Tratto da Polo del '900 e Biennale Democrazia Il Polo del ‘900 ospita e partecipa all’organizzazione e curatela di alcuni eventi...
Attorno al 17 febbraio, data in cui nel 1848 i valdesi ottennero i diritti civili tramite le “Lettere patenti” di re Carlo Alberto, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) indice la Settimana della libertà dedicata ai temi della laicità, dei diritti e della presenza evangelica nella società italiana. Il tema di quest’anno è “Libertà, cittadinanza, responsabilità“. A questo proposito la FCEI ha curato la pubblicazione del volume “Diritti, inclusione, integrazione. Percorsi di cittadinanza” (ed. Claudiana).
Davanti all’ambasciata della Repubblica islamica a Roma attivisti e cittadini hanno accompagnato la consegna della petizione de La Stampa. Il direttore Massimo Giannini ha depositato otto scatoloni con le sottoscrizioni.
“Mai dimenticare, mai perdonare”. Davanti all’ambasciata della Repubblica islamica a Roma attivisti e cittadini hanno accompagnato la consegna della petizione de La Stampa per chiedere il rispetto dei diritti umani dei manifestanti iraniani che da oltre cento giorni il protestano contro il regime degli ayatollah.
Ai piedi della porta dell’ambasciata il direttore de La Stampa Massimo Gianni ha depositato i dieci scatoloni contenti le oltre trecentomila firme raccolte per salvare la vita di Fahimeh Karimi. Le nostre, le vostre firme per chiedere di fermare le incarcerazioni ingiuste, le torture, le condanne a morte di chi in Iran manifesta pacificamente per cambiare il proprio Paese.
Denunciare l’apartheid israeliana contro la popolazione palestinese è un’attività politica, quindi non si può fare. Lo sostengono l’azienda dei trasporti di Torino e Mondadori a Milano, proprietarie degli impianti che ospitano pubblicità sui pannelli luminosi delle pensiline. La campagna non gradita è nata dal basso a Firenze per denunciare, anche sulla base del dossier di Amnesty International, le leggi e le violente pratiche di oppressione dello Stato ebraico che nega il diritto all’autodeterminazione – e ad esistere come popolo – ai palestinesi. Sulla possibilità di utilizzare il concetto di apartheid, non necessariamente identico a quello adottato fino al 1991 in Sudafrica, si veda anche l’ampia e bella recente intervista a Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati.
I pannelli luminosi che riportano la denuncia di Amnesty e la condanna dell'Apartheid israeliano devono spegnersi a Torino e mai accendersi a Milano.
I contratti stipulati sono stati rescissi e il danaro già versato sarà restituito.
L’Azienda Trasporti GTT, proprietaria degli impianti a Torino, non ammette messaggi di connotazione politica e Mondadori a MILANO inibisce il caricamento di messaggi con richiamo ad attività politiche.
Esordisco con una provocazione: inizia a fare una certa impressione, anche se non dovrebbe, avere una piazza intitolata a delle vittime del fascismo, e non a dei fascisti.
Una considerevole parte dei «segni» commemorativi del Ventennio, monumentali e odonomastici, infatti, inquina ancora il panorama della penisola. Se la fondamentale mappatura dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri quest’estate aveva già catalogato circa seicento luoghi, tra nomi di vie e monumenti, come anticipato su Jacobin dalla coordinatrice del progetto, la storica Giulia Albanese, mentre scrivo – metà dicembre 2022 – le occorrenze rilevate dal portale I luoghi della memoria dell’Italia fascista, continuamente aggiornato, sono ormai ben 1.456. Come scrivono la stessa Albanese e Lucia Ceci, curatrici de I luoghi del fascismo. Memoria, politica, rimozione (Viella, Roma 2022), nel passaggio tra XX e XXI secolo «il lascito di costruzioni del Ventennio è molto consistente e induce a riflettere sui modi diversi con cui la società italiana convive con simboli e miti di un’Italia che non esiste più […]. Nell’Italia di oggi, a cent’anni dalla nascita del regime, le difficoltà di storicizzare e risemantizzare i luoghi del fascismo sono un segnale delle oscillazioni in cui versa il paese nei suoi riferimenti identitari». A questo proposito, allo scoccare del centenario della «strage di Torino», conviene tornare sugli eventi e sui significati che uno dei più atroci fatti di sangue del «biennio nero», in realtà immediatamente successivo, svela ancora oggi. Partendo proprio da un luogo, piazza XVIII dicembre, per consuetudine (a mio modo di vedere inelegante, in questo caso) scritto in numeri romani, in pieno centro del capoluogo piemontese. La matrice di questa denominazione la si trova nella decisione del comune di Torino, tra il 1945 e il 1946, di avviare sessanta nuove intitolazioni o sostituzioni: l’elenco diramato a pochi mesi dal termine del secondo conflitto mondiale si apre proprio con piazza San Martino, che diventa così «piazza XVIII dicembre» nell’anno in cui viene anche posta una lapide in memoria delle vittime della strage; è ancora lì, all’angolo tra la piazza e via Cernaia, a pochi passi dall’ex ingresso della stazione ferroviaria di Torino Porta Susa, con la canonica scritta «Ai martiri dell’eterna libertà». La data, per chi ha familiarità con gli eventi di quegli anni sul piano nazionale ma non con questo specifico fatto di sangue locale, non può non saltare all’occhio: perché il 18 dicembre, con il fascismo al potere da oltre un mese e mezzo? Perché una strage, e perché a Torino?Il concistoro della chiesa valdese di Torino ha appreso che il Consiglio Regionale del Piemonte ha fissato al punto 7 della convocazione della seduta di martedì 22 ottobre 2019 la discussione di un odg avente per oggetto : “Difesa,rispetto e salvaguardia dell’importanza del Crocifisso”.
L'argomento ha suscitato alcune riflessioni e preoccupazioni che riteniamo giusto rendere pubbliche.