14 Nov Si è dimesso il Consiglio per le relazioni con l’islam
Con una lettera al Ministro dell’Interno Piantedosi i membri del Consiglio per le relazioni con l’islam, dopo oltre dieci anni di servizio e di significativi risultati raggiunti, hanno annunciato le dimissioni esprimendo così la loro critica alla strategia adottata dal Ministero dell’Interno. Nella lettera si denuncia in particolare la sospensione di tutte le iniziative avviate e programmate e il mancato riconoscimento giuridico di vari enti islamici. In sostanza, congelando ogni attività, il Ministero ha bloccato il processo di integrazione dell’islam italiano. In un momento di forti contrapposizioni interne e internazionali sarebbe stato invece auspicabile stimolare la mediazione sociale e non interrompere le relazioni. Paolo Naso ha coordinato il Consiglio.
Professor Naso, qual è stata l’esperienza di questi anni?
Premetto che esprimo il pensiero di tutta la commissione, ritornando sui punti che abbiamo sottoscritto nella lettera con cui abbiamo comunicato le nostre dimissioni al Ministro Piantedosi. Per alcuni di noi si conclude una lunga esperienza di collaborazione con il Ministero, iniziata oltre dieci anni fa, carica di risultati importanti sul piano delle relazioni con la comunità islamica italiana.
Oltre ad avere prodotto vari documenti di studio e analisi a beneficio delle istituzioni, d’intesa con i Ministri, di ogni parte politica, che si sono succeduti al Viminale, il Consiglio è riuscito a favorire un processo di ravvicinamento tra le varie componenti dell’Iislam che ha avuto il suo picco nella sottoscrizione comune del “Patto per un islam italiano, espressione di una comunità aperta, integrata e aderenti ai valori e principi dell’ordinamento statale”, avvenuta nel 2017. Quel passaggio si intendeva “prodromico” al riconoscimento giuridico di vari Enti islamici e quindi dell’avvio di un processo finalizzato alla sottoscrizione di una o più intese con lo Stato.
La vostra attività ha riguardato solo il tentativo di attuare l’articolo 7 della Costituzione, ovvero di avvicinare il Governo italiano a stipulare una Intesa con l’Islam?
Non solo, perché nNel frattempo, in collaborazione con le Associazioni islamiche convocate dal Ministero e grazie al sostegno di vari Ministri e Sottosegretari, il Consiglio ha promosso corsi di formazione finalizzati alla creazione di una leadership costituzionalmente e civicamente competente ed incontri rivolti ai giovani successivamente allargati a rappresentanti di altre comunità di fede di più recente insediamento in Italia, offrendo un’ apprezzata quanto originale occasione di dialogo interreligioso, strategica per la coesione sociale nella cornice delle competenze del Ministero dell’Interno.
Avevate avuto sentore di un non gradimento della vostra attività?
Riteniamo di poter affermare che questi progetti sono stati accolti con grande favore sia all’interno della comunità islamica sia all’esterno e che, come si evidenzia anche nella letteratura scientifica che li ha analizzati e commentati, essi siano stati riconosciuti anche all’estero come una best practice capace di illustrare una “via italiana” ai rapporti con l’islam. Queste attività si sono sostanzialmente concluse nel 2022 con un corso di formazione che ha coinvolto varie Università italiane e con la consegna di un corposo rapporto alla Direzione Centrale dei Culti.
Quando si sono incrinati i rapporti con il Ministero?
Dal 2022 il Consiglio è stato convocato una volta soltanto, il 13 luglio del 2023. In quella sede sia i membri partecipanti che la Sottosegretaria convennero su un piano di lavoro che, come si legge nel comunicato ancora oggi sul sito del Ministero, “sarebbe stato sostenuto con le risorse della nuova programmazione FAMI”. Nei mesi successivi il Consiglio, coinvolgendo varie università italiane – tra le altre, Sapienza e Roma III di Roma, Insubria, Statale e Cattolica di Milano, Padova – ha approntato varie proposte in linea con le indicazioni generali ricevute dal Ministero, anche adattandole a specifiche esigenze da questo espresse. In realtà, non si è concretizzato nulla: il Consiglio non è stato più convocato; i rapporti per la definizione dei progetti FAMI sono stati sospesi e, comunque, nessuna iniziativa è stata avviata o calendarizzata.
Ne ha sofferto anche il processo per il riconoscimento giuridico dell’islam?
I percorsi di riconoscimento giuridico della personalità giuridica di alcuni enti esponenziali musulmani che si trascinano da anni, non hanno ricevuto alcun impulso e, dunque, non hanno ancora avuto quell’esito positivo che finalmente ci si attendeva dopo l’approfondita istruttoria ministeriale e i pareri favorevoli del Consiglio di Stato.
Davvero non avete ritenuto possibile continuare il vostro lavoro?
Sulla base di questi dati di fatto, con vivo rincrescimento, abbiamo rassegnato le nostre dimissioni da un organismo ormai pletorico, privato di ogni strumento operativo e con ogni evidenza giudicato non rilevante per la definizione di orientamenti e politiche nei confronti dell’Iislam italiano e, più in generale, delle varie comunità di fede. Per parte nostra si conclude così un servizio reso gratuitamente, con piena lealtà alle istituzioni e in coerenza con il nostro impegno accademico e civile per la libertà religiosa
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