Silvio Lavalle

Abbiamo un governo di destra che non solo non nasconde i suoi vecchi tatuaggi fascisti ma dal quattro gennaio scorso ne esibisce fieramente uno tutto nuovo: una bandiera italiana a mezz’asta accanto al catafalco di Joseph Ratzinger. Molti (ma troppo pochi) hanno sottolineato la patente violazione del principio di laicità dello Stato, e dunque della sua essenza democratica che risiede nella capacità di rappresentare tutti i cittadini e non solo quelli di religione cattolica. C’è però un ulteriore indizio della volontà di Giorgia Meloni di operare una manovra che in gergo militare si direbbe “a tenaglia” e di assediare la cittadella della laicità che nonostante le sue mura sbrecciate ancora ci protegge. Lo ha fatto ignorando volutamente la volontà di Papa Bergoglio che aveva deciso di non solennizzare eccessivamente le esequie, scegliendo una linea di sobrietà, e certamente non ha previsto bandiere a mezz’asta o manifestazioni pubbliche di lutto. Le sue scelte, nei momenti in cui andavano prendendo forma nelle stanze vaticane, non sono certamente sfuggite né al nostro ambasciatore, né ai vertici del nostro Governo. Appare così tutt’altro che un’inconsulta, improvvida esagerazione l’imposizione a tutti i pubblici amministratori italiani della bandiera a mezz’asta sui palazzi municipali. Quel che il governo ha voluto fare è invece lanciare a meno di quattro mesi dal suo insediamento l’ennesimo messaggio identitario, riproponendo questa volta all’intero paese la storicamente ben nota alleanza tra clericali e conservatori. Per farlo ha operato una paradossale invasione delle prerogative Vaticane. Questa volta non abbiamo un cardinale eminente che si intromette nelle cose dello Stato e nelle politiche nazionali, ma lo Stato che si intrufola nelle cose del Vaticano per candidarsi ad un’alleanza con i suoi settori più conservatori.

La Redazione La siccità che ci affligge, la più grave degli ultimi 500 anni, sembra essere una metafora dell’aridità della politica di questa campagna elettorale, mai bagnata da una salutare pioggia di idee. In questa azione di propaganda autoriferita, poverissima di contenuti, assistiamo a un improvviso quanto poco credibile spostamento a sinistra di forze come PD e M5S, dimentichi che le urgenze sociali a cui vorrebbero rispondere sono ormai compenetrate dalle questioni ambientali ed energetiche. Lo spostamento risulta tanto meno credibile quando, dimentichi di ogni principio di laicità questi e altri partiti bussano alla porta del Meeting di Rimini, storico palcoscenico su cui ogni anno viene messa in scena la decapitazione della laicità, alla ricerca di consensi politici da trasformare in qualche voto in più. Sembrerebbe che laicità, verità e consapevolezza versino davvero in cattive condizioni.
Tratto da IlSussidiario.net, di Niccolò Magnani
La Chiesa in Francia protesta contro la legge anti-separatismo Islam: “rischio di restrizioni alla libertà di culto di tutte le fedi e associazioni religiose”
LA PROTESTA DELLA CHIESA CONTRO LA LEGGE DI MACRON
Da sempre la Francia è la “patria” dove il confine sottile tra laicismo e laicità spesso viene “confuso” se non del tutto varcato: succede infatti che l’ormai famosa “legge contro il separatismo” voluta dal Presidente Macron nel 2020 per contrastare l’aumento di “forme” jihadiste e fondamentaliste islamiche, si stia tramutando in un sorta di “tagliola” in generale per la libertà di culto in Francia. La denuncia arriva dalla Conferenza Episcopale  francese, assieme ai fratelli protestanti e ortodossi, direttamente al Consiglio Costituzionale (molto simile per funzioni alla nostra Consulta): ad essere contestate sono le nuove disposizioni restrittive contenute nella legge «per confortare il rispetto dei principi della Repubblica». Il testo modificato di recente introduce restrizioni anti-terrorismo che però rischiano di intaccare le associazioni di ispirazione religiosa, e non solo le pratiche anti-libertarie di una parte dell’Islam.
