09 Giu 7 ANNI DI UNIONI CIVILI, 7 ANNI DI FIGLI SENZA DIRITTI
Tratto da La Repubblica di Maria Novella De Luca
Il 5 giugno del 2016, dopo una dura battaglia dentro e fuori le aule del Parlamento, dopo una mobilitazione strenua del mondo omosessuale, veniva approvata in Italia la legge sulle unioni civili. La cosiddetta legge Cirinnà.
Una legge di compromesso, nata con il grave “vulnus” di aver lasciato fuori, così chiedevano i cattolici (anche nel Pd), la tutela dei bambini, stralciando l’articolo sulla stepchild adoption, che avrebbe permesso l’adozione immediata dei figli già presenti nella coppia da parte del genitore non biologico. Eppure quel testo approvato nel 2016 che estende buona parte dei diritti del matrimonio civile alle coppie gay ha rappresentato per l’Italia una rivoluzione culturale. Incompiuta, naturalmente, se teniamo presente che nel 2016 quando con 372 sì, 51 no e 99 astenuti, con il voto contrario di parte di Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e l’astensione dei M5s la legge è entrata in vigore, in gran parte dell’Europa era già saldamente radicato il matrimonio egualitario.
Dai Dico ai Pacs, la lunga strada in Parlamento
Per la nostra Storia però è stato un concreto passo in avanti, dopo vent’anni di tentativi falliti per legittimare le unioni gay e lesbiche dai “Pacs” del 2002 ai famosi “Dico”, acronimo del testo di legge che legittimava i “diritti e i doveri delle persone stabilmente conviventi” voluto dal governo Prodi. Contro quella legge nel 2007 scesero in piazza a Roma, nel primo Family Day organizzato dalle destre con lo strategico supporto della Cei del cardinal Ruini, circa due milioni di persone. Il Paese per fortuna ha virato verso la civiltà. Immediatamente, nei sei mesi successi all’approvazione della legge, erano state 2.336 le unioni civili, “un numero particolarmente consistente che ha riguardato coppie da tempo in attesa di ufficializzare il proprio legame affettivo”, così segnalava l’Istat. Un fenomeno non paragonabile nei numeri ma simile nelle caratteristiche sociali a quello seguito alla legge sul divorzio, quando migliaia di coppie separate da anni si presentarono nei tribunali per mettere fine alle loro nozze e legittimare i nuovi amori. Nel 2021 sono state 2.148 unioni civili tra coppie dello stesso sesso con un aumento del 39,6% rispetto al 2020, anno di contrazione generale di tutti i matrimoni. Il 34,5% delle unioni civili è nel Nord-ovest, seguito dal Centro (27,2%). Tra le regioni in testa si posiziona la Lombardia con il 21,8%; seguono Lazio (13,8%) ed Emilia-Romagna (10,1%).
La corsa al “Sì” delle coppie mature, dopo tanta attesa
Nel 2021 l’8,5% delle unioni civili si è celebrato nel Comune di Roma e il 6,6% in quello di Milano. Si conferma anche nel 2021 la prevalenza di unioni tra uomini (1.225 unioni, il 57,0% del totale). Interessante, anche qui come racconto dell’evoluzione del concetto di famiglia, il tema dell’età. Sottolinea l’Istat: “Fino al 2019 la distribuzione per età degli uniti civilmente evidenziava un progressivo “ringiovanimento” rispetto al biennio 2016-2017. “L’introduzione nel nostro ordinamento di questo istituto giuridico, infatti, ha consentito inizialmente a coppie anche in età più avanzata – che da tempo aspettavano tale possibilità – di ufficializzare la propria famiglia e da qui il profilo più maturo che ha contraddistinto questa prima fase, con un’età media degli uomini superiore ai 49 anni e delle donne intorno ai 46 anni. Negli anni a seguire il profilo per età delle unioni è progressivamente ringiovanito”.
Oggi le unioni civili sono una realtà salda. Il passo successivo, logico, sarebbe l’approvazione del matrimonio egualitario. Ma l’attacco della maggioranza alle famiglie arcobaleno, con il divieto di trascrizione degli atti di nascita dei figli di coppie omogenitoriali, le polemiche contro l’inesistente “teoria gender”, l’esaltazione continua della coppia eterosessuale come unica forma legittima di famiglia, rappresenta un’erosione continua di diritti umani.
La leader Arcobaleno: “Quella legge ha tradito i nostri figli”
Commenta con un po’ di amarezza Alessia Crocini, presidente delle Famiglie Arcobaleno: “La legge sulle unioni civili ha segnato un passo importante per la tutela delle coppie dello stesso sesso, in un panorama come quello italiano privo di diritti per le persone Lgbt+. Bisogna però ricordare che si trattava di una proposta già “vecchia” nel 2016 e che non ha nulla a che fare con il matrimonio per tutti. Le unioni civili sono state fondamentali soprattutto per le coppie più anziane o in presenza di una malattia ma hanno anche scritto nero su bianco che i cittadini Lgbt+ non sono come gli altri. La differenza più grave è la mancanza di ogni regolamentazione della figliazione e questo ha lasciato i nostri figli e figlie senza nessuna tutela legale, dichiarandoli di fatto bambini di serie B. E oggi più che mai le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.”
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