21 Giu Premier per due mandati. E se cade può decidere di sciogliere le Camere
Tratto da la Repubblica, di Giovanna Casadio.
ROMA – Sono quattro gli articoli della Costituzione che vengono toccati dalla riforma che introduce il premierato, cioè l’elezione diretta del presidente del Consiglio: l’articolo 94, 92, 88 e 59. La maggioranza di centrodestra sostiene che è stato fatto un lavoro chirurgico, ma in realtà la Carta cambia in modo sostanziale nella forma di governo.
Il cuore della riforma.
ll presidente del Consiglio viene eletto a suffragio universale e diretto e dura in carica 5 anni. Di fatto l’elezione del Parlamento è “a strascico” rispetto premier. Le Camere seguono cioè il destino del premier. È modificato l’articolo 92 della Carta dall’articolo 5 della riforma. Da evidenziare: non è stabilito quante saranno le schede che l’elettore si troverà nell’urna, l’ipotesi più probabile è che siano tre, una per la Camera, una per il Senato e una per il premier. È per ora chiarita la “contestualità” dell’elezione di Camere e premier.
La norma anti ribaltone
È stata la più discussa delle parti del premierato, perché sembra semplice stabilire che un premier resti in carica i 5 anni previsti, ma restano molte incognite e possibili crisi. E allora cosa accade? Entro dieci giorni dalla formazione, il governo si presenta alle Camere per la fiducia. Se il premier neo eletto non la ottiene, può riprovarci, ma può fare solo due tentativi. Se viene bocciato anche la seconda volta, allora si torna al voto.
Nonostante la contrarierà dei meloniani, i più convinti a sostenere che premier e Parlamento dovessero rispondere al principio di “simul stabunt, simul cadent”, è stata introdotta una norma anti ribaltone. Anche se la maggioranza parla di un “simul simul” temperato, perché il pallino della legislatura è sempre nelle mani del premier eletto.
Quindi nell’ipotesi di impedimento personale o di dimissioni volontarie del premier, entro sette giorni può chiedere di sciogliere le Camere, previa informativa parlamentare. Se non lo fa, è previsto che il capo dello Stato possa affidare l’incarico a un parlamentare che sia stato candidato in collegamento con il presidente del Consiglio eletto per attuare il programma. Può accadere solo una volta nella legislatura.
Mai più Monti o Draghi.
Evitato il ricorso a governi tecnici, tipo quelli di Ciampi, Monti, Draghi, Conte: impossibili con queste regole.
Legge elettorale decisiva
Sono state fatte tante ipotesi, ma la legge elettorale è un capitolo da affrontare. Non è ancora fissata la soglia con cui viene eletto il premier. Sarà inoltre il sistema elettorale a garantire al presidente del Consiglio eletto la maggioranza assoluta attraverso un premio di maggioranza.
Limite di mandato
Il premier è eletto per cinque anni e per non più di due legislature consecutive che possono aumentare a tre se complessivamente il periodo in cui ha ricoperto l’incarico è stato inferiore a sette anni e sei mesi.
Stop senatori a vita
Cambia l’articolo 59 della Carta che recita: “Il presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico, letterario”. Resteranno in carica gli attuali Segre, Monti, Rubbia, Piano, Cattaneo.
Presidente della Repubblica
Conferisce l’incarico all’eletto e può revocare i ministri su proposta del premier. Però i poteri di garanzia, ovvero la possibilità di intervenire nella formazione dei governi a inizio legislatura o di avere un ruolo nella soluzione di emergenze istituzionali, non gli spettano più. Tuttavia conserva gli altri poteri, tra i quali la nomina dei 5 giudici costituzionali e presiede il Csm. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Per l’elezione del capo dello Stato inoltre sarà necessaria una maggioranza assoluta solo dal settimo scrutinio.
Norma transitoria
Al secondo comma è scritto che «la legge costituzionale si applica a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere, successiva alla data di entrata in vigore della disciplina per l’elezione del presidente del Consiglio dei ministri e delle Camere». Resta la suspense: se la Consulta bocciasse le future regole sul voto?
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