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L’ispezione all’ospedale Careggi e la battaglia ideologica contro le persone transgender

Tratto da Valigia Blu, articolo di Alessandra Vescio

 

Lunedì 23 gennaio è iniziata un’ispezione all’ospedale Careggi di Firenze per valutare che nel centro che si occupa di incongruenza e disforia di genere vengano seguite tutte le regole a oggi in vigore nei percorsi rivolti ai minorenni. L’ispezione, ordinata dal ministero della Salute, è arrivata dopo che, lo scorso dicembre, il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri aveva sollevato dei dubbi sulle procedure messe in atto nell’ospedale fiorentino. In un’interrogazione parlamentare, il senatore ha riferito di aver saputo che il farmaco triptorelina a Careggi verrebbe prescritto ai minori senza “assistenza psicoterapeutica e psichiatrica”. “Il centro non è obbligato a effettuare la psicoterapia, i bambini possono farla anche privatamente oppure nei servizi territoriali” ha dichiarato a La Nazione l’endocrinologo Domenico Canale, che nel 2019 ha realizzato le linee guida per la Toscana. “Per adulti e minori serve l’ok di due mental health, cioè psichiatra e psicologo” .

Cos’è e a cosa serve la triptorelina

La triptorelina è un analogo dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) e viene utilizzata per alcune patologie o condizioni per cui è necessario bloccare o ridurre la produzione di estrogeni e testosterone: può essere somministrata ad esempio in alcuni casi di cancro alla prostata o alla mammella, o in presenza di pubertà precoce, e cioè quando lo sviluppo sessuale ha inizio prima degli 8 anni nelle bambine e prima dei 9 nei bambini.

Linee guida e standard internazionali, che si basano su numerosi studi svolti negli ultimi anni, propongono il ricorso agli analoghi del GnRH, come la triptorelina stessa, anche per gli adolescenti all’inizio della pubertà e con disforia di genere, e cioè che vivono uno stato di angoscia e profondo disagio dovuto all’incongruenza tra la propria identità di genere e il sesso che è stato loro assegnato alla nascita.

L’assunzione di questo tipo di farmaci, detti anche bloccanti della pubertà, permette di sospendere in maniera temporanea lo sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari a cui si va incontro nel periodo puberale, come le mestruazioni e la crescita del seno nel sesso femminile e l’abbassamento della voce nel sesso maschile. L’azione di questi farmaci non è permanente ma reversibile, per cui qualora il trattamento venisse interrotto la pubertà riprenderebbe sulla base del sesso assegnato alla nascita. Questo trattamento non va inoltre confuso con la terapia ormonale che alcune persone transgender intraprendono. Quest’ultima infatti interviene sul corpo per affermare il proprio genere, mentre i bloccanti della pubertà mettono in pausa un processo in atto: la loro prescrizione ha lo scopo principale di dare più tempo all’adolescente di indagare la propria identità e di non doverlo fare con un corpo che intanto cambia identità.

Il diritto di essere transgender

 

“Le ragioni che portano a valutare l’assunzione di farmaci per bloccare la pubertà spesso derivano dalla necessità di ritardare cambiamenti fisici che saranno fattori scatenanti per la disforia di genere”, ha spiegato a Valigia Blu l’associazione e servizio di accoglienza per persone trans* Sat Pink, e “allo stesso tempo rappresenta una strategia condivisa per lasciare a queste persone il tempo necessario per esplorare la propria identità di genere”.

Il dibattito sulla triptorelina in Italia

Dopo aver chiesto un parere al Comitato nazionale per la bioetica, nel 2019 l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha inserito la triptorelina tra i farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale quando somministrata ad adolescenti con disforia di genere. I criteri per la prescrizione di questo farmaco riflettono le raccomandazioni internazionali, per cui è necessario che la persona abbia iniziato lo sviluppo puberale, abbia ricevuto una diagnosi di “disforia di genere” da un team multidisciplinare specializzato, e non trovi soluzione nell’assistenza psicologica, psicoterapeutica o psichiatrica.

