Tratto da la Repubblica di Massimo Recalcati

La recente sentenza sul caso Berlusconi è l'ennesimo segnale di un grande problema che attraversa il nostro tempo, ovvero quello della confusione tra la dimensione sostanziale della Legge e quella formale delle regole. L'assoluzione di Berlusconi è stata resa possibile da un vizio formale che si è rivelato, secondo i giudici, sostanziale. In realtà, anziché porre fine ad una persecuzione, come sostengono i fedelissimi di Berlusconi, questa sentenza occulta di fatto la sproporzione profonda che intercorre tra il senso della Legge e l'applicazione delle regole.

Si tratta, ripeto, di una tendenza generale del nostro tempo che travalica decisamente il caso Berlusconi. Non è una valutazione giuridica, ma etica: il nostro tempo ha perso il significato più profondo del senso della Legge cercando di rimediarvi accentuando il valore e la moltiplicazione delle regole. L'appello alla necessità del rispetto delle regole rimbalza, infatti, dalla politica alla pedagogia, dalla filosofia morale alla vita sociale come un vero e proprio mantra dei nostri giorni, come una sorta di invocazione collettiva. In realtà, l'oblio più drammatico non riguarda tanto il rispetto delle regole, ma il senso della Legge. Se le regole non vengono rispettate è perché il senso della Legge non viene trasmesso con efficacia da una generazione all'altra. Da questo punto di vista il berlusconismo ha indubbiamente inaugurato un'epoca. Non solo piegando il senso della Legge ad interessi personali - vedi le cosiddette leggi ad personam -, ma facendo, ben più gravemente, dei propri interessi personali l'unica forma possibile della Legge.

Tratto da IRIS

Dal mondo omerico, in balia degli dei e del destino, alla Grecia classica, che annovera tra le azioni involontarie – e non punibili – l’omicidio commesso in preda all’ira, fino al dibattito a distanza tra Grozio e Rousseau sulla liceità della schiavitù volontaria, la riflessione sul significato, i limiti, i presupposti della “libertà del volere”, e sulle sue implicazioni etiche e politiche, non cessa di sollevare difficili interrogativi. A seconda che, con Platone, ci auto-rappresentiamo come soggetti liberi e responsabili (non solo di singole azioni, ma delle nostre stesse inclinazioni caratteriali) oppure, con Spinoza, riteniamo che ciascuno sia in buona misura determinato ad agire dalle circostanze in cui si è trovato a nascere e a vivere, cambiano le nostre idee di colpa, merito, responsabilità. E cambia il modo in cui ci poniamo di fronte ad alcune questioni controverse, su cui oggi la sinistra, ma anche i movimenti femministi e le associazioni per i diritti umani, sono divisi: la possibilità di distinguere tra prostituzione “per necessità” e “per scelta”; l’ipotesi di legalizzare la maternità surrogata, per lo meno quando non sia motivata da fini di lucro; la qualificazione del velo islamico come simbolo di sottomissione o di libertà. Sullo sfondo, le problematiche legate alle nuove forme di sfruttamento e auto-sfruttamento del capitalismo contemporaneo, che fanno leva sulla disponibilità degli individui ad accettare di buon grado di essere usati come mezzi per soddisfare i fini altrui.

Tratto da Lifegate di Luigi Mastrodonato

Il 24 febbraio 2022 Kiev e le principali città dell’Ucraina si svegliavano sotto il rumore delle sirene e dei bombardamenti. Dopo mesi di preparazioni e di smentite, la Russia dava l’inizio all’aggressione bellica al suo paese confinante, pensando di chiudere la faccenda nel giro di pochi giorni. Un anno dopo le operazioni militari vanno avanti e l’Ucraina resiste. Il bilancio di questi 365 giorni è la distruzione di interi territori e città, come Mariupol. Per quanto riguarda le vittime mancano dati certi: si parla di centinaia di migliaia di persone e questi numeri sono destinati ad aumentare, visto che la fine del conflitto appare un miraggio. E questa è anche una tragedia ambientale.

La devastazione ecologica causata dalla guerra in Ucraina dell’ultimo anno ha pochi precedenti nella storia. L’impatto su flora e fauna dei bombardamenti e dei combattimenti è gravissimo, così come gravissime sono le conseguenze sull’agricoltura e in termini di emissioni. Quella in corso è prima di tutto una tragedia umanitaria, ma anche ambientale. E le due cose non vanno separate, dal momento che i danni ecologici di oggi sono la miccia per ulteriori catastrofi umanitarie di domani.

