Di Silvio Lavalle

La vicenda che sta mettendo l’attuale presidente statunitense Joe Biden in seria difficoltà e che potrebbe pregiudicare la sua ricandidatura alle prossime elezioni presidenziali ricalca un’analoga vicenda molto recente al centro della quale c’è l’ex presidente americano Donald Trump, attualmente sotto inchiesta. Entrambi sono stati colti in flagrante violazione delle severe norme di sicurezza che prevedono che i documenti di interesse nazionale, classificati, cioè segreti, non possano uscire dal palazzo del Congresso e dagli uffici in cui sono custoditi. Trump ne aveva in gran quantità nella sua smisurata dimora di Palm Beach. A margine si può osservare che la suddetta dimora non è affatto un luogo dalla privacy gelosamente custodita, come si potrebbe credere. Infatti di questa specie di Disneyland miliardaria in riva al mare Trump, per salvare un po’ le spese, affitta parti ad altri ricconi al prezzo di 200.000 dollari all’anno, come un qualunque ragioniere di Albenga farebbe con la sua casetta.

Tratto da Volerelaluna di Domenico Gallo 1.

Secondo l’ultimo comunicato di Palazzo Chigi, il Consiglio dei Ministri ha «definito il percorso tecnico e politico per arrivare, in una delle prossime sedute del consiglio dei ministri, all’approvazione preliminare del disegno di legge sull’autonomia differenziata». In questo modo è stato messo sui binari il treno che porterà all’approvazione dell’insano progetto dell’autonomia differenziata sulla base della proposta di “legge di attuazione” dell’art. 116, 3 comma Costituzione presentata dal ministro Calderoli. Grazie all’attivismo del ministro leghista, il dibattito sull’autonomia differenziata è uscito fuori dalla clandestinità ed è diventato di pubblico dominio. Per questo è importante chiarire all’opinione pubblica in cosa consista l’autonomia differenziata e quali sono i pericoli che si prospettano.

Tratto da nonmollare di Angelo Perrone

La decisione del governo Meloni di ricorrere allo spoils system (cambiamento dei vertici pubblici per ragioni di affinità politica) ricalca una prassi diffusa nelle democrazie occidentali, a cominciare dagli USA. Tuttavia dovrebbe essere salvaguardato il principio di imparzialità, mantenendo la valutazione oggettiva di capacità e competenze

Ha destato inevitabili polemiche l’intenzione del governo Meloni di procedere alla sostituzione dei massimi dirigenti delle amministrazioni pubbliche, e degli enti comunque partecipati dallo Stato, con nominativi di fiducia. Il sospetto è che si vogliano cambiare i responsabili delle più importanti strutture pubbliche per avere funzionari in linea con gli orientamenti della nuova compagine governativa e capaci di perseguirne gli obiettivi. Così facendo si otterrebbe che la burocrazia, mastodontica in Italia, non sia di ostacolo e assecondi il nuovo corso.

Una finalità dunque strumentale rispetto all’interesse partitico, a dispetto dell’esigenza di imparzialità ed indipendenza che dovrebbe ispirare l’azione amministrativa. Quando non anche determinata da intenti puramente clientelari, sistemare gli affiliati in posti di potere. Persino risarcire i trombati alle elezioni o dare consolazione agli esclusi dai primi incarichi. Le vicende degli ultimi decenni hanno mostrato, ha scritto allarmato Sabino Cassese, che «la fame di posti della politica si è rivolta alla pubblica amministrazione» (Corriere, 10.1.23).