L’AIFA inoltre specifica l’importanza di controlli periodici e il coinvolgimento delle famiglie. Da allora la decisione dell’Agenzia italiana del farmaco è stata più volte criticata dal fronte conservatore italiano, che in più occasioni ha parlato di poche conoscenze sulla sicurezza dei bloccanti della pubertà, dell’eventuale impatto sullo sviluppo fisico e psicologico di chi li assume e della troppa attenzione che viene rivolta al desiderio del minore quando si valuta la possibile somministrazione di questi farmaci. In realtà, però, questa opposizione è dovuta più a posizioni ideologiche e politiche che non a dati e fatti concreti.

I bloccanti della pubertà e la triptorelina nello specifico infatti non sono farmaci sperimentali, ma ben attestati nel loro uso e nella loro efficacia. A generare confusione è spesso la dicitura “off label” che accompagna queste prescrizioni, e che però non riguarda la loro sicurezza, quanto piuttosto la ragione dietro il loro utilizzo: l’uso dei bloccanti della pubertà è infatti definito “off label” perché impiegati per indicazioni e in modalità diverse da quelle per cui questi farmaci erano stati approvati.

Allo stesso tempo, anche sostenere che non siamo a conoscenza degli effetti a lungo termine non può essere considerato motivo valido per opporsi all’utilizzo di queste terapie: non solo infatti la maggior parte dei farmaci oggi disponibili causa effetti collaterali, ma ulteriori reazioni avverse oltre a quelle rilevate in fase di studio possono emergere anche dopo che un nuovo medicinale è stato messo sul mercato.

Inoltre, come specificato tanto dall’AIFA quanto dalle linee guida internazionali, la somministrazione dei bloccanti è sempre accompagnata da visite di controllo periodiche. “Al contrario di quanto affermato da alcuni politici”, hanno spiegato dal Sat Pink, i bloccanti della pubertà non sono “‘terapie sperimentali’, ma trattamenti che vengono già utilizzati da diversi decenni, effettuati con farmaci sicuri somministrati dietro attenta osservazione medica e seguendo protocolli ben stabiliti”.

Inoltre, “l’assunzione di questi farmaci viene fatta soltanto dopo un’attenta valutazione psicologica e medica della persona e delle sue esigenze”. A dimostrazione di ciò, gli studi oggi a disposizione, per quanto in numero ancora ridotto, rilevano che in nessun caso adolescenti con disforia di genere che hanno intrapreso la terapia dei bloccanti si sono pentiti di questa scelta.

Un controsenso poi è la critica sollevata più volte, ripresa anche da Maurizio Gasparri, sul troppo peso che verrebbe dato a ciò che i minori desiderano e riferiscono: “L’identità è una componente soggettiva”, ha spiegato Flavia che è madre di una persona non binaria, “perciò come può una terza persona dirmi qual è la mia identità?”. Quello che ancora si trascura e che invece meriterebbe maggiore attenzione è piuttosto il contrario, e cioè le conseguenze che l’opposizione, lo stigma e il rifiuto dell’identità di genere di una persona molto giovane può avere sulla sua salute mentale e fisica. Gli adolescenti e le adolescenti transgender infatti sono molto più a rischio dei loro coetanei cisgenere di soffrire di ansia e depressione, ma anche di considerare seriamente o tentare il suicidio. Questo rischio invece si riduce quando la persona vive in un ambiente familiare, sociale e amicale positivo e accogliente e ha la possibilità di accedere a forme di assistenza e terapie per l’affermazione della propria identità.

Il centro di Careggi e la situazione in Italia

Il centro che si occupa di disforia e incongruenza di genere all’ospedale di Careggi è uno dei pochissimi presenti in Italia a offrire servizi di assistenza per le persone trans o in fase di esplorazione sia maggiorenni sia minorenni. Coordinatrice del primo centro regionale in Italia con un focus sulla disforia di genere, l’equipe multidisciplinare che opera a Firenze offre servizi differenziati in base all’età e alle esigenze.

