Tratto da Aleteia, di Francisco Vêneto

La città di Parigi ha approvato di recente la richiesta di dichiarare la basilica monumento storico

L’11 ottobre, la prefettura di Parigi ha approvato la presentazione allo Stato francese della richiesta formale per far sì che la basilica del Sacro Cuore di Gesù, nota in tutto il mondo con il nome locale di Sacré-Coeur, a Montmartre, venga dichiarata monumento storico nazionale.

Polemiche ideologiche

Il tempio, situato in cima alla collina del quartiere di Montmartre e per questo associato a una delle più famose viste panoramiche di Parigi, è al centro di una lunga polemica tra la Francia anticlericale e la Francia cattolica.
Tratto da ilriformista, di Giulia Milanese Caro Riformista, vogliate accogliere questa mia, che, a partire da un’esperienza personale, ha l’illusione di porsi come una riflessione di più ampio respiro sulle sorti della laicità all’interno della nostra scuola pubblica. Parto dai fatti: i miei figli, 3 e 7 anni, frequentano una scuola statale napoletana, il primo all’infanzia, la seconda alla primaria, e per entrambi ho scelto la strada dell’esonerodall’Insegnamento della Religione Cattolica. A prescindere dalle mie personali idee sulla religione, sono persuasa che a questa età, nella quale i bambini ancora non hanno definito i confini di cosa sia reale e cosa no, né possiedono gli strumenti critici per affrontarli, trattare questi temi sfoci irrimediabilmente nell’indottrinamento. Per mia (e non solo mia) fortuna, come ha precisato la Corte costituzionale con la sentenza 203 dell’11 aprile 1989, il principio di laicità rappresenta un principio «supremo» all’interno della scuola pubblica: una scuola plurale, di tutti e per tutti, che riconosce l’eguaglianza delle confessioni religiose, senza concedere particolari privilegi o riconoscimento ad alcuna di esse.
da Centro Gobetti, editoriale di Pietro Polito  Due sono i fatti che caratterizzano il nuovo corso politico.  Il primo fatto viene esaltato ed è dominante non solo nei titoli e nelle pagine dei giornali: la vittoria della destra.  Dopo quello di un “capo storico del neofascismo” alla Presidenza del Senato, avvenuto il 13 ottobre in modo losco, turpe, indegno, riprovevole, anonimo, sotto banco con il soccorso “rosso” o “rosa” di una parte dell’opposizione, e dopo quello di un “fondamentalista cristiano”[1] alla Presidenza della Camera, abbiamo assistito, per la prima volta, all’insediamento di una erede diretta del partito post-fascista alla direzione del governo del Paese, alla guida di un partito, il più votato da coloro che si sono recati alle urne, che non ha ancora fatto e non intende fare seriamente i conti con il fascismo. Invece il secondo fatto viene sostanzialmente ignorato se non oscurato ed è destinato a finire nel dimenticatoio: l’affermazione del partito dell’astensione come il primo partito in Italia in rappresentanza di un esercito di elettori e di elettrici che, certo per ragioni diverse e contraddittorie, non si riconoscono in un sistema di partiti sempre più simili a prodotti di marketing.
Tratto da IlManifesto, di Glória Paiva VITTORIA AL FOTOFINISH. 50,9% contro 49,1%. 2 milioni di voti in più rispetto a Jair Bolsonaro consentono al leader del Pt di essere rieletto per la terza volta. Il leader del Partito dei lavoratori (PT), Luis Inácio Lula da Silva, ha vinto le elezioni presidenziali brasiliane nel combattuto ballottaggio di ieri in Brasile, con il 50,9% dei voti – meno dell’1% in più del suo avversario, di estrema destra, Jair Bolsonaro, che ha raggiunto il 49,1%. La distanza tra i due candidati è la più esigua della storia della democrazia brasiliana: 2,1 milioni di voti. Le astensioni sono arrivate a 20,57%, fa sapere il Tribunale Supremo Elettorale (TSE).  La scelta finale degli elettori pone fine così a una campagna elettorale caratterizzata da un grado di violenza, disinformazione e polarizzazione senza precedenti. Dopo 12 anni, Lula tornerà al potere per il suo terzo mandato, un fatto inedito nel Brasile. Questa è anche la prima volta, dall’impeachment di Fernando Collor di Mello, nel 1992, che un capo di Stato non è riuscito a farsi rieleggere per un secondo mandato.
Tratto da Vita, di Angelo Moretti