Tratto da il Sussidiario di Niccolò Magnani

Eutanasia, l’importante appello di 800mila operatori nella sanità di Francia contro il progetto di legge del Governo Macron: “medici curano e aiutano pazienti, non danno la morte”.

L'appello delle aziende della sanità di Francia contro il testo sull'eutanasia

Mentre prosegue spedito il progetto di legge sull’eutanasia e il suicidio assistito in Francia – dopo aver incassato quello pochi giorni fa sull’aborto in Costituzione – il Governo Macron-Borne si ritrova alle prese con un importante e vasto appello siglato da 800mila professionistiche operano nella sanità francese. In tutto 13 organizzazioni e società scientifiche firmano un testo comune che respinge la pratica dell’eutanasia, definendola «incompatibile con la professione di assistenza medica». La notizia non è da poco tanto da conquistare la prima pagine di “Le Figaro” in Francia, entrando nel dibattito dell’opinione pubblica negli stessi giorni in cui le vaste proteste sulla riforma pensioni riempiono le piazze francesi.

Tratto da Il Dubbio di Damiano Aliprandi

Aumentano i ricorsi pendenti presso la Corte europea dei diritti umani (Cedu). L’Italia è tra i primi cinque Paesi che registrano tale aumento. Infatti sono oltre 74.650 i ricorsi, che per il 74% dei casi riguardano 5 Paesi: Turchia, Federazione Russa (non più parte alla Convenzione), Ucraina, Romania e appunto l’Italia che ne conta ben 3.550. È scritto nero su bianco nella relazione annuale della Cedu del 2022 a firma della presidente della Corte Europea Siofra O’Leary . Questo dato conferma l'importanza dell'attività della Cedu e la necessità di rafforzare la protezione dei diritti umani anche nel nostro Paese.

Tratto da the submarine di Alessandro Massone

I leader europei hanno deciso di adottare una linea di repressione durissima contro i migranti che cercano di raggiungere le città europee, fermandosi solo a un passo dal finanziare direttamente, con fondi comunitari, la costruzione di barriere fisiche lungo i confini esterni dell’Unione europea — e senza impedire che progetti simili siano finanziati dai singoli stati o attraverso accordi indipendenti tra singoli stati. È una vittoria rilevante per il governo italiano di Giorgia Meloni: le conclusioni adottate dal Consiglio europeo contengono anche un punto sul “bisogno di cooperazione rinforzata” sulle attività di Ricerca e soccorso — un riferimento alle operazioni delle ONG che salvano troppi naufraghi in mare. L’accordo è stato celebrato anche da Identità e Democrazia, il gruppo politico di estrema destra che raccoglie Lega, Rassemblement National e Alternativa per la Germania: il portavoce del gruppo, Tobias Teuscher, ha celebrato il risultato dicendo che il gruppo “non ce l’avrebbe potuta fare da solo.” “Avevamo,” ha continuato Teuscher, sollevando un foglio di carta con una foto del leader del PPE, “un eccellente spin doctor. Lo conoscete tutti, si chiama Manfred Weber. Se sta adottando le nostre politiche, forse dovrebbe venire a lavorare per noi.”

Di Ufficio stampa Uaar

Dopo un iter travagliato che dal 2013 vede l'Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti in causa con il Comune di Verona, con sentenza resa nota ieri, la seconda sezione della Corte d'Appello di Roma ha definitivamente condannato la città veneta al risarcimento di 50mila euro nei confronti dell'associazione, al pagamento integrale delle spese di giudizio, nonché alla immediata affissione dei manifesti a suo tempo censurati. Manifesti della campagna informativa circolata nel 2013 liberamente in tutto il resto d'Italia, "Viviamo bene senza D": una grande immagine giallo-nera (i colori sociali Uaar) con la scritta Dio, la cui iniziale sbarrata da una X ricordava ai cittadini che "dieci milioni di italiani vivono bene senza D". E che "quando sono discriminati, c'è l'Uaar al loro fianco".

Tratto da Riforma.it di Peter Ciaccio

In tempo per il XVII Febbraio è uscita per Netflix una serie tv che oscilla tra il legal e il crime, con protagonista una delle personalità più importanti della storia valdese, una donna che lottato per i diritti di tutti e tutte. La legge di Lidia Poët [pronunciato Pòet, sic] pare prendere, però, solo pochi elementi dalla storia: qualche nome, l’ambientazione torinese e due eventi biografici, cioè la cancellazione di Poët dall’albo l’11 novembre 1883, appena tre mesi dalla storica iscrizione quale prima avvocata, e il rigetto del ricorso da parte della Cassazione il 18 aprile 1884. Tutto, ma proprio tutto, il resto è frutto di invenzione. Pertanto non si può parlare di un’opera biografica. La scelta degli autori di omettere due informazioni importanti e potenzialmente gustose per il pubblico, quali il suo essere valdese e montanara, è di difficile comprensione. Di solito, i personaggi più caratterizzati sono quelli in cui è più facile identificarsi: quanti maschietti di città si sono commossi di fronte ai sentimenti della piccola Heidi?