Nel caso specifico delle persone minorenni, il centro propone due percorsi diversi. Durante l’infanzia, il supporto è di tipo psico-educativo ed è rivolto alle famiglie, a cui vengono date le informazioni e gli strumenti per monitorare e comprendere la situazione, mentre ai bambini viene offerto “uno spazio di libera espressione di sé”. Nel caso di adolescenti il cui sviluppo sessuale è già iniziato, invece, si valuta il trattamento medico con la triptorelina come indicato dall’AIFA.

Solo in seguito e qualora l’incongruenza di genere permanga, l’adolescente lo desideri e la famiglia dia il consenso, si considera il percorso di affermazione di genere. Stando alle informazioni fornite dalla Regione Toscana, nel 2023 il Centro regionale ha registrato 150 accessi e offerto 26 prescrizioni di bloccanti della pubertà contro i 60 accessi e le 18 prescrizioni dell’anno precedente. Un numero maggiore di richieste di assistenza dunque che potenzialmente riflette la maggiore consapevolezza su incongruenza e identità di genere, ma che non influisce sul numero di somministrazioni dei farmaci.

L’età media delle persone che riceve la triptorelina poi è di 15,2 anni, e non di 11 come sostenuto da Maurizio Gasparri nell’interrogazione parlamentare. “Al centro di Careggi l’organizzazione è ottima” e “c’è un attento e scrupoloso consenso informato”, ha detto Ilaria a Valigia Blu, raccontando l’esperienza di suo figlio: “L’atteggiamento delle dottoresse è stato molto affermativo e di sostegno a quelli che sono i suoi vissuti e i suoi obiettivi, pur mantenendo un’estrema accuratezza nel percorso psicologico di valutazione”.

Il problema piuttosto è che, come ha spiegato l’associazione Sat Pink, “la situazione dei centri specializzati in Italia per l’assistenza alle persone transgender, specialmente se minori, è disomogenea e spesso carente”. In linea generale, infatti, non è facile trovare personale medico e sanitario che sia competente e formato su identità di genere e salute delle persone trans e non binarie, e che non abbia anche atteggiamenti discriminatori e stigmatizzanti. Questa difficoltà si riscontra anche nei centri specializzati in incongruenza di genere.

Prima di rivolgersi all’equipe di Careggi, ad esempio, il figlio di Ilaria aveva iniziato un percorso nel nord Italia dove “è stato sottoposto a ogni tipo di test psichiatrico, con un atteggiamento aggressivo e giudicante”. In quei 18 mesi, ricorda Ilaria, “gli veniva continuamente fatto presente che la sua sofferenza non era ‘significativa’ (avendo già fatto la transizione sociale si era alleviata molto), ma paradossalmente aveva anche ‘troppa ansia’”. Per queste ragioni, l’associazione Sat Pink è convinta della “necessità di investire risorse per migliorare l’accesso a servizi competenti e sensibili alle questioni di genere in tutto il paese. Questo significa non solo risorse per i centri esistenti, ma anche fondi perché quei centri che si sono specializzati negli anni adeguandosi agli standard internazionali possano diventare poli di formazione per equipe provenienti da tutto il territorio”.

Una battaglia ideologica

Nella direzione opposta invece sembra volersi muovere l’Italia, che con l’ispezione all’ospedale di Careggi potrebbe dare inizio a una battaglia contro i centri che si occupano di incongruenza di genere e dunque contro le persone transgender. Mentre dal ministero della Salute dicono che questi controlli non sono da considerarsi “un gesto punitivo”, ma “solo una verifica”, nell’interrogazione parlamentare di dicembre Maurizio Gasparri non ha messo in dubbio solo l’operato del centro fiorentino, ma i percorsi oggi disponibili per le persone transgender e in esplorazione. Rivolgendosi alla Presidente del Consiglio e al ministro della Salute, Gasparri infatti ha chiesto anche di sapere “se le pratiche mediche espletate nell’ospedale Careggi siano applicate anche in altri ospedali italiani” e se è il caso di valutare l’eliminazione della triptorelina dall’elenco dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale.

