Tratto da Il Post Nei giorni successivi al grave naufragio avvenuto il 26 febbraio a Steccato di Cutro, in provincia di Crotone (Calabria), il governo guidato da Giorgia Meloni ha spiegato più voltedi volere impedire gli arrivi via mare di migranti contrastando le attività di due figure: i trafficanti di esseri umani e i cosiddetti “scafisti”, un termine usato quasi solo quando si parla di immigrazione per definire persone che guidano le imbarcazioni o i gommoni su cui i migranti arrivano in Italia. Mentre i trafficanti, cioè le persone che organizzano questi viaggi, sono spesso assai difficili da individuare e processare, ogni anno in Italia vengono arrestati decine di cosiddetti scafisti.
Tratto da Il Fatto Quotidiano Bruxelles inizia a perdere la pazienza. La Commissione europea ha ordinato all’Italia di recuperare gli aiuti di Stato illegali concessi a determinati enti non commerciali sotto forma di esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (Ici) dal 2006 al 2011. Si tratta soprattutto di immobili di proprietà della Chiesa. La decisione fa seguito a una sentenza del 2018 della Corte di giustizia europea che annullava parzialmente una decisione di Bruxelles del 2012, nella quale dichiaraval’esenzione fiscale dell’Italia incompatibile con le norme comunitarie sugli aiuti di Stato, ma rinunciava al recupero. Nel 2012 Bruxelles aveva scelto di non ordinare all’Italia di recuperare gli aiuti illegali perché le banche dati fiscali e catastali non consentivano l’identificazione dei beneficiari. Nel 2018 la Corte di Giustizia aveva parzialmente annullato questa decisione, ritenendo che la Commissione europea avrebbe dovuto valutare se esistessero modalità alternative per il recupero, anche solo parziale. Nella sua decisione odierna, l’esecutivo comunitario riconosce l’esistenza di difficoltà per le autorità italiane nell’identificare i beneficiaridelle esenzioni, ma conclude che ciò non sia sufficiente per escludere la possibilità di ottenere almeno un recupero parziale dell’aiuto. Ad esempio, viene evidenziato, “l’Italia potrebbe utilizzare i dati delle dichiarazioni presentate ai sensi della nuova imposta sugli immobili e integrarli con altri metodi, comprese le autodichiarazioni”. Bruxelles chiarisce inoltre che “il recupero non è richiesto quando gli aiuti sono concessi per attività non economiche o quando costituiscono aiuti ‘de minimis'”. Queste difficoltà, e probabilmente una certa inerzia, spiegano perché ancora non esista un dato ufficiale su quanti siano i soldi in ballo. Secondo le diverse stime di va da un minimo di un miliardo e mezzo fino alla somma monstre di 11 miliardi in 5 anni di tasse mai richieste dallo Stato italiano. Ecco le principali tappe della vicenda.
Tratto da Ansa di Redazione Ansa Hanno fatto causa all'amministrazione comunale perché non le ha riconosciute come mamme e adesso spetterà al Tribunale di Torino decidere. Una coppia arcobaleno, madri di due gemelline, nate con fecondazione eterologa praticata all'estero, hanno dato vita ad una battaglia legale (a cui la prima udienza si è svolta lo scorso 23 gennaio), in quanto il Comune di Trofarello, nell'hinterland di Torino, ha negato l'iscrizione all'anagrafe delle due sorelline come figlie di entrambe le donne.
Tratto da Domani di Elly Schlein Quantə di noi vengono da storie e provenienze che si intrecciano fra diverse città, Paesi e continenti? Il frutto di possibilità offerte e non negate, di partenze scelte oppure forzate, di incontri casuali, di fiori che spaccano l’asfalto, di sinergie lasciate libere di crearsi e non soffocate. Di come avrebbe potuto essere ma non è stato, di come invece poi è stato, nonostante tutto. Così è anche la storia della mia famiglia.
Tratto da il Sussidiario.net di Niccolò Magnani Mentre ormai da 24 ore Alfredo Cospito ha fatto ritorno in cella al 41bis nel carcere di Milano-Opera, la politica assieme alla giustizia e al Comitato Nazionale di Bioetica si interrogano sul destino di una vicenda tutt’altro che conclusa dopo il ricorso respinto in Cassazione lo scorso venerdì 24 febbraio. I medici dell’ospedale San Paolo di Milano, dove Cospito era stato ricoverato lo scorso 11 febbraio per il peggioramento delle condizioni di salute a seguito del perdurante sciopero della fame dallo scorso ottobre 2022, hanno confermato il buono stato generale delle condizioni attuali rimandandolo al SAI (Servizio di Assistenza Intensiva) all’interno del carcere di Opera. Nel frattempo si resta in attesa del parere del CNB che lo scorso venerdì ha reso noto di voler «proseguire l’analisi al fine di ottenere la massima convergenza possibile con riguardo alle delicate e complesse problematiche sottese, nel rispetto di tutte le posizioni sino a ora emerse».
Tratto da una parola al giorno 

li-be-rà-le

SIGNIFICATO: Generoso, magnanimo; fautore del liberalismo; mentalmente aperto e rispettoso delle libertà altrui