Tratto da MicroMega, della Redazione
Stando ai dati del Mef, si conferma il trend rilevato lo scorso anno con il calo della Chiesa e la crescita dello Stato.
8 per mille: continua il calo di preferenze per la Chiesa cattolica, che perde 260 mila firme, mentre si conferma il trend in favore dello Stato, che ne guadagna 220 mila. Sono questi i dati (provvisori) relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2021 pubblicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Già lo scorso anno (dichiarazioni 2020) si era registrato un “travaso” dalla Chiesa allo Stato, con le firme alla Chiesa scese per la prima volta sotto il 30% del totale dei contribuenti (dal 31,83%, 13 milioni 168 mila firme, al 29%, pari a 12 milioni 56 mila firme) e un balzo in avanti dello Stato di un milione di firme (da 2 milioni 830 mila a 3 milioni 801 mila, per un salto dal 6,8 al 9%). Il trend, secondo i dati provvisori diffusi dal Mef, si conferma, seppur in misura inferiore, anche per le dichiarazioni dei redditi del 2021: le scelte per lo Stato salgono a 4 milioni 21 mila, quelle per la Chiesa scendono ulteriormente a 11 milioni 795 mila.
Tratto da Notizie.it, di Lisa Pendezza
La Chiesa si comporta da Chiesa e chi si sorprende finge o si illude. Ma a doverci fare un esame di coscienza siamo anche noi laici.
C’è una linea sottile che separa la tradizione dall’incapacità di stare al passo coi tempi e ancora più sottile è l’ingegno che a volte ci vuole per distinguere tra le due cose. Più banalmente: quando “si è sempre fatto così” è un valore da proteggere e quando, invece, deve diventare la spinta verso lo stravolgimento di ciò che è stato e la nascita di qualcosa di nuovo?
Tratto da MicroMega, di Daniele Nalbone
Il vescovo Giuseppe Zenti in una lettera "a tutti i presbiteri e diaconi": "Votate per chi difende la famiglia voluta da Dio, contrasta l'ideologia gender, l'aborto, l'eutanasia e difende la scuola cattolica". Berizzi: "“L’Italia è uno Stato laico anche a Verona?".
A pochi giorni dai ballottaggi, il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, scende in campo e si schiera esplicitamene con il candidato della destra, il “meloniano” Federico Sboarina. E lo fa attaccando frontalmente Damiano Tommasi, sfidante per il centrosinistra del sindaco uscente. E poco importa che Damiano Tommasi sia un cattolico praticante, abbia sei figli e sia il fondatore di una scuola dedicata a don Milani, in quel di Pescantina.
tratto da datibenecomune.it   Quanti sono gli allievi che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica (IRC) nelle scuole italiane? Ci sono delle regioni o province in cui i “no” alla materia facoltativa dell’IRC superano quelli di altre zone d’Italia? L’aumento dell’età degli allievi influisce sulla scelta? E quanti sono gli studenti che si avvalgono invece di un’attività alternativa, che per legge dovrebbe essere proposta e garantita dagli istituti scolastici?
Di Valerio Pocar, tratto da critica liberale ...Il cosiddetto ottopermille, stabilito dalla legge 20.5.1985 n. 222, rappresenta una quota della contribuzione che lo Stato impone e si vorrebbe supporre che anche questa quota sia destinata a spese per servizi di utilità collettiva. Non è così. In forza della norma citata -non per caso stabilita in esecuzionedegli accordi tra Repubblica italiana e Santa Sede conseguenti alla revisione del Concordato clerico-fascista del 1929 lo Stato concede ai contribuenti di destinare una quota delle imposte dovute per l’Irpef (appunto l’8 per mille) a una confessione religiosa, purché si tratti di una confessione con la quale lo Stato ha stipulato una “intesa”. Così accade che la confessione musulmana, la seconda per numerosità in questo Paese, non può essere destinataria della quota d’imposta, perché l’intesa non c’è.