silvja manzi ombre russe

Ombre russe

Di Silvja Manzi

I recenti casi delle elezioni in Georgia, in Moldova e in Romania hanno mostrato quanto l’influenza russa sia forte al punto da far vacillare giovani democrazie, persino all’interno dell’Unione europea. Anche in Italia la propaganda russa è sempre più strisciante ma sempre meno occulta. Quali gli strumenti democratici per affrontare e vincere una vera e propria guerra ibrida?

Nelle scorse settimane ci siamo occupati delle elezioni in Georgia che, con un risultato fraudolento, hanno portato al potere il partito filorusso Sogno Georgiano. Il neo Primo Ministro ha sin da subito dichiarato di sospendere il processo di integrazione europea, smentendo non solo la campagna elettorale del proprio partito ma la stessa Costituzione georgiana che fissa l’obiettivo europeo tra i suoi principi fondanti. Per questo motivo da alcune settimane in tutto il Paese, in particolare nella capitale Tbilisi, si stanno quotidianamente svolgendo massicce manifestazioni nonviolente e ciononostante brutalmente soffocate dalle forze dell’ordine. Centinaia di poliziotti incappucciati aggrediscono e arrestano manifestanti inermi. Politici dell’opposizione vengono prelevati dalle loro case, picchiati e arrestati. Il tutto davanti alle telecamere. Con un senso di impunità sconvolgente.

La presidente Salomé Zourabichvili è intervenuta al Parlamento europeo con un discorso che potrebbe rimanere nella storia, se la storia dovesse volgere al peggio. Ha esortato l’Europa a difendere i propri valori non abbandonando la Georgia. Ha spiegato nel dettaglio le modalità con cui si sta compiendo la russificazione del suo Paese, con tutte le istituzioni ormai sotto il controllo del partito unico. Ha raccontato di come le elezioni siano state manipolate, nella preparazione, nello svolgimento e nel risultato. Ha ricordato come il nuovo Parlamento, che si sta riunendo senza la partecipazione dei partiti di opposizione, sia costituzionalmente illegittimo e tuttavia abbia eletto il nuovo Presidente e stia approvando leggi che minano ulteriormente le libertà personali. Ha sottolineato la pervasività dell’utilizzo della menzogna, della disinformazione pianificata, della campagna di odio che Sogno Georgiano sta portando avanti. E ha fatto presente come più volte Sogno Georgiano abbia dichiarato di voler mettere fuori legge i partiti di opposizione e arrestare la Presidente se non se ne va. Insomma, si tratta di un Paese sul bordo dell’abisso, che sta per cadere sotto il totale controllo russo. Può l’Europa permetterselo?

Una situazione analoga avremmo potuto averla in Moldova, se il voto della diaspora non avesse ribaltato i risultati delle elezioni presidenziali e del referendum pro UE impedendo alla longa manus russa di assoggettare il Paese. Come? Sempre con lo stesso metodo. Propaganda, disinformazione, fake news e investimenti milionari di chiara provenienza. Così si legge in un dossier dei Servizi moldavi in cui vengono smascherate le operazioni di destabilizzazione con tanto di nomi di politici, giornalisti e influencer pagati dal Cremlino. Uno schema noto ma, evidentemente, non ancora del tutto compreso nella sua enorme gravità.

Il “metodo” è stato utilizzato anche nelle recenti elezioni presidenziali in Romania, annullate per questo dalla Corte costituzionale. Il Consiglio Supremo di Difesa dello Stato aveva infatti prodotto un documento sulle infiltrazioni nel processo elettorale a opera di Mosca. Ma la decisione della Corte è stata accolta con opinioni contrastanti.

Per alcuni si tratterebbe di un precedente pericoloso e addirittura antidemocratico. Del resto sono state evidenti le interferenze russe anche nelle elezioni USA del 2016 o nel referendum Brexit dello stesso anno, ma non per questo quei risultati sono stati ricusati. Per altri, se i tentativi di manipolare i processi democratici sono evidenti e comprovati devono essere messe in pratica tutte le misure necessarie a impedire il sovvertimento criminoso delle strutture democratiche. Perché di questo si tratta.

Queste vicende mettono in luce la fragilità delle democrazie. A differenza delle autocrazie, come quella moscovita, le democrazie, per quanto imperfette, devono sottostare alle regole che ne sono sostanza: autonomia e separazione dei poteri, libera informazione, elezioni plurali, laicità delle istituzioni. Al contrario, un potere assoluto è tanto più forte quanto riesce a sottomettere tutto e chiunque, e ne definisce pure la narrazione.

Come reagire allora? Intanto avendo ben presente i termini della questione. Ci troviamo nel mezzo di quella che è a tutti gli effetti una guerra, ancorché ibrida. Occorre dunque trovare risposte adeguate a operazioni che sono manifestamente volte a destabilizzare e a raccogliere consenso per un regime autoritario, liberticida, criminogeno, guerrafondaio, terroristico. 

Non ne siamo immuni. Anzi, l’Italia è il “ventre molle” d’Europa rispetto alle sirene moscovite.

Recenti sono i casi di affissione di costosi manifesti di dimensioni ragguardevoli, apparsi in varie città italiane, che inneggiano alla Russia. “La Russia non è nostra nemica!”, “La Russia sconfiggerà il terrorismo”, “Proteggiamo i nostri figli insieme alla Russia” alcuni degli slogan, gli ultimi due peraltro su immagini evidentemente antisemite. E come non ricordare l’operazione “Dalla Russia con Amore”, in piena emergenza Covid-19, quando blindati russi percorrevano le autostrade italiane, mentre eravamo tutti chiusi in casa, accolti con giubilo dagli allora membri del Governo giallo-rosso. 

Non sembrano operazioni estemporanee se Vladimir Putin, nella sua conferenza stampa di fine anno, sente la necessità di affermare che «nella società italiana si nutre simpatia verso la Russia». Ovvero, se fosse vero, verso un Paese e un leader che ha scatenato una guerra di aggressione senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale, che elimina sistematicamente gli oppositori e i giornalisti liberi, che reprime qualsiasi forma di dissenso, di diritto, di libertà. E che ha concesso asilo politico a un altro tiranno da par suo. 

Proprio vedendo la fine del regime di Assad, Putin dovrebbe capire che anche il potere esercitato più brutalmente non è infinito. 

Ma è da noi, dalle nostre istituzioni, dall’Europa che deve venire la forza di difendere le nostre libertà e salvare le nostre democrazie. Sembra che all’Unione Europea manchi il coraggio di essere davvero ciò che propugna. È ora di trovarlo quel coraggio. Prima che sia troppo tardi.

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