03 Nov Sei trentenni su dieci non credono in Dio, ma pure gli atei ascoltano papa Francesco
La rivista cattolica Il Regno ha realizzato una ricerca sotto la supervisione di due autorevoli sociologi come Arturo Parisi e Paolo Segatti. Il declino nella pratica religiosa è clamoroso tra i giovani. Ma la popolarità di Bergoglio e del cardinale Zuppi hanno forte presa anche a sinistra
Tratto da Domani, articolo di Marco Marzano
Il cardinal Ruini, e con lui molti degli scienziati sociali che a lungo hanno fatto eco alle sue parole, parlava, a proposito della secolarizzazione, cioè del progressivo distacco delle persone dalla religione, di un’eccezione italiana. Secondo colui che è stato per tanto tempo il capo dei vescovi italiani, il nostro paese avrebbe guidato la riscossa del cattolicesimo sul continente europeo.
Mai profezia fu più sballata. L’ennesima conferma proviene dai risultati di un’interessantissima ricerca promossa dalla rivista cattolica Il Regno e realizzata sotto la supervisione di due autorevoli sociologi quali Arturo Parisi e Paolo Segatti.
L’indagine si presenta come la replica di una precedente, condotta quasi quindici anni orsono, nel 2009. Le domande del questionario sono rimaste le stesse e ugualmente rappresentativo dell’intera popolazione italiana è stato anche l’ampio campione di soggetti intervistati: 1500 nella prima indagine, 2010 nella seconda.
Il primo dato è inequivocabile: nel 2009 si definiva cattolico più dell’81 per cento di intervistati, nel 2023 il numero è sceso a meno di 73 su cento. Un crollo verticale e di dimensioni notevoli, a cui ha corrisposto un aumento altrettanto impressionante nella quantità di atei e non credenti, passati dal 6,2 per cento del 2009 al 15,9 del 2023.
LA PRATICA
Anche gli indicatori di una partecipazione attiva alla vita della Chiesa cattolica vanno nella stessa direzione. La quantità di coloro che dichiarano di andare a messa tutte le domeniche si è quasi dimezzata in meno di un quindicennio: erano il 28 per cento del campione nel 2009, sono solo il 18 nel 2023 (e si tenga conto che, come altre ricerche hanno dimostrato, le persone che poi a messa ci vanno davvero sono sempre di meno di quelle che, rispondendo a un sondaggio, dicono di andarci).
La quantità di quelli che sostengono di non andarci mai a messa, nemmeno una volta all’anno, raddoppia dal 2009, passando dal 19 al 37 per cento e finisce dunque per comprendere anche una parte consistente di quelli che si dichiarano cattolici.
LA FEDE
Il declino nella pratica religiosa cattolica riguarda tutte le generazioni, ma diventa clamoroso nel caso di quelle più giovani. Tra i nati dopo il 1981 il numero di praticanti regolari scende sotto il 10 per cento, mentre la quantità di coloro che dichiarano di credere in Dio scende, tra i nati dopo il 1990, sotto il 40 per cento (rimanendo intorno al 50 per i nati dopo il 1981).
Un dato ancora più sorprendente è rappresentato dal fatto che, in due coorti di età, quella dei nati negli anni Settanta e Ottanta, il numero di donne praticanti regolari è inferiore a quello degli uomini: la cosiddetta “fuga delle quarantenni” (per citare il titolo di un popolare libretto di Don Armando Matteo) è dunque realtà e non leggenda.
È vero che la quantità di donne che si definiscono atee o non credenti è inferiore a quella analoga degli uomini, ma il loro distacco dalla Chiesa è forte e crescente e, per alcune generazioni, supera quello maschile. Crescono insomma tra le donne delle forme di credenza che non passano più dall’affiliazione con il cattolicesimo. È un dato ampiamente noto alle gerarchie, che però non hanno in alcun modo i mezzi per contrastare l’esodo mantenendo intatto il quadro normativo e politico attuale.
Questo è dunque lo scenario: credibile, sensato e non difforme da altri elaborati in questi anni da altri gruppi di ricerca. Il primo quesito che sorge spontaneo dopo la lettura di queste cifre è il seguente: cosa può fare la Chiesa cattolica per invertire il trend, per veder risalire il numero di persone che partecipa ai suoi riti, per conquistare l’attenzione ormai quasi del tutto perduta delle giovani generazioni?
La risposta è: nulla. La secolarizzazione è un fenomeno diffuso in tutti i paesi europei, una realtà che non riguarda solo la frequentazione delle chiese, ma che pertiene la stessa fede in Dio. A confermarlo è ancora una cifra offerta dalla ricerca di Parisi e Segatti: coloro che affermano di credere all’esistenza di Dio sono passati dal 2009 al 2023 dal 72 al 57 per cento, quelli che credono senza dubbi dal 50 al 36. Insomma, scompare progressivamente la fede e insieme ad essa si ritira la religione.
Non c’è molto che le chiese possano fare. Quelle più progressiste, ad esempio quella anglicana, hanno introdotto alcune profonde riforme, hanno aperto alle donne e ai gay, ma non hanno recuperato un solo fedele e sono sempre più spopolate.
La seconda domanda che viene da porsi è invece quest’altra: quali sono le conseguenze di questa situazione per la Chiesa cattolica italiana? Anche in questo caso gli allarmismi eccessivi sono ingiustificati. Certo, il distacco di una parte consistente di popolazione provoca alcuni danni all’istituzione: diminuisce la sua capacità di orientare i comportamenti di molti soggetti, fa scemare la sua capacità di allestire iniziative e attività pastorali.
LA POLITICA
Ma accanto a questi dati preoccupanti (per l’organizzazione ecclesiale si intende) non si può non notare il fatto che il cattolicesimo mantiene nel nostro paese una sua elevatissima reputazione culturale e politica. Lo dimostra l’ultimo dei dati della ricerca che voglio riportare qui: il 47 per cento del campione ritiene che sia legittimo, cioè che «sia parte della sua missione» (per usare le parole del questionario), che la Chiesa si occupi di aborto, il 49 per cento pensa che debba interessarsi alla disoccupazione, il 38 all’omosessualità, il 55 all’immigrazione.
Molte di queste percentuali sono addirittura in crescita rispetto al 2009. Si tratta di un dato illuminante: gli italiani disertano sempre di più le funzioni domenicali e credono di meno in Dio, ma guardano, in misura crescente, alla Chiesa cattolica come a una fonte autorevole di indicazioni morali e di strategie politiche. L’enorme popolarità del papa argentino (e per molti versi del presidente della Cei, il cardinal Zuppi) anche in tantissimi ambienti atei e di sinistra conferma questo elemento.
Con una battuta potremmo concludere che, in tempo di scristianizzazione galoppante, in tanti sognano un ritorno del papa re e della chiesa guida morale e politica della nazione. Ne riparleremo.
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