Qualora si proseguisse in questo senso, il rischio sarebbe quello di privare sempre più persone dell’assistenza e di un supporto adeguato e vitale. Betta, cofondatrice dell’associazione GenderLens e madre di una persona non binaria, ritiene ad esempio che escludere un farmaco costoso come la triptorelina dall’elenco di quelli a carico del Servizio sanitario nazionale, e farlo “per motivi meramente ideologici sarebbe un atto discriminatorio” e un modo per “negare l’esistenza stessa di queste giovani creature”.

Dello stesso parere è la madre di un’adolescente che al momento sta assumendo i bloccanti della pubertà: “Se dovessero impedire i bloccanti alla nostra bambina sarebbe veramente una tragedia”, ha detto a Valigia Blu, aggiungendo anche che se la figlia non avesse cominciato la terapia “oggi vivrebbe in uno stato di disforia sia per lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari sia per il dover affrontare il mondo dovendosi nascondere. Al contrario, attualmente vive serena la sua giovane età potendosi mostrare a scuola e in società per ciò che è. Soprattutto, adesso è felice di vivere. Studia con profitto, pratica sport, va alle feste con le amiche e ride, questo prima ci mancava”. Lucia e Claudia, madri di adolescenti transgender, hanno raccontato che alcune delle persone “che conosciamo e che stanno ultimando le visite prima del piano terapeutico si disperano al pensiero di non riuscire a ottenere i bloccanti e di dover quindi subire dei cambiamenti fisici non desiderati”.

Che si tratti di posizioni ideologiche e non basate sui fatti o su una reale preoccupazione nei confronti dei minori è palese. Da un lato infatti, le evidenze scientifiche oggi dimostrano non solo la sicurezza, ma anche la necessità di fornire assistenza e terapie adeguate ad adolescenti transgender e in fase di esplorazione. “Un farmaco salva-vita” è come ad esempio 12 gruppi di esperti in Italia hanno definito la triptorelina, in risposta all’ispezione al centro di Careggi.

Nella nota congiunta, i professionisti specificano non solo l’impatto che lo stigma nei confronti delle persone transgender e in fase di esplorazione ha sulla loro salute mentale, ma anche come i bloccanti della pubertà siano indicati “proprio nei casi in cui il rischio per la salute psicofisica dell’adolescente è significativo”. Per queste ragioni, sostengono gli esperti, è necessario “diffondere una cultura sulla salute” delle persone trans che sia “basata su evidenze scientifiche e non su pregiudizi e posizioni ideologiche che potrebbero mettere a rischio la salute” degli e delle adolescenti “e rendere ancora più difficile il loro percorso di affermazione di genere”. Maggiori ricerche sono sì allora necessarie, ma non nell’ottica di ostacolare ulteriormente l’accesso ai servizi sanitari, ma piuttosto per poter garantire la migliore assistenza alle persone transgender, la cui salute ancora oggi viene trascurata.

Al tempo stesso, le posizioni della destra italiana riflettono quelle dei partiti conservatori di altri paesi: “Le destre di tutto il mondo hanno eletto le persone transgender a loro bersaglio preferito: lo sta facendo il partito conservatore nel Regno Unito, lo sta facendo il partito repubblicano negli Stati Uniti, e lo sta facendo adesso la destra italiana”, ha spiegato l’associazione Sat Pink, che ha parlato di “mossa politica fatta con lo scopo di aumentare i consensi, facendo campagna elettorale sulla pelle delle minoranze”. “Una pericolosa battaglia ideologica” è come invece l’ha definita Betta, “una strategia comune e irresponsabile, messa in atto per impedire alle giovani persone trans la possibilità di avere dei diritti, diritti che riguardano la loro salute e benessere, la loro autodeterminazione di genere e quindi la loro felicità”.

“In generale, riteniamo non sia prerogativa degli Stati democratici decidere in merito alle identità delle persone”, spiegano ancora dal Sat Pink, sostenendo anche la necessità di un modo diverso di parlare di esperienze trans: “L’approccio più sano e depatologizzante consiste nell’ascoltare e rispettare le esigenze della persona (anche se minore), fornendo un ambiente sicuro per esplorare l’identità di genere senza giudizi, senza pressioni da parte degli adulti e, ovviamente, senza rischio di abusi fisici o psicologici di alcun tipo”.

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