali alla Vita, alla Libertà e alla Ricerca della Felicità. Dalla dichiarazione d’indipendenza statunitense la Francia avrebbe tratto ispirazione per quella dei diritti dell’uomo e del cittadino, uno dei documenti su cui le Nazioni Unite, nel 1948, fondarono la Dichiarazione Universale dei diritti umani. Non c’è solo quella volontà di ricordare al mondo dov’è nato lo stato di diritto, che tutt’oggi ci permette di riconoscerci come individui dotati di libertà e volontà propria, là dove sembra essere stato dimenticato.
C’è anche la sacralità della laïcité e della sécularisation, la separazione che vede da una parte lo Stato e la società civile e dall’altra le istituzioni e la società religiose. I pilastri del Paese che ha dato i natali all’Illuminismo al punto che, è bene ricordarlo soprattutto se aldilà delle Alpi un parlamentare ha affermato che l’omosessualità sarebbe un’aberrazione “citando” il Levitico, nemmeno due robusti conservatori come de Gaulle e Pompidou li hanno mai messi in discussione.
Principi, questi sì, marchiati a fuoco nella Costituzione della quinta Repubblica francese, che all’articolo 1 esordisce con “La Francia è una repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale.” e di questi tempi verrebbe da aggiungere “Così sia”.
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