Si avvicina il 5 novembre, la grande marcia europea per la pace, e dopo gli strafalcioni e le grandi incongruenze della manifestazione di piazza Plebiscito a Napoli, molti pacifisti avvertono il pericolo dietro l’angolo anche sulla manifestazione di Roma del 5 novembre. Il rischio è presto detto: una manifestazione che “chiede la pace” ma che non sa esattamente cosa intende raggiungere con questa parola invocata. Proviamo a rispondere

Si avvicina il 5 novembre, la grande marcia europea per la pace, e dopo gli strafalcioni e le grandi incongruenze della manifestazione di piazza Plebiscito a Napoli (dove gli studenti hanno subito una sorta di “mobilitazione parziale” a rovescio), molti pacifisti avvertono il pericolo dietro l’angolo anche su Roma. Il rischio è presto detto: una manifestazione che “chiede la pace” ma che non sa esattamente cosa si intende con questa parola invocata.
Tratto da Riforma  La missione di questa nuova attività  è «il sostegno ad una scuola laica, attenta a riconoscere il pluralismo religioso e culturale della società italiana, e a promuovere una didattica che lo riconosca come asse educativo e patrimonio civico»

La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) apre lo “Sportello Scuola Laicità Pluralismo”, un servizio rivolto a chiese evangeliche, associazioni culturali, gruppi confessionali e individui.

La missione di questa nuova attività della Fcei è «il sostegno ad una scuola laica, attenta a riconoscere il pluralismo religioso e culturale della società italiana, e a promuovere una didattica che lo riconosca come asse educativo e patrimonio civico».

«Ci assumiamo questo nuovo impegno perché sollecitati dalle chiese membro– spiega il presidente della Fcei, prof. Daniele Garrone – ma è nostra intenzione mettere a disposizione questo sportello di quanti nella scuola e nella società italiana condividano l’idea di una scuola laica e, al tempo stesso, capace di rappresentare il pluralismo religioso e culturale che si esprime nella società Italiana. Purtroppo – aggiunge il Presidente della Federazione – ancora oggi assistiamo a tentativi di confessionalizzare alcuni spazi della scuola pubblica che, oltre a contraddire lettera e spirito della Costituzione, limitano lo sviluppo di percorsi didattici coerenti con il carattere multireligioso e interculturale del Paese».

Tratto da volerelaluna, di Giovanna Lo Presti Non ricordo un periodo precedente al nostro in cui l’unanimismo abbia saturato a tal punto l’informazione giornalistica e televisiva da renderla difficilmente tollerabile da parte di chi avrebbe la pretesa di pensare con la propria testa. Il “la” è stato dato dal Governo Draghi, il “governo dei migliori”, il cui unico merito è stato quello di mandare in giro, quasi fosse la Madonna Pellegrina, un premier in sintonia con la razza padrona europea e mondiale. Se faccio riferimento a due ambiti in cui ho una qualche competenza, la scuola e l’ambiente, posso dire con certezza che il Governo Draghi, non solo non ha fatto nulla di buono ma, anzi, ha peggiorato la già precaria situazione. Lascio da parte, per evidenti demeriti, ogni annotazione sulla politica scolastica del Governo Draghi, nonché sull’uso dei fondi del PNRR per le scuole. La “transizione ecologica” si è rivelata una farsa nel momento stesso in cui Draghi, a fine febbraio scorso, ha proposto il ritorno al carbone. Qualche anno fa Assocarboni informava che «l’Italia importa via mare circa il 90% del proprio fabbisogno di carbone». I dati (tratti dal sito https://www.green.it) si riferiscono al 2016, lo stesso anno in cui il WWF pubblicò il rapporto “Spazzare via la nuvola nera d’Europa: tagliare il carbone salva vite umane”, titolo esplicito e che non richiede commento. Le sette centrali ancora in attività in Italia sono altamente inquinanti e, notoriamente, il nostro Paese non produce carbone, se non nel bacino del Sulcis Iglesiente. Quindi, è bastato l’alito fetido di una guerra sostenuta con le armi dall’intero Occidente per buttare alle ortiche la maschera “verde” e correre ai ripari pur di proteggere un modello di sviluppo scellerato e incurante dei beni più preziosi, la salute e la vita; per giunta nella consapevolezza che l’Italia, anche per il carbone, dipende dall’estero. E questa sarebbe la serietà del migliore dei premier possibili?

