14 Giu La fobia dell’educazione sessuale a scuola
Tratto da Uaar, di Daniele Passanante.
In Italia a non volere che l’educazione sessuale nelle scuole sia istituzionalizzata sono in molti. Ovviamente la chiesa cattolica che prova in tutti modi, riuscendoci, a inquinare il dibattito sul tema, intervenendo sull’argomento direttamente, ma anche attraverso associazioni integraliste e politici che spesso appaiono più cattolici del papa.
Nel 2019 perfino Bergoglio ha infatti ribadito l’importanza dell’educazione sessuale a scuola: «Nelle scuole […] bisogna dare un’educazione sessuale oggettiva, senza colonizzazione ideologica» ha dichiarato papa Francesco ai giornalisti il 28 gennaio 2019 nel corso di un volo tra Panama e Roma. Parole in piena contraddizione con quanto sta avvenendo, poiché è proprio l’ideologia cattolica che sta tentando di farsi spazio nell’insegnamento dell’educazione sessuale a scuola.
Il cavallo di Troia è l’associazione Teen star, presente in 40 Paesi, dove “star” è l’acronimo di Sexuality teaching in the context of adult responsibility (ovvero Educazione sessuale in un contesto di responsabilità adulta). Nelle scuole italiane è arrivata da qualche anno, con un programma di «educazione affettivo-sessuale per gli studenti delle primarie e secondarie».
Il metodo è promosso dall’associazione italiana di orientamento cattolico Forum delle associazioni familiari, dall’Age, Associazione italiana genitori, nonché da Pro vita e famiglia, la onlus integralista cattolica che si batte per la difesa della famiglia tradizionale, contro aborto e diritti Lgbtq+. La presidente di Teen star Pilar Vigil è membro della Pontificia accademia per la vita ed è stata ospite del meeting di Comunione e liberazione nel 2018.
Verrebbe da pensare che le parole di papa Francesco volessero aprire la strada proprio a Teen star, che propone un metodo nato intorno agli anni ‘80, fortemente sostenuto da papa Giovanni Paolo II, alla cui Teologia del corpo si ispira. I contenuti del programma sono soprattutto focalizzati sul tema della fertilità, associando fortemente l’esperienza del sesso alla riproduzione.
A rendere dunque davvero ideologico l’insegnamento è quindi innanzitutto la Chiesa per la quale temi come l’interruzione di gravidanza e l’uso degli anticoncezionali equivalgono a un omicidio e sono considerati peccati mortali. Di tanto in tanto poi il papa ci ricorda di stare lontani dall’ideologia gender, «pericolo più brutto del nostro tempo». Lo ha fatto almeno una volta all’anno in tutti gli anni di pontificato, l’ultima il 1° marzo scorso, tanto per ribadire posizioni rigide, prevaricanti e pretestuose contro la concessione di diritti egualitari per lesbiche, gay, bisessuali e transessuali.
A partire dal 2019 Teen star ha messo in atto una campagna di comunicazione aggressiva con articoli e interviste che ne promuovevano il metodo con affermazioni discutibili quali «ai ragazzi non interessa il sesso protetto».
La politica non è da meno e spesso il dibattito sul tema è di bassissimo livello. Ha toccato il fondo con l’intervento alla camera di Rossano Sasso, deputato Lega – Salvini premier, che il 26 ottobre scorso ha dichiarato: «Il centrodestra farà muro contro quella che io definisco una nefandezza nelle nostre scuole» rispetto alla proposta dell’opposizione di inserire l’educazione sessuale e affettiva a partire dalla primaria. Sasso parla di «un contenuto degradante, perché è sinonimo di degrado pensare di insegnare l’educazione sessuale a un bambino di 6 anni».
Nonostante tutto, comunque, nelle scuole italiane si fa educazione sessuale, ma l’insegnamento è lasciato all’iniziativa di progetti regionali o dei singoli dirigenti scolastici. In un istituto comprensivo di Torino, la scuola statale Costantino Nigra, da tre anni proprio l’associazione Teen Star, ente accreditato dal Mim, ex Miur, è intervenuta con un programma rivolto agli studenti alla presenza dei docenti della scuola.
