23 Giu PRIVAZIONE DELLA LIBERTA’ DEI MIGRANTI: UN VERO AFFARE
Tratto da Il Dubbio di Damiano Aliprandi
Sono 56 milioni di euro, previsti complessivamente nel periodo 2021- 2023, gli appalti destinati alla gestione dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio ( CPR) affidati ai soggetti privati. Queste cifre, tuttavia, escludono i costi relativi alla manutenzione delle strutture e al personale di polizia.
La detenzione amministrativa si rivela quindi un business molto remunerativo che ha attirato l’interesse di grandi multinazionali e cooperative. La privatizzazione della gestione dei CPR rappresenta uno degli aspetti più controversi di questa forma di detenzione senza reato, consentendo a qualcuno di trarre profitto dalla privazione della libertà personale. A illustrare questa situazione è la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD), che ha presentato un nuovo rapporto intitolato ‘ L’affare CPR. Il profitto sulla pelle delle persone migranti’. Nel rapporto, si analizza attentamente il ruolo svolto dalle multinazionali Gepsa e ORS, dalla società Engel s. r. l. e dalle Cooperative Edeco- Ekene e Badia Grande, che hanno contribuito alla storia della detenzione amministrativa in Italia. Purtroppo, questa storia non è nobilitante, ma è caratterizzata da sistematiche violazioni dei diritti delle persone detenute. Gli enti gestori hanno la possibilità di massimizzare in modo illegittimo i propri profitti, anche a causa dell’assenza totale di controlli da parte delle autorità pubbliche.
Il rapporto denuncia le condizioni di detenzione che rischiano di essere inumane e degradanti e la negazione strutturale dei diritti fondamentali dei detenuti. Sì, perché, nonostante non abbiano commesso alcun reato, i migranti sono privati della loro libertà. Quindi detenuti. Con la differenza che non essendo formalmente reclusi, non hanno i diritti previsti dall’ordinamento penitenziario. Il diritto alla salute, alla difesa e alla libertà di corrispondenza non è tutelato all’interno dei CPR, luoghi brutali che permettono ai privati di speculare sulla sofferenza dei detenuti, grazie alla totale assenza di supervisione pubblica.
“Da sempre questi centri rappresentano un buco nero per l’esercizio dei diritti delle persone trattenute”, ha dichiarato Arturo Salerni, presidente di CILD. “Essi rappresentano anche un buco nero in termini di spesa a carico dell’erario, nonostante le gravi carenze nella gestione e le condizioni disumane in cui si trovano i soggetti che vengono privati della libertà senza aver commesso alcun reato. L’intenzione del governo di aumentare il numero dei CPR è il risultato di scelte ideologiche che non trovano fondamento nell’analisi del fenomeno. L’esperienza degli ultimi 25 anni, indipendentemente dalla gestione pubblica o privata dei centri, ci insegna che bisogna guardare a forme alternative e non coercitive per affrontare la questione delle persone irregolari sul territorio nazionale. Dobbiamo accompagnare le persone in percorsi di regolarizzazione ed emersione, cancellando l’obbrobrio della detenzione senza reato’.
Il rapporto ha messo in evidenza alcuni dati preoccupanti riguardanti i Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) in Italia nel periodo 2021- 2023. Al febbraio 2023, risultavano attivi 10 CPR in diverse città italiane, con una capacità teorica di circa 1.105 posti. Tuttavia, nel marzo 2023, è stato chiuso il CPR di Torino a causa delle proteste dei detenuti contro le condizioni di detenzione, che hanno reso la struttura inagibile. Ciò che emerge da questo studio è che nel periodo preso in esame le Prefetture competenti hanno bandito gare d’appalto per un costo complessivo di circa 56 milioni di euro (56.674.653,45 euro, IVA esclusa) finalizzate alla gestione dei CPR da parte di soggetti privati. A questi costi si aggiungono quelli relativi alla manutenzione delle strutture e al personale di polizia impiegato.