Tratto da La nuova ecologia

Legambiente: “Scudo e disposizioni penali pro Acciaierie d’Italia sono un inaccettabile macigno scagliato su ambiente e salute dei cittadini di Taranto”

“Lo scudo e le altre disposizioni penali contenute nel decreto governativo sugli impianti di interesse strategico nazionale, o -più banalmente- pro Acciaierie d’Italia, nonché ultimo ed ennesimo salva-Ilva, sono assolutamente ingiustificabili” – dichiarano Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, Ruggero Ronzulli, presidente di Legambiente Puglia e Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto – “Siamo di fronte a un atto che costituisce una grave manomissione dell’autonomia della magistratura cui si detta cosa può o non può fare e, con la paradossale scusa del “ragionevole” bilanciamento tra l’interesse all’approvvigionamento di beni e servizi essenziali per il sistema economico nazionale e valori costituzionalmente garantiti, si getta un inaccettabile macigno sul diritto all’ambiente e alla salute dei cittadini di Taranto”.

Tratto da Comune Info

Denunciare l’apartheid israeliana contro la popolazione palestinese è un’attività politica, quindi non si può fare. Lo sostengono l’azienda dei trasporti di Torino e Mondadori a Milano, proprietarie degli impianti che ospitano pubblicità sui pannelli luminosi delle pensiline. La campagna non gradita è nata dal basso a Firenze per denunciare, anche sulla base del dossier di Amnesty International, le leggi e le violente pratiche di oppressione dello Stato ebraico che nega il diritto all’autodeterminazione – e ad esistere come popolo – ai palestinesi. Sulla possibilità di utilizzare il concetto di apartheid, non necessariamente identico a quello adottato fino al 1991 in Sudafrica, si veda anche l’ampia e bella recente intervista a Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati.

I pannelli luminosi che riportano la denuncia di Amnesty e la condanna dell'Apartheid israeliano devono spegnersi a Torino e mai accendersi a Milano.

I contratti stipulati sono stati rescissi e il danaro già versato sarà restituito.

L’Azienda Trasporti GTT, proprietaria degli impianti a Torino, non ammette messaggi di connotazione politica e Mondadori a MILANO inibisce il caricamento di messaggi con richiamo ad attività politiche.

Tratto da Today di Eleonora Mureddu Mai come in questo caso l'espressione "urne deserte" ha poco di eufemistico: in Tunisia, appena l'8,8 per cento degli elettori si è recato al seggio per il rinnovo del Parlamento. Al voto, che si è tenuto sabato, ha partecipato meno di 1 avente diritto su 10. Otto anni fa, l'affluenza era stata del 68%. Nel 2019, l'ultima volta che si sono tenute le legislative, il dato era sceso al 40%. Una traiettoria discendente che è per molti osservatori il simbolo della crisi del Paese considerato fino a poco tempo (almeno dall'Ue e dall'Italia) il più avanzato sul fronte della democrazia nel Maghreb. Un riconoscimento che ha fatto il pari con una pioggia di fondi attivati da Bruxelles e da Roma, in particolare per la gestione dei flussi migratori e per sviluppare il potenziale energetico tunisino. Come i 600 milioni stanziati proprio in questi giorni per la costruzione di un cavo sottomarino che trasporterà energia elettrica tra la sponda nordafricana e la Sicilia.