ETIMOLOGIA: voce dotta recuperata dal latino liberalis ‘proprio, degno di uomo libero’, e anche ‘nobile, generoso’, da liber‘libero’.

  • «Sono liberale, per me su queste faccende lo Stato non dovrebbe intervenire.»

«Il liberalismo, prima che una questione di più o di meno in politica, è un'idea radicale della vita: è credere che ogni essere umano debba essere libero di adempiere il proprio individuale e destino».

A dar retta a quanto scritto quasi un secolo fa dal filosofo spagnolo Ortega y Gasset, chi mai potrebbe rigettare la qualifica di liberale? D’altra parte, non solo il latino liberalis deriva da liber ‘libero’ – e come essere contrari alla libertà? –, ma il suo significato originario è ‘degno di un uomo libero’; perciò le arti liberali (come la , la geometria, la dialettica) erano dette così: in quanto vi si dedicavano persone libere dal bisogno di guadagnarsi da vivere, ossia di condizione sociale elevata. Logico quindi che liberale significasse anche ‘nobile, generoso, magnanimo’. Poi, tra il 18° e il 19° secolo, quando il termine ha assunto un significato politico, essere liberale equivaleva ad essere fautore della libertà, contro le monarchie assolute. E anche qui, chi mai avrebbe da ridire? Tutti liberali, quindi? Un momento.

Tratto da la Repubblica di Massimo Recalcati

La recente sentenza sul caso Berlusconi è l'ennesimo segnale di un grande problema che attraversa il nostro tempo, ovvero quello della confusione tra la dimensione sostanziale della Legge e quella formale delle regole. L'assoluzione di Berlusconi è stata resa possibile da un vizio formale che si è rivelato, secondo i giudici, sostanziale. In realtà, anziché porre fine ad una persecuzione, come sostengono i fedelissimi di Berlusconi, questa sentenza occulta di fatto la sproporzione profonda che intercorre tra il senso della Legge e l'applicazione delle regole.

Si tratta, ripeto, di una tendenza generale del nostro tempo che travalica decisamente il caso Berlusconi. Non è una valutazione giuridica, ma etica: il nostro tempo ha perso il significato più profondo del senso della Legge cercando di rimediarvi accentuando il valore e la moltiplicazione delle regole. L'appello alla necessità del rispetto delle regole rimbalza, infatti, dalla politica alla pedagogia, dalla filosofia morale alla vita sociale come un vero e proprio mantra dei nostri giorni, come una sorta di invocazione collettiva. In realtà, l'oblio più drammatico non riguarda tanto il rispetto delle regole, ma il senso della Legge. Se le regole non vengono rispettate è perché il senso della Legge non viene trasmesso con efficacia da una generazione all'altra. Da questo punto di vista il berlusconismo ha indubbiamente inaugurato un'epoca. Non solo piegando il senso della Legge ad interessi personali - vedi le cosiddette leggi ad personam -, ma facendo, ben più gravemente, dei propri interessi personali l'unica forma possibile della Legge.

Tratto da IRIS

Dal mondo omerico, in balia degli dei e del destino, alla Grecia classica, che annovera tra le azioni involontarie – e non punibili – l’omicidio commesso in preda all’ira, fino al dibattito a distanza tra Grozio e Rousseau sulla liceità della schiavitù volontaria, la riflessione sul significato, i limiti, i presupposti della “libertà del volere”, e sulle sue implicazioni etiche e politiche, non cessa di sollevare difficili interrogativi. A seconda che, con Platone, ci auto-rappresentiamo come soggetti liberi e responsabili (non solo di singole azioni, ma delle nostre stesse inclinazioni caratteriali) oppure, con Spinoza, riteniamo che ciascuno sia in buona misura determinato ad agire dalle circostanze in cui si è trovato a nascere e a vivere, cambiano le nostre idee di colpa, merito, responsabilità. E cambia il modo in cui ci poniamo di fronte ad alcune questioni controverse, su cui oggi la sinistra, ma anche i movimenti femministi e le associazioni per i diritti umani, sono divisi: la possibilità di distinguere tra prostituzione “per necessità” e “per scelta”; l’ipotesi di legalizzare la maternità surrogata, per lo meno quando non sia motivata da fini di lucro; la qualificazione del velo islamico come simbolo di sottomissione o di libertà. Sullo sfondo, le problematiche legate alle nuove forme di sfruttamento e auto-sfruttamento del capitalismo contemporaneo, che fanno leva sulla disponibilità degli individui ad accettare di buon grado di essere usati come mezzi per soddisfare i fini altrui.