Tuttavia, le richieste di accesso civico presentate da CILD per ottenere informazioni sui costi delle forze dell’ordine nei Centri sono state rigettate dalle Prefetture per motivi di sicurezza. Questa cifra evidenzia come la detenzione amministrativa sia diventata un’attività molto remunerativa, in cui sembrano realizzarsi due tendenze preoccupanti. Da un lato, le imprese che gestiscono i Centri sembrano essere orientate alla massimizzazione dei profitti. Dall’altro lato, lo Stato sembra spinto a minimizzare i costi, scaricando la responsabilità della gestione delle strutture sui soggetti privati. Soluzioni? Secondo il rapporto di CILD, è urgente affrontare il problema migratorio in modo più efficace ed equo, superando completamente il sistema dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio. Già nel 2007, la Commissione parlamentare “De Mistura” aveva evidenziato la necessità di creare vie più accessibili e realistiche per l’ingresso regolare dei migranti, al fine di prevenire l’immigrazione irregolare e ridurre la necessità di detenzione amministrativa. Purtroppo, questo monito è rimasto inascoltato e il sistema di detenzione si è invece ampliato nel corso degli anni. Anche il nuovo governo italiano ha destinato ingenti fondi per espandere la rete dei CPR, allo scopo di accelerare le espulsioni dei migranti. Questo approccio – secondo il rapporto non solo perpetua un sistema inefficace e disumano, ma dimostra anche una mancanza di volontà politica nel trovare soluzioni alternative e più umane. Il decreto immigrazione adottato dal governo, dopo la tragedia di Cutro, ha introdotto nuove forme di detenzione amministrativa per i richiedenti asilo e ha dato la possibilità di commissariare la gestione dei Centri, bypassando le norme sugli appalti fino al 2035. Queste misure, volte a velocizzare la realizzazione di nuove strutture, secondo il rapporto sono estremamente preoccupanti.
“È deplorevole che alcune figure istituzionali, come il sindaco di Firenze, Dario Nardella, alimentino discorsi che generalizzano e criminalizzano tutte le persone migranti. Tale disinformazione crea un clima di paura e pregiudizio, colpevolizzando indiscriminatamente coloro che cercano una vita migliore”, denuncia CILD. E sottolinea che la detenzione amministrativa è un sistema inumano che viola la dignità umana. Nessuno dovrebbe essere privato della libertà personale per aver commesso una violazione amministrativa riguardante l’ingresso e il soggiorno in un paese. Per questo, secondo la coalizione italiana libertà e diritti civili, bisogna allontanarsi da questa concezione e lavorare verso un mondo in cui le frontiere siano aperte e il diritto alla libertà di movimento sia garantito a tutti.
Il rapporto ritiene importante sottolineare che passare da una gestione privata dei CPR a una gestione totalmente pubblica non risolverebbe il problema di base. Il sistema stesso della detenzione amministrativa deve essere superato, poiché rappresenta un fallimento umanitario e non offre una soluzione adeguata al problema migratorio. È necessario quindi investire risorse nella promozione di vie d’ingresso regolari, nell’integrazione delle persone migranti e nella creazione di politiche di regolarizzazione. Invece di concentrarsi sulla detenzione amministrativa come soluzione, secondo CILD dovremmo promuovere alternative efficaci e rispettose dei diritti umani. Queste possono includere programmi di accoglienza e supporto per i migranti, affinché possano integrarsi nella società ospitante, contribuendo al contempo al progresso economico e culturale delle comunità locali. Un approccio basato sui diritti umani implica anche la promozione di iniziative che contrastino le cause profonde delle migrazioni forzate, come la povertà, il conflitto e l’instabilità politica. Questo richiede una cooperazione internazionale più stretta, in cui i paesi si impegnino a lavorare insieme per affrontare le radici dei flussi migratori. Inoltre, è essenziale contrastare la narrativa discriminatoria e xenofoba che spesso accompagna il dibattito sull’immigrazione. La soluzione non risiede nell’ampliamento dei CPR o nella gestione pubblica o privata di tali centri, bensì nell’adozione di politiche inclusive, rispettose dei diritti umani e improntate alla solidarietà.
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