Aspre polemiche sui documenti presentati dal consigliere del Carroccio sulle interruzioni di gravidanza. Ferraresi: "Atti irricevibili". Lui le ritira: "Volevo conoscere i fenomeni. Io, strumentalizzato dalla sinistra"

Tratto da ilRestodelCarlino, di Federico Di Bisceglie Ferrara, 20 ottobre 2022 - Il grande imbarazzo. Appena protocollate e già ritirate. Il consigliere leghista Alcide Mosso si è addentrato in un terreno scivoloso chiedendo, attraverso due interrogazioni "quante donne si sono presentate nelle strutture del servizio sanitario, per effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza" per svariati motivi e per appurare "il numero di giorni intercorsi fra l’attivazione delle procedura e l’intervento". Non solo, l’esponente del Carroccio ha chiesto copia della "rilevazione statistica dei casi di interruzione di gravidanza" predisposta dalla Regione.
Tratto da pressenza

Gli attivisti di XR hanno manifestato vestiti da Minions al grido di: “Crimine del secolo: distruggere il clima”

Purtroppo, nonostante l’oggettivo e indiscutibile carattere del tutto nonviolento delle manifestazioni di XR, rileviamo un’escalation dell’uso di sistemi sproporzionati dell’uso della forza nei loro confronti da parte delle forze dell’ordine. Uno degli episodi è avvenuto di fronte ad una passante minorenne, ci chiediamo con quali effetti emotivi ed educativi. Le immagini fotografiche sono nella galleria (slide show) in fondo all’articolo. Era presente la Consigliera regionale Frediani di M4O, che, come sono accaduti i fatti, è immediatamente andata ad interloquire con i funzionari della Questura presenti. La Consigliera non ha mancato di dichiarare l’appoggio di Movimento 4 Ottobre alla manifestazione. Questo uso non conforme della forza ha l’effetto di indignare quella notevole parte dell’opinione pubblica sensibile al tema del clima e può provocare una radicalizzazione degli attivisti. Di fatto non conduce nella direzione del mantenimento dell’ordine pubblico. Nel momento in cui le manifestazioni sono nonviolente, l’uso inutile della forza sovverte di per sé l’ordine pubblico, creando inutile tensione. Cosa certamente non prudente in un momento come questo.
Tratto da ilGiornale, di Mauro Indelicato Il presidente turco guarda alle presidenziali 2023 e cerca di saldare i rapporti con l'elettorato fedele al suo Akp proponento di inserire nella costituzione il diritto delle donne a indossare il velo La questione del velo è oramai tornata centrale in Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha lanciato la proposta di indurre un referendum per inserire nella costituzione il diritto delle donne a indossare l'hijab negli edifici pubblici. Ankara infatti per anni ha vietato il velo in pubblico e il governo dell'Akp di Erdogan ha tolto solo parzialmente tale divieto. Ora la vicenda potrebbe essere decisiva in vista delle presidenziali del 2023.

La proposta di Erdogan

La questione in Turchia è molto sentita. In ballo c'è l'identità stessa della repubblica turca. Il divieto di indossare il velo nei luoghi pubblici è sempre stato visto, soprattutto dai movimenti progressisti e dai movimenti in difesa dei diritti delle donne, come il bollo della laicità della Turchia di Ataturk. Di quella Turchia laica cioè nata sulle ceneri dell'Impero Ottomano quasi cento anni fa.