Tratto da Il Dubbio di Damiano Aliprandi

Aumentano i ricorsi pendenti presso la Corte europea dei diritti umani (Cedu). L’Italia è tra i primi cinque Paesi che registrano tale aumento. Infatti sono oltre 74.650 i ricorsi, che per il 74% dei casi riguardano 5 Paesi: Turchia, Federazione Russa (non più parte alla Convenzione), Ucraina, Romania e appunto l’Italia che ne conta ben 3.550. È scritto nero su bianco nella relazione annuale della Cedu del 2022 a firma della presidente della Corte Europea Siofra O’Leary . Questo dato conferma l'importanza dell'attività della Cedu e la necessità di rafforzare la protezione dei diritti umani anche nel nostro Paese.

Di Ufficio stampa Uaar

Dopo un iter travagliato che dal 2013 vede l'Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti in causa con il Comune di Verona, con sentenza resa nota ieri, la seconda sezione della Corte d'Appello di Roma ha definitivamente condannato la città veneta al risarcimento di 50mila euro nei confronti dell'associazione, al pagamento integrale delle spese di giudizio, nonché alla immediata affissione dei manifesti a suo tempo censurati. Manifesti della campagna informativa circolata nel 2013 liberamente in tutto il resto d'Italia, "Viviamo bene senza D": una grande immagine giallo-nera (i colori sociali Uaar) con la scritta Dio, la cui iniziale sbarrata da una X ricordava ai cittadini che "dieci milioni di italiani vivono bene senza D". E che "quando sono discriminati, c'è l'Uaar al loro fianco".

Tratto da Riforma.it di Peter Ciaccio

In tempo per il XVII Febbraio è uscita per Netflix una serie tv che oscilla tra il legal e il crime, con protagonista una delle personalità più importanti della storia valdese, una donna che lottato per i diritti di tutti e tutte. La legge di Lidia Poët [pronunciato Pòet, sic] pare prendere, però, solo pochi elementi dalla storia: qualche nome, l’ambientazione torinese e due eventi biografici, cioè la cancellazione di Poët dall’albo l’11 novembre 1883, appena tre mesi dalla storica iscrizione quale prima avvocata, e il rigetto del ricorso da parte della Cassazione il 18 aprile 1884. Tutto, ma proprio tutto, il resto è frutto di invenzione. Pertanto non si può parlare di un’opera biografica. La scelta degli autori di omettere due informazioni importanti e potenzialmente gustose per il pubblico, quali il suo essere valdese e montanara, è di difficile comprensione. Di solito, i personaggi più caratterizzati sono quelli in cui è più facile identificarsi: quanti maschietti di città si sono commossi di fronte ai sentimenti della piccola Heidi?

Tratto da L'Essenziale di Luigi Mastrodonato

Mancano pochi minuti alla mezzanotte quando Fernando varca il cancello per entrare nel carcere di Bollate, nell’hinterland milanese. Fernando ha 43 anni, e la sua giornata da detenuto semilibero l’ha trascorsa prima nell’agenzia dove lavora come videomaker, poi facendo qualche ora di volontariato, e infine andando a salutare la famiglia. Fino a poco tempo fa la sua quotidianità si concludeva rimanendo a casa a dormire con la compagna. Ora invece deve ritornare in carcere.

Il governo Meloni non ha prorogato la misura del 2020 che permetteva ai detenuti in regime di semilibertà di restare fuori anche la notte, così da alleggerire il sovraffollamento carcerario. Fernando e le altre persone nella sua condizione, che in questi anni si sono costruite una nuova normalità nel mondo di fuori, si trovano ora catapultati in cella, come se la loro pena fosse ricominciata da capo. “Tornare in carcere in questo modo è stato peggio che entrarci la prima volta”, chiosa Fernando. “È una tortura fisica e psicologica: cosa vogliono ancora da me?”.