Le elezioni farsa

L'Europa, dunque, continua ad avere fiducia nella Tunisia, a dispetto della organizzazioni internazionali per i diritti umani e dei partiti di opposizione tunisini. Il fiasco delle elezioni, del resto, era stato già ampiamente preventivato alla vigilia: la maggior parte dellle forze politiche del Paese avevano invitato a disertare le urne dopo l'appovazione di un legge di riforma costituzionale che ha privato il Parlamento di diversi poteri, tra cui quello fondamentale di eleggere il governo. E così, l'attuale capo di Stato, Kais Saied potrà crearsi un esecutivo senza dover passare dall'assemblea. Ecco perché la maggioranza dei partiti di opposizione ha deciso di non partecipare alle elezioni, sostenendo che gli emendamenti costituzionali, approvati da un basso numero di elettori tramite un referendum lo scorso luglio, non erano legittimi. Ahmed Nejib Chebbi, leader del Fronte di salvezza (composto da cinque partiti di opposizione), ha descritto la bassa affluenza alle urne come un "vero terremoto che avrà gravi conseguenze". Anche l'Union Générale Tunisienne du Travail, la principale federazione sindacale del Paese, ha contestato pubblicamente la legittimità delle elezioni.
Tratto da La Stampa di Francesca Paci Aveva tre anni l’ultima vittima del Mediterraneo, l’hanno trovata insieme a decine di naufraghi gli uomini della Guardia di Finanza ieri, nelle ore in cui l’Argentina incassava la Coppa del Mondo e i parlamentari italiani riponevano il telefonino per archiviare la finale più sudata e tornare a discutere la legge di bilancio. Sarà una manovra meno ostile a Bruxelles di quanto il governo avrebbe voluto mostrare agli italiani, suggeriscono i primi indicatori. In compenso però, si accelererà sui migranti, quel famoso pacchetto di ulteriori restrizioni per le ong del mare che sarebbe atteso a gennaio ma potrebbe anche saltar fuori prima, quasi fosse una compensazione muscolare per le obbligate retromarce economiche. Con le nuove norme in arrivo, che in gran parte ricalcheranno il modello del codice Minniti, le competenze della domanda di asilo dovrebbero incardinarsi nel Paese di bandiera della nave, quindi, per esempio, i naufraghi soccorsi dalla norvegese Ocean Viking sarebbero obbligati a presentare la loro richiesta a bordo e da lì indirizzarla a Oslo. Un’antica tesi che, al netto di tanto buon wishful thinking, contrasta in pieno con il diritto dell’Unione europea, la cui procedura è scritta nero su bianco nei criteri previsti dal Regolamento Dublino III e dalla Direttiva procedure, dove l’ipotesi di equiparare territorialmente un’imbarcazione al proprio Stato di provenienza semplicemente non c’è. Perché mai riproporre allora ancora una volta una soluzione che si sa essere impraticabile? Il sospetto è che proprio nell’ora più buia della manovra meno identitaria tornino buoni i migranti, la vecchia carta da giocare per dimostrare che il governo italiano non è sempre compiacente con Bruxelles, che almeno sugli sbarchi senza redistribuzioni in Europa non cederà, che seppure non c’è alternativa all’assegnare un porto sicuro alle navi delle ong lo farà solo e soltanto alle sue precise condizioni.
Tratto da Fanpage.it L’appartenenza ad associazioni pro vita, le pubblicazioni su riviste religiose, le posizioni iper-conservatrici sui temi etici, accomunano la grande maggioranza dei professori, giuristi, medici chiamati a far parte del Comitato di bioetica, che fa consulenza al governo. Dubbi sull'aborto, contrarietà a eutanasia e suicidio assistito; per la sacralità della vita e la tutela della famiglia naturale. Il nuovo Comitato di bioetica nominato fa Giorgia Meloni è il terreno su cui il governo marca la sua impronta ideologica e trova una sintesi alla "rivoluzione conservatrice" delle destre. Il Comitato è un organo consultivo, a cui il governo si appoggia per chiedere pareri sui grandi temi di bioetica e biodiritto che interessano il Paese: il rapporto tra tecnologia e medicina, la cura della vita umana, il progresso delle scienze. Gli ultimi pareri formulati dal Comitato riguardano la pandemia e le vaccinazioni anti Covid. Ma è plausibile ipotizzare che nei prossimi anni il Comitato sarà chiamato a occuparsi  di temi su cui ormai da tempo  sono al centro dello sconto ideologico tra le forze politiche: aborto, eutanasia, maternità surrogata, gender. Per scegliere i membri del nuovo comitato, Meloni ha detto di aver tenuto conto "dei criteri di pluralismo ideale e professionale". In realtà, se si guarda in particolare alle new entry, tra i componenti nominati dal governo, emerge una matrice e comune.
Tratto da Dire, di Maria Carmela Fiumanò
Dall'Associazione Lgbt le congratulazioni alla leader Fdi e un invito al dialogo: “In passato è già accaduto e abbiamo portato a casa ottimi risultati”
Congratulazioni a Giorgia Meloni, autrice di una vittoria inedita della destra che riuscirà, per prima nella storia d’Italia, a portare una donna alla guida del Governo”. Il plauso alla leader di Fratelli d’Italia arriva da Enrico Oliari, fondatore e presidente onorario di GayLib, associazione italiana di orientamento liberale, che raggruppa persone LGBT+.  