Così nell’occhio del ciclone qualche settimana fa è finito il dirigente scolastico Maurizio Tomeo, classe 1956, da circa 20 anni alla guida della scuola Nigra di Torino, che si trova in uno dei quartieri centrali della città. Entrando nel suo ufficio, colpiscono, appesi alle pareti, simboli di un pantheon personale quantomeno originale: un enorme crocifisso, un ritratto del filosofo Baruch Spinoza, gli ex primi ministri d’Israele Ben Gurion e Golda Meir, la suora carmelitana Teresa di Lisieux proclamata santa da papa Pio XI.
Qui il corso di Teen star si è svolto dal 2022 senza ostacoli né lamentele da parte dei genitori per due anni consecutivi. Quest’anno però cinque famiglie si sono opposte, dato l’orientamento di Teen star, che inviterebbe i giovani alla castità anziché a un approccio consapevole alla propria sessualità. Tra i rilievi delle famiglie, quello di proporre metodi di contraccezione discutibili e poco efficaci, simili all’Ogino-Knaus: «Ci hanno spiegato – dice Maurizio Tomeo – che quest’ultimo l’hanno bandito.
Propongono invece una scheda che si trova su molti libri di testo delle medie in cui si parla semplicemente del ciclo ovarico». Ma il gruppo di cinque genitori ha sollevato il problema sostenendo la tesi di un programma fortemente connotato. «Effettivamente questo corso ha una matrice cattolica – continua il dirigente scolastico Tomeo – ma io non guardo mai l’uomo da dove viene, guardo dove vuole andare.
Questo è il Paese in cui sulla scuola vengono scaricate tutte le responsabilità. Poiché non c’è una legge dello Stato e il parlamento, gravemente carente, si occupa della scuola soltanto per scaricare la responsabilità, una presa di posizione da parte della scuola può fare scandalo». Il dirigente, dopo che il caso è finito sulle pagine dei giornali, ha così deciso di sospendere il corso per fare una verifica.
Ha chiamato Teen star e ha convocato sia il collegio docenti che il consiglio d’istituto. Il primo a maggioranza, il secondo all’unanimità hanno autorizzato alla prosecuzione fino alla fine dell’anno scolastico. Teen star, che abbiamo provato a contattare senza successo, ha replicato sul proprio sito con una nota in cui si difende dalle accuse.
Certo, mettendosi nei panni di un preside, le scelte non sono molte: o ignorare la questione, oppure decidere di affrontarla e rischiare di sbagliare. «Ci siamo resi conto – continua il dirigente Tomeo – che la scuola è l’unica vera rete sociale che si estende in questo quartiere.
In età preadolescenziale e adolescenziale le dinamiche tra ragazzi e ragazze evidenziano nelle differenze di ceto e di classe la necessità di un’educazione affettiva, anche perché l’uomo non è soltanto cervello ma anche cuore e corpo. Ci sono stati casi di revenge porn a scuola. Qui puniamo severamente la menzogna, l’insulto razziale e la violenza. Da anni i ragazzi quando crescono hanno carenze di carattere educativo nell’affetto e nell’accettazione del proprio corpo».
«Ci hanno accusato – gli fa eco la vicepreside Maria Cristina Rosso – di essere una scuola fortemente a matrice cattolica. Sì, se questo vuol dire avere attività di doposcuola, corsi di formazione professionale, rivolgersi al Gruppo Abele per interventi che parlino di accoglienza, diversità, convivenza. Sono le associazioni che fanno parte di Torino dove d’altra parte non esiste una scuola di formazione professionale completamente laica».
Ma nelle scelte che fa, la scuola deve essere laica oppure no? «Laica, ma non laicista – ribatte Tomeo – io nel mio studio ho trovato il crocifisso e non l’ho mai tolto. Non ho capito perché faccia tanta paura un rabbi giudeo immolato dai farisei sul patibolo romano in nome dell’amore di Dio e della carità verso gli uomini come legge universale.
Io non impongo il crocifisso in classe, ma non lo tolgo di certo. Chi si assume la responsabilità nella formazione dei giovani? Lo Stato non prende posizione, lo facciamo noi. In assenza di un quadro normativo, vista la situazione sociale, visto che compete alle Asl l’educazione al benessere e alla salute, ci siamo assunti la responsabilità di denunciare casi di abusi, violenza intrafamiliare, comportamenti scorretti da parte dei ragazzi, anche attinenti al genere».
