Tratto da ValigiaBlu di Aleksej Tilman Martedì 7 marzo il parlamento georgiano ha adottato in prima lettura due bozze di un disegno di legge “sulla trasparenza dei finanziamenti esteri”, meglio nota come legge sugli agenti stranieri, atto che ha esacerbato le tensioni già presenti da giorni in aula e nelle strade di Tbilisi. Alla notizia dell’adozione delle bozze, una folla numerosa si è radunata davanti al parlamento. Dopo due notti di manifestazioni e scontri con la polizia, la mattina del 9 marzo il partito di governo Sogno Georgiano ha annunciato che avrebbe ritirato il disegno di legge, un messaggio inequivocabile sull’intensità delle proteste.
Tratto da MicroMega di Giuliana Sgrena

Celebrare l’International hijab day mentre le donne iraniane – e non solo le donne – mettono a rischio la loro vita per eliminare il chador è una sconfitta culturale e politica di chi, in occidente, sostiene di difendere i diritti delle donne. Paradossalmente in occidente si difende il diritto di portare il velo mentre nei paesi musulmani le donne lottano per il diritto a non portarlo.

Tratto da Dire di Chiara Adinolfi 

ROMA –  Il video che sta già circolando sui social è confusionario, ma basta per capire lo stato di tensione che si è accesa questa mattina al liceo ‘Einstein’ di Via Bologna a Torino, da ieri occupato per protestare contro “il modello scolastico disegnato dal ministro dell’Istruzione Valditara e contro il suo concetto di merito”, spiega alla Dire Martina, studentessa torinese. Nelle immagini pubblicate sulle pagine Instagram di ‘Osa nazionale‘ e ‘Collettivo Einstein Torino‘, si vedono gli occupanti trincerati dentro la scuola e, fuori dai cancelli, gli agenti della Digos in borghese che tentano di accedere. Per una frazione di secondo, si vede il braccio di un agente attorno al collo di uno studente, poi la presa viene lasciata, il cancello si richiude e gli studenti tornano a urlare “fuori la polizia dalle scuole”. “Ora la situazione si è calmata”, spiega alla Dire Martina, che non frequenta il liceo Einstein ma fa parte di Osa Torino, l’organizzazione studentesca che ha promosso l’occupazione. Dopo l’episodio di questa mattina gli studenti hanno indetto un’assemblea nel primo pomeriggio e sono intenzionati a continuare la loro protesta. “Forse l’occupazione dell’Einstein ha dato fastidio perché non è stata una finta occupazione ma una vera protesta, con corsi sulla lotta No-Tav, e laboratori sul diritto alla casa e sul conflitto in Palestina”, spiega la studentessa. “L’intenzione è quella di far proseguire l’occupazione fino a venerdì, ma a questo punto speriamo di coinvolgere anche altre scuole e di estendere la protesta”, aggiunge.

Tratto da The Submarine di Alessandro Massone

Migliaia di attivisti da tutta Europa - secondo la polizia tra 8 e 10 mila persone, secondo gli organizzatori più di 35 mila - sono arrivati a Lützerath per porsi come ultima linea in difesa del piccolo centro tedesco, abbandonato, che deve essere distrutto per garantire l'espansione della miniera di lignite di Garzweiler.

Tra loro c’era anche Greta Thunberg, che nel proprio intervento ha descritto la decisione di espandere la miniera di carbone come “vergognosa,” e ha denunciato come il capitalismo metta sempre i profitti davanti al benessere umano.