APPELLO AL CONFRONTO “LAICO E SENZA PREGIUDIZI”

“Sarebbe davvero bello oltre che sorprendente – lancia l’idea Oliari – se, seguendo le tradizioni delle migliori destre conservatrici europee, la futura premier Meloni con la quale più volte negli anni, sia in sedi istituzionali sia in appuntamenti pubblici come la festa di Atreyu, abbiamo avuto occasione e modo di dialogare serenamente, volesse proseguire su questa strada aprendo un tavolo di confronto laico e senza pregiudizi sui diritti civili. La tradizione della nostra associazione – spiega – ha radici ben salde nei 25 anni di storia del nostro gruppo, fondate convintamente sul confronto e sulla reciproca conoscenza, anche partendo da punti spesso lontanissimi”.
Tratto da l'Espresso, di Chiara Sgreccia
Mentre le piazze italiane si riempiono di persone che lottano per difendere la 194 il centrodestra ha già accolto le istanze degli ultracattolici per contrastare la «soppressione di una vita umana inerme e innocente». Ma anche impedire la «colonizzazione ideologica gender e le adozioni per persone dello stesso sesso»
«Nella prospettiva di un riscatto morale che riconosca e condanni l’aborto per ciò che esso è, cioè la soppressione di una vita umana inerme e innocente, è urgente almeno eliminare qualsiasi condizione sociale, economica o personale che oggi obbliga o induce a ricorrere all’aborto per interrompere una gravidanza, come peraltro previsto dalla stessa Legge 194/1978. Si sollecita l’istituzione di una Giornata Nazionale della Vita Nascente (25 marzo)». Questo e molto, molto altro a tutela dell’obiezione di coscienza, della famiglia formata da uomo e donna, del matrimonio, per impedire la «colonizzazione ideologica del gender e contrastare le attività che promuovono la fluidità di genere o dell’identità sessuale», è scritto nella Carta dei Principi redatta da Pro Vita & Famiglia in occasione delle elezioni politiche che si sono appena svolte.
Tratto da Today.it, di Violetto Gorrasi L'interruzione di gravidanza in Ungheria è prevista in quattro casi: gravidanza in conseguenza di un reato o violenza sessuale, pericolo per la salute della donna, embrione con un handicap fisico grave, situazione sociale insostenibile della donna. Nel paese guidato da Viktor Orbán, l'aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza è legale dal 1953, e le leggi che ne regolano l'accesso sono rimaste perlopiù invariate da allora. Oltre ai requisiti già previsti per abortire, ora però la legge è cambiata in senso più restrittivo, perché l'esecutivo di Budapest ha approvato un decreto per cui dal 15 settembre il personale sanitario che si occupa di interruzioni di gravidanza dovrà far sentire il battito del cuore del feto alle pazienti che vogliono abortire, o più in generale mostrare loro "un segno delle funzioni vitali in modo chiaramente riconoscibile". Con un'ecografia del cuore, appunto. Il segno principe di vita, anche del feto.
Tratto da Amnesty International Amnesty International Italia si avvia a concludere il monitoraggio svolto per la sesta edizione del Barometro dell’odio, focalizzato sulla campagna elettorale in rete. Nell’ambito del progetto, i post Facebook e i tweet pubblicati a partire dal 22 agosto 2022 da una rosa di candidate e candidati sono analizzati, uno a uno, da una squadra composta da 60 attivisti e da alcuni esperti.