Tratto da L'Essenziale di Luigi Mastrodonato

Mancano pochi minuti alla mezzanotte quando Fernando varca il cancello per entrare nel carcere di Bollate, nell’hinterland milanese. Fernando ha 43 anni, e la sua giornata da detenuto semilibero l’ha trascorsa prima nell’agenzia dove lavora come videomaker, poi facendo qualche ora di volontariato, e infine andando a salutare la famiglia. Fino a poco tempo fa la sua quotidianità si concludeva rimanendo a casa a dormire con la compagna. Ora invece deve ritornare in carcere.

Il governo Meloni non ha prorogato la misura del 2020 che permetteva ai detenuti in regime di semilibertà di restare fuori anche la notte, così da alleggerire il sovraffollamento carcerario. Fernando e le altre persone nella sua condizione, che in questi anni si sono costruite una nuova normalità nel mondo di fuori, si trovano ora catapultati in cella, come se la loro pena fosse ricominciata da capo. “Tornare in carcere in questo modo è stato peggio che entrarci la prima volta”, chiosa Fernando. “È una tortura fisica e psicologica: cosa vogliono ancora da me?”.
Tratto da Il Mulino di Andrea Ruggeri

È passato un anno dall’inizio della guerra di aggressione della Russia all’Ucraina. C’è chi ha perso tanto, chi tutto. Molti non ci sono più. Le Nazioni Unite riportano – sono dati di gennaio 2023 – settemila civili uccisi e undicimila feriti. È sempre più evidente che l’esercito russo ha compiuto atrocità di massa contro i civili. Otto milioni di ucraini hanno lasciato il loro Paese: quasi una persona su cinque è dovuta fuggire. Il numero dei morti militari è incerto, si parla di 100 mila vittime, sia tra i russi sia tra gli ucraini. Ma anche la statistica è ormai una delle tante vittime della guerra.

Poi ci siamo noi, che siamo rimasti attoniti, spaesati e poco alla volta ci stiamo forse abituando alla guerra. Quella guerra che è arrivata sui nostri schermi, sulle prime pagine dei quotidiani e nei discorsi a tavola con amici e familiari. Abbiamo addomesticato la guerra: sono ormai pochi gli italiani che hanno vissuto direttamente i bombardamenti, la fame e il terrore di un conflitto armato.

Di fcei.it

Attorno al 17 febbraio, data in cui nel 1848 i valdesi ottennero i diritti civili tramite le “Lettere patenti” di re Carlo Alberto, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) indice la Settimana della libertà dedicata ai temi della laicità, dei diritti e della presenza evangelica nella società italiana. Il tema di quest’anno è “Libertà, cittadinanza, responsabilità“.  A questo proposito la FCEI ha curato la pubblicazione del volume “Diritti, inclusione, integrazione. Percorsi di cittadinanza” (ed. Claudiana).

Tratto da L'Essenziale di Francesco Erbani

L'ultima arruolata nella battaglia pro o contro le fonti di energia rinnovabili è Imma Tataranni, sostituta procuratrice. Non una persona in carne e ossa, bensì la protagonista dei romanzi di Mariolina Venezia e delle fiction tratte da essi andate in onda, con gran successo, su Rai 1. Che c’entra con l’eolico e con il fotovoltaico? In un comunicato del 28 ottobre scorso un gruppo di associazioni ambientaliste l’ha eletta propria paladina perché in un episodio dello sceneggiato la pm, interpretata da Vanessa Scalera, mandava sul banco degli imputati un gruppo criminale responsabile d’aver piantato enormi pale eoliche in pregiate porzioni del paesaggio pugliese.

Dallo schermo alla vita reale. L’emergenza climatica e la crisi negli approvvigionamenti di gas dopo l’invasione russa in Ucraina hanno agitato le acque nel mondo ambientalista. Non infuria solo una battaglia tra sostenitori di sole e vento, da una parte, e imperterriti difensori delle fonti fossili, dall’altra. A incrociare le armi sono anche le associazioni ambientaliste tenacemente favorevoli alle rinnovabili e quelle quantomeno scettiche se non diffidenti. La faglia è aperta da tempo, ora però si è spalancata.