Il paese è abbandonato da anni — proprio perché incombeva l’espansione della miniera — ma gli attivisti sono intenzionati a cercare di fermarne la distruzione, sottolineando che l’allargamento costituirebbe una delle più grandi “bombe di carbonio” d’Europa. Le bombe di carbonio sono definite come progetti — esistenti o in fieri — di estrazione di combustibili fossili che risultano, o possono risultare, nell’emissione di un miliardo di tonnellate di CO2 nell’atmosfera. Sotto il paese tedesco si estende il giacimento di lignite della miniera di Garzweiler: la lignite, un tipo di carbone fossile, è la singola fonte di energia più dannosa per l’ambiente e l’area della miniera nel Nord Reno-Westfalia è già la fonte più grande di emissioni di CO2 in tutta Europa. Nel proprio comunicato stampa, Greenpeace definisce l’operazione come “un esempio vivido dei crimini che le aziende di combustibili fossili stanno commettendo in tutto il pianeta. Le aziende di combustibili fossili stanno inquinando e hanno rovinato la vita delle persone da quando esistono e l’hanno sempre fatta franca. Non permetteremo che questo continui, in Germania e nel resto del mondo.”

Tratto da La Stampa di Serena Riformato

Davanti all’ambasciata della Repubblica islamica a Roma attivisti e cittadini hanno accompagnato la consegna della petizione de La Stampa. Il direttore Massimo Giannini ha depositato otto scatoloni con le sottoscrizioni.

“Mai dimenticare, mai perdonare”. Davanti all’ambasciata della Repubblica islamica a Roma attivisti e cittadini hanno accompagnato la consegna della petizione de La Stampa per chiedere il rispetto dei diritti umani dei manifestanti iraniani che da oltre cento giorni il protestano contro il regime degli ayatollah.

Ai piedi della porta dell’ambasciata il direttore de La Stampa Massimo Gianni ha depositato i dieci scatoloni contenti le oltre trecentomila firme raccolte per salvare la vita di Fahimeh Karimi. Le nostre, le vostre firme per chiedere di fermare le incarcerazioni ingiuste, le torture, le condanne a morte di chi in Iran manifesta pacificamente per cambiare il proprio Paese.

Tratto da Internazionale di Pierre Haski

La democrazia brasiliana è sopravvissuta. Tuttavia, come è accaduto negli Stati Uniti dopo l’assalto al congresso del 6 gennaio 2021, in futuro il paese dovrà superare una crisi politica che colpisce le basi del sistema democratico.

La domenica nera della democrazia brasiliana è stata la cronaca di una catastrofe annunciata, perché in Brasile abbiamo ritrovato tutti gli elementi che avevano caratterizzato la crisi degli Stati Uniti. E proprio come accaduto a Washington, anche in Brasile lo stato si è dimostrato più resistente di quanto pensassero gli insorti. E soprattutto l’esercito non ha risposto ai loro appelli.

Le similitudini sono evidenti: l’indebolimento delle regole democratiche, con la pericolosa contestazione dei processi elettorali senza alcuna prova e nonostante le smentite delle istituzioni di controllo indipendenti; un discredito permanente del mondo dell’informazione, che l’8 gennaio ha portato all’aggressione di sei giornalisti; e infine un rifiuto della democrazia stessa, i cui simboli sono stati saccheggiati da un esercito di esaltati.

Tratto da MicroMega di Alessio Salviato

Le proteste servono a convincerci che l’unico modo che abbiamo per risolvere il problema è agire tutti e subito. Perché soffermarsi sul dito mentre gli attivisti ci indicano la luna?

Negli ultimi mesi abbiamo visto decine di attivisti ambientali lanciare vernice fresca contro i quadri esposti nei musei, bloccare le strade romane, impedire la partenza dei jet privati. Alcune settimane fa gli attivisti di “ultima generazione” hanno colpito anche la facciata del Teatro alla Scala. Di fronte a questi atti, la reazione di dissenso e condanna da parte della società civile sembra unanime – basta leggere qualche commento nei social network per cogliere la rabbia collettiva. Qualche forma di sostegno l’hanno ricevuta solo gli attivisti di Linate, complice il recente dibattito sull’inquinamento dei jet privati, rei di consumare in quattro ore l’equivalente di un cittadino medio in un anno.