Servono quindi al più presto linee guida nazionali per introdurre l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, con indicazioni precise che non lascino il tema all’iniziativa personale, evitino strumentalizzazioni, condizionamenti e chiusure.
La testa sotto la sabbia
È stato Plinio il Vecchio ad affermare per la prima volta che gli struzzi «immaginano, quando hanno infilato la testa e il collo in un cespuglio, che tutto il loro corpo sia nascosto». Come lo struzzo, sull’educazione sessuale a scuola, la politica nazionale nasconde la testa: l’Italia non fa parte dei 20 Paesi membri dell’Unione europea che la prevedono tra le materie scolastiche, mentre è nella lista dei sette Stati: Bulgaria, Croazia, Lituania, Polonia, Romania e Ungheria, che non l’hanno introdotta.
Nonostante l’Unesco parli di “diritto” all’educazione sessuale, e l’Oms raccomandi dal 2010 che sia insegnata fin dalla tenera età, in Italia manca un quadro giuridico che la sostenga e precise linee guida. Linee che stabiliscano, per esempio, che a scuola si insegni la consapevolezza del proprio corpo e del piacere, la salute e il benessere sessuale, pari dignità di genere, tolleranza, il rispetto di sé stessi e degli altri, la prevenzione dai rischi di malattie a trasmissione sessuale attraverso l’uso del preservativo, la contraccezione e quindi la prevenzione da gravidanze precoci e indesiderate, un’informazione adeguata e obiettiva sul diritto all’interruzione volontaria della gravidanza, su reati sessuali, stalking e revenge porn.
E invece soltanto in occasione di gravi fatti di cronaca, femminicidi e violenze, si torna a parlare di educazione sessuale nelle scuole. L’ultima volta che i media hanno affrontato l’argomento è stato nei giorni successivi l’11 novembre 2023, data del femminicidio di Giulia Cecchettin. L’attuale ministro per l’educazione e il merito Giuseppe Valditara aveva comunicato, insieme ai ministri della cultura e delle pari opportunità Gennaro Sangiuliano ed Eugenia Roccella, l’avvio di un piano con le linee guida aggiornate per contrastare la violenza di genere nelle scuole.
Grandi annunci, per poi scoprire che si trattava di una proposta per insegnare soltanto alle superiori “educazione alle relazioni”, trenta ore di lezione al pomeriggio su base volontaria. Sono trascorsi appena quattro mesi e già non se ne parla più. Dal 1977 a oggi in parlamento sono passate ben sedici proposte di legge. A chiedere di rendere obbligatoria l’educazione sessuale a scuola provano senza successo dal 1902, quando il tema era esclusivamente sanitario, per prevenire malattie veneree.
Se proprio ne deve parlare, la politica cerca di non usare l’aggettivo “sessuale”, probabilmente per evitare turbamenti nell’elettorato: si parla ora di educazione all’affettività, ai sentimenti, di ora di educazione socio-affettiva. Ipocrisia allo stato puro, probabile retaggio di anni di governi democristiani.
Diversa è la situazione in Svezia dove l’educazione sessuale è obbligatoria dal 1956. E, per restare vicino a noi, in Francia dove è parte integrante dei programmi scolastici dal 1973. Da più di mezzo secolo le scuole francesi riservano a questo tema fra le 30 e le 40 ore all’anno, oltre a distribuire profilattici agli studenti delle scuole medie e superiori.
Nelle scuole d’oltralpe la politica per la prevenzione e riduzione dei rischi è stata aggiornata nel corso degli anni. L’obiettivo delle ore di educazione sessuale è quello di evitare gravidanze precoci indesiderate, matrimoni forzati, infezioni sessualmente trasmissibili, la violenza sessista e sessuale, la cyberviolenza; il contrasto dei comportamenti omofobi e infine la promozione della parità tra donne e uomini.
Ma la Francia non è l’unico Paese confinante con l’Italia ad avere attivato una politica per l’educazione sessuale nelle scuole. Le linee guida della Svizzera sono state approvate nel 2008 per «offrire un orientamento chiaro e concreto ai docenti, in modo da assicurare agli allievi l’acquisizione di conoscenze e di comportamenti di cui hanno bisogno per prepararsi a vivere la sessualità in modo consapevole e sicuro».
Dunque che cosa si sta aspettando per introdurre in classe un insegnamento che sarebbe certamente più utile dell’ora di religione?
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