Tratto da lifegate, di Simone Santi  La Fifa alle federazioni che saranno ai Mondiali in Qatar: “Concentriamoci sul calcio”. Le europee rispondono: “Continueremo a sostenere i diritti umani”. “Per favore, concentriamoci sul calcio”. La Fifa ha chiesto ufficialmente alle federazioni delle 32 nazionali che parteciperanno ai Mondiali in Qatar al via il 20 novembre di non porre in atto iniziative di protesta e di critica nei confronti dell’emirato per il mancato rispetto dei diritti umani, in relazione o meno con l’organizzazione del torneo. Alcune federazioni europee però hanno risposto duramente: “Continueremo a batterci per i diritti umani”. E visto che l’ambasciatore dei Mondiali Khalid Salman ha ribadito che in Qatar l’omosessualità è considerata un disagio mentale, probabilmente ce n’è davvero bisogno.

Mesi di proteste in tutto il mondo 

Da mesi, se non da anni, i Mondiali in Qatar sono nel mirino delle associazioni che si battono per i diritti umani ed ambientali, e ultimamente anche alcune nazionali partecipanti hanno mostrato le loro rimostranze: la Danimarca giocherà con una maglia priva del nome dello sponsor tecnico, che non vuole prestare la propria immagine al torneo, e con un terza maglia completamente nera in segno di lutto per gli almeno 6.500 immigrati morti sul lavoro per realizzare le infrastrutture necessarie allo svolgimento dei Mondiali. Khaled al-Suwaidi, un membro anziano del comitato organizzatore della Coppa del Mondo del Qatar, ha risposto all’annuncio della Danimarca, dicendo che il Paese ha usato i Mondiali di calcio “come catalizzatore per guidare il cambiamento” e ha riformato le sue leggi sui lavoratori migranti. I calciatori della nazionale australiana hanno pubblicato un video in cui si critica il Qatar per le sue leggi in materia di diritti umani e chiedendo la depenalizzazione delle relazioni omosessuali, che sono severamente vietate in Qatar, ricevendo come risposta dagli organizzatori un messaggio che suona come un “nessuno è perfetto”.
Tratto da The Submarine, di Cecilia Pellizari Sono più di un centinaio le donne iraniane che martedì scorso si sono organizzate in un sit-in di fronte all’ambasciata dell’Iran in via Nomentana, a Roma. I cartelli urlano “Donna, vita, libertà”, slogan che in questi dieci giorni continui di protesta in Iran hanno attraversato le piazze di circa 80 città del paese. Si organizzano tutte per la morte di Mahsa Amini, uccisa dalla Gash-e Ershad, la polizia morale islamica, per aver indossato scorrettamente l’hijab in un luogo pubblico.
La mobilitazione internazionale, dal basso, è arrivata praticamente subito. Nonostante il blocco totale delle linee internet in Iran, video e foto sono riusciti a uscire dal Paese, per raggiungere i media di tutto il mondo. Il KJK (Comunità delle donne del Kurdistan) ha pubblicato, qualche giorno fa, unadichiarazione in cui condanna la polizia morale iraniana e chiede “una lotta organizzata contro il femminicidio e il sistema di governo patriarcale.” Secondo l’organizzazione Iran Human Rights sono 76 i manifestanti uccisi in questi giorni, e superano il migliaio le persone incarcerate.
Tratto da Rai News
Secondo il giornale tedesco Faz potrebbe essere il momento in cui gli iraniani prendono coscienza di poter rovesciare il regime degli ayatollah. Molte le manifestazioni di solidarietà da tutto il mondo. Cinque i manifestanti uccisi per l'ong Hengaw
Le manifestazioni si sono estese in Iran per la quinta notte consecutiva. In Iran almeno otto dimostranti sarebbero stati uccisi dalle forze di sicurezza durante delle manifestazioni organizzate nella regione del Kurdistan dopo la morte di Mahsa Amini, la ragazza di 22 anni deceduta nella capitale Teheran la settimana scorsa mentre era in custodia della polizia religiosa. A riferirlo è l'organizzazione di difesa dei diritti umani